
Recep Tayyip Erdogan, alla vigilia del vertice Nato di Vilnius, svela al mondo che di mercato di tratta. La Svezia nella Nato, due contraenti alla cassa: gli Stati Uniti per la Nato e l’Unione europea per i profughi verso l’Europa bloccati a casa sua in cambio di qualche decina di miliardi. Ed Erdogan, da maestro levantino, alza il prezzo. «Aprite le porte dell’Ue alla Turchia e apriremo le porte della Nato alla Svezia». Colpo doppio, Svezia che ospita tanti ribelli curdi e brucia il Corano in una Unione europea sempre meno velatamente anti musulmana, e Stati Uniti sempre meno atlantici che usano la guerra ucraina per trascinare il Vecchio Continente in una ormai prossima crociata anti cinese.
Si tratta di una svolta importante, un ‘elemento negoziale’ fino ad ora inatteso. Fosse anche solo una provocazione, l’idea di Erdogan lancia uno scenario inaudito: barattare il via libera a un partner in pectore di un’alleanza militare con l’ingresso dell’attore decisivo per il suo ingresso in un’altra organizzazione internazionale di matrice politico-economica e giuridica. Forzatura evidente, ma non la sola, dopo la sparata-provocazione di Biden sulle ‘cluster bomb’ che i maggiori danni li sta per ora creando in casa europea.
Unione europea e Nato non sono sovrapponibili, almeno formalmente. Ci sono Paesi europei della Nato che non sono nell’Unione europea (Norvegia e Regno Unito primi tra tutti), così ci sono Stati della comunità dei Ventisette esterni all’Alleanza militare per ora atlantica (Austria e Irlanda sono i più rilevanti, ma ci sono anche Malta e, soprattutto, Cipro, sulla cui isola Ankara ha da mezzo secolo la secessionista Repubblica turca di Cipro Nord).
Dell’Unione europea Ankara aveva smesso di parlare da tempo e solo in chiave Nato. Al vertice di Madrid del 2022 Erdogan aveva chiesto a Stoccolma e Helsinki la fine dell’ospitalità e della protezione dei guerriglieri curdi del Pkk e la rottura con la branca siriana del Partito curdo dei lavoratori, le Ypg. Oltre a questo, aveva incassato la fine dell’embargo sulle armi. Ma processi come i roghi del Corano in Svezia e l’ascesa a Stoccolma del centrodestra guidato da Ulf Kristersson, tanto atlantisti quanto anti-turchi, ha ritardato l’applicazione delle richieste turche.
Terzo bersaglio, il povero Stoltemberg, il ‘segretario europeo’ voluto da Biden. Negli anni silenzioso tessitore delle manovre Nato e autore di diverse ricuciture apprezzate più volte da Erdogan, a partire dal sostegno incassato dopo il fallito golpe del 2016 e i controversi interventi in Siria della Turchia del 2018 e del 2019, Stoltenberg non ha più alcun margine di manovra dopo una presa di posizione del genere. Salvo creatività turche, mentre Tony Blinken chiama il collega agli esteri turco Hakan Fidan per capirci qualcosa e inventare una soluzione.
Questa sera Erdogan incontrerà a Vilnius il segretario generale della Nato, Jens Stoltenbergr e i funzionari del governo svedese. Dal presidente turco la conferma che Vladimir Putin sarà in visita ufficiale ad Ankara il prossimo agosto: ufficialmente per discutere dell’accordo del grano tra Mosca e Kiev, ottenuto lo scorso anno. Ma nessuno crede si tratterà solo di quello.
Irritata la risposta di Bruxelles: «Non è una sorpresa dire che i due processi sono separati. L’Ue ha un processo molto strutturato di allargamento, e i diversi step devono essere soddisfatti da ogni candidato. È un processo che guarda al merito. I due processi non possono che essere separati». Ma questo vale anche per l’Ucraina, ribatte qualcuno tra i dubbiosi di troppo facili allargamenti di volontà politica.
Risposta a caldo con molti elementi di fatto ancora sconosciuti, «Essere sempre più centrale per la Nato a pericolosi scivolamenti baltici», e una risposta d’orgoglio verso l’algida e spesso arrogante Europa del profondo nord. Protagonista creativo e imprevedibile, Erdogan. Riceve il presidente ucraino Zelensky a Ankara dichiarandosi pronto a accogliere l’Ucraina nella Nato, mentre annuncia l’invito ad Ankara di Vladimir Putin. E mette alla guida del ministero degli esteri l’ex capo delle spie.
Ankara indispensabile in ogni tavolo per trarre profitto su ogni fronte. Per evitare il tracollo dell’economia turca con garanzie sugli interessi energetici e geopolitici di Ankara. A cercare, una dopo l’altra, le varie contropartite politiche con continui rilanci. Con un vantaggia enorme dalla sua parte: lui sa benissimo cosa vogliono gli occidentali, in questo caso Stoccolma nella Nato. Ma ciò non vale per i suoi interlocutori internazionali, nel dubbio perenne su ciò che lui vuole davvero. Impossibile da ignorare.