Israele-Hamas: su cessate il fuoco e ostaggi gli opposti oltranzismi

Altalena tra ottimismi spesso di bandiera e rotture di fatto, mentre a Gaza si continua a morire, ostaggi israeliani compresi. La giornata appena trascorsa ha raffreddato gli eccessivi ottimismi, scaturiti dalle prime notizie, che erano trapelate sabato, dagli incontri del Cairo, poi chiusi con un nulla di fatto.
Il clima attuale è sintetizzato dal titolo dell’edizione on line di Haaretz: «Sia Netanyahu che Sinwar (Hamas) hanno bisogno di vincere. Così la guerra continuerà». E secondo L’autorevole quotidiano di Tel Aviv, il premier israeliano e il leader del gruppo a Gaza, mortali nemici non faranno alcun passo indietro.

Ogni concessione vista come una resa

«Netanyahu sperava che Hamas rifiutasse l’offerta di cessate il fuoco – scrive il giornale di Tel Aviv – ma quando ciò non è accaduto si è dedicato a sabotarla». Ma cosa si è verificato nel frattempo? Quando la strada per l’intesa appariva spianata soprattutto dalle pressioni Usa di Blinken, il premier israeliano ha rinfocolato, quasi a orologeria, le polemiche. «Nessun cessate il fuoco definitivo». Non solo. «Con o senza pausa nei combattimenti, entreremo lo stesso a Rafah ed elimineremo i restanti battaglioni di Hamas». A completare il quadro, è poi arrivata la decisione di disertare i colloqui del Cairo. Una presa di posizione che il Ministro Benny Gantz ha definito come «isteria per ragioni politiche».

Israele sull’orlo della crisi di governo

Gantz, con Gadi Eisenkot (altro generale nel governo) fa parte dell’Unione Nazionale, rivale del Likud, anche se per ora è in coalizione. Ma potrebbe staccarsi e far cadere Netanyahu. La stessa cosa, però, potrebbero fare i partiti della destra nazional-religiosa, quelli di Smotrich e Ben-Gvir, che non vogliono assolutamente l’accordo con Hamas. Insomma, Netanyahu, in questo momento, si trova stretto tra due blocchi contrapposti, con gli americani che gli tengono il fiato sul collo perché firmi l’accordo e con l’opinione pubblica del Paese esattamente spaccata in due.

Isteria israeliana del ‘soli contro tutti’

La sensazione è che gli israeliani siano pronti a scatenare una tremenda offensiva su Rafah, per chiudere definitivamente i conti con Hamas. O almeno così pensano loro. Su questo punto è stato chiaro, anzi quasi minaccioso, il Ministro della Difesa, Yoav Gallant, quando ha detto che tutto è pronto per l’offensiva finale nel sud di Gaza. Un punto che alla Casa Bianca conoscono bene e sul quale ‘esprimono dissenso’. Che, ovviamente, è una scusa di facciata, perché tutte le mosse militari israeliane di un certo livello sono concordate con l’alleato che li finanzia, li sostiene e li supporta anche in campo operativo.

Presidenziali Usa con la minaccia Trump sul mondo

Biden ha assoluto bisogno di un accordo per Gaza, dato che il suo indice di approvazione sta colando a picco, mentre molte università americane sono in subbuglio. E a novembre si vota per la Casa Bianca. Al Cairo c’era anche il direttore della Cia, William Burns. Che però, dopo il fallimento egiziano, oggi sarà in Israele, per un ultimo tentativo di mediazione, prima che si dia fuoco alla polveriera di Rafah. Finora si è ragionato su una bozza d’accordo che il Segretario di Stato, Antony Blinken, ha già definito come «straordinariamente generosa» per Hamas.

Rottura sulla durata del cessate il fuoco

Le linee guida del documento, elaborato dal governo dell’Egitto, sono state rivelate per la prima volta, da una fonte libanese (il quotidiano Al Akhbar). Semplice base di trattativa. Su fatti, versione New York Times: Hamas ha chiesto che qualsiasi accordo porti a un cessate il fuoco permanente e a un ritiro delle forze israeliane da Gaza. I leader dello Stato ebraico hanno assunto promesse apparentemente inconciliabili di lanciare un’importante operazione di terra nella città di Rafah». Da un lato si tratta la tregua e dall’altro si prepara l’attacco finale, che coinvolgerebbe oltre un milione di sfollati palestinesi.

Una politica schizofrenica, che rischia di costare la Casa Bianca a Joe Biden. Ecco perché Blinken gira come una trottola, prende le distanze dall’assalto di Rafah e pretende uno straccio d’accordo, da esibire come trofeo di un’America vista da tutti in declino.

Buone intenzioni sulla strada verso l’inferno

Fin qui le buone intenzioni, di cui, lo sanno tutti, è lastricata la strada verso l’inferno. Mentre Blinken pensa che tutto possa dipendere dai mutevoli umori di Hamas, gli onesti intellettuali israeliani, invece, ritengono che l’esito di questo compromesso sia messo a rischio soprattutto da Netanyahu. Quello che scrive Haaretz, più che un titolo sembra un epitaffio: «Secondo il rapporto, gli Stati Uniti hanno garantito ad Hamas il completo ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza. E, inoltre, le forze dello Stato ebraico non continueranno a combattere una volta che saranno rilasciati gli ostaggi.

Mentre un funzionario governativo ha detto ad Haaretz che Israele, in nessuna circostanza, accetterà di porre fine alla guerra come parte di un accordo. Ed è determinato a entrare a Rafah».

Scetticismo NYTimes

Lo stesso scetticismo è manifestato dal New York Times, che scrive: «Anche se Hamas annunciasse al Cairo di avere accettato l’accordo proposto, è improbabile che una tregua sia imminente, ha detto uno dei funzionari israeliani. L’approvazione di Hamas sarà seguita da intensi negoziati per definire i dettagli del cessate il fuoco. Tali colloqui saranno probabilmente lunghi e difficili». Insomma, tutti prendono tempo. Forse aspettano le elezioni americane di novembre.

In dettaglio la proposta egiziana

Prima fase: Le attività militari israeliane nella Striscia dovranno essere sospese per 40 giorni, durante i quali i soldati si ritireranno dalle aree popolate e da quelle vicine al confine con Israele. Questa limitazione territoriale esclude il cosiddetto «Corridoio Netzarim», una strada al centro di Gaza che continuerà a essere controllata dall’IDF ancora per tre settimane dopo l’intesa. In questa fase, ogni tre giorni verranno rilasciati tre ostaggi fino al 33º giorno.
Per ogni soldatessa israeliana in ostaggio, saranno liberate fino a 40 donne palestinesi, la metà delle quali condannate all’ergastolo. Nel frattempo, Israele rilascerà i prigionieri palestinesi secondo un elenco che sarà concordato tra le parti. Il rapporto di scambio previsto è di un ostaggio ogni 20 detenuti palestinesi che riotterranno la libertà. Il 7º giorno dell’accordo, Hamas presenterà l’elenco di tutti gli ostaggi viventi, a eccezione dei 33 che verranno rilasciati nella prima fase».
Clausola aggiuntiva: Sempre in questo periodo, nei giorni in cui verranno rilasciati gli ostaggi non ci sarà traffico di aerei e droni per 8-10 ore. Israele consentirà inoltre a tutti i cittadini di tornare nelle loro zone di residenza, darà loro piena libertà di movimento in tutta la Striscia e consentirà l’ingresso di aiuti umanitari.
Seconda fase – Questo periodo durerà 42 giorni. Hamas continuerà a rilasciare ostaggi viventi, compresi soldati, in cambio dei prigionieri palestinesi. Sarà il momento cruciale dell’intera trattativa, perché si svolgeranno i colloqui e si creeranno le intese per rendere il cessate il fuoco definitivo, col completo ritiro delle forze israeliane da Gaza.
Terza fase – «Verranno rilasciati i corpi degli ostaggi e, una volta identificati, inizierà un piano di riabilitazione quinquennale. I palestinesi si dovranno impegnare a non costruire infrastrutture per scopi militari e a non ricevere materie prime che possano essere utilizzate per tali scopi».

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