
Il partito popolare vince ma non ha maggioranza
Il titolo del grande quotidiano spagnolo El Pais: «El PP gana pero la resistencia del PSOE y Sumar frustra su mayoría con Vox y deja el Gobierno en el aire». I popolari crescono, si affermano come primo partito, ma non sfondano. Il premier socialista Pedro Sánchez rimonta. Vox fasciofranchista perde 19 seggi. La Spagna profonda ha detto no all’accordo tra popolari e gli ultras di Vox. I socialisti hanno mobilitato i loro territori tradizionali. Siviglia, un tempo roccaforte rossa, ora governata dalla destra, si è mossa a favore di Sánchez. Lo stesso è accaduto in Catalogna, dove la sinistra indipendentista di Esquerra Republicana crolla, e anche i separatisti di centrodestra di Junts per Catalunya cedono voti al partito socialista: Barcellona non vuole la destra al governo a Madrid.
Se la Spagna doveva essere il laboratorio della nuova alleanza tra popolari e conservatori per governare l’Europa, non è andata bene. Anzi, abbastanza male. E le reazioni partitiche italiane dicono meglio di tutto. Un titolo tra tutti, «Forza Italia esulta: ‘Superati i socialisti’. Giorgia Meloni delusa per la frenata di Vox». Dettagli: «Il successo del Partido popular di Feijòo, gemellato con Forza Italia sotto l’ombrello europeo del Ppe». «La destra-destra di Santiago Abascal ha dimezzato i suoi seggi. Mestizia tra le fila di Fratelli d’Italia, che dei ‘patriotas’ spagnoli sono alleati di ferro».
Se la Spagna doveva essere il laboratorio della nuova alleanza tra popolari e l’ultra destra per governare l’Europa, non è andata affatto bene. La diga socialista tiene, il centrodestra è lontano dalla maggioranza assoluta.
La Spagna, con una sorpresa rispetto ai sondaggi, respinge la svolta a destra: e non è escluso nemmeno un ritorno al voto. I popolari devono decidere se tenere la linea centrista storica o spostarsi a destra, mentre i socialisti possono fare accordi con partiti regionali. Sintesi a risultati caldo, ufficiali solo da questa mattina. I popolari crescono, si affermano come primo partito, ma non sfondano. Vox perde 19 seggi. Di fatto, la Spagna profonda ha detto no all’accordo tra popolari e conservatori che alcune parti politiche anche italiane sognavano di traferire in Unione europea.
Certo, il sorpasso dei popolari c’è stato, primo partito, ma senza maggioranza visibile. Alberto Núñez Feijóo, il leader del Pp, rivendica il diritto di provare a formare un governo. Ma i socialisti possono fare accordi in Parlamento con catalani e baschi, e i popolari no. E a questo punto gli scenari possibili, sono soltanto tre. Il re chiede a Feijóo di formare il nuovo governo; anche se non si capisce come. Due, Sánchez riesce a ricostruire una maggioranza ma, come sottolinea Aldo Cazzullo sul Corriere, «deve trasformare l’astensione di baschi ed Esquerra Republicana in un Sì» (Junts ha già chiesto un referendum per l’indipendenza catalana che nessun premier potrà mai concedere). Ipotesi tre, si torna al voto.
Il leader del partito popolare Feijóo avrebbe fatto volentieri a meno di dialogare con Vox, quando ancora i sondaggi sbugiardati, davano i malinconici franchisti vincenti. Obiettivo un governo di minoranza con l’astensione dei socialisti. Ma dopo un crollo elettorale di Sánchez che non c’è stato. E qui si scontrano la incertezza interne dei diversi partiti, come accade ovunque. Dentro il Psoe esiste un’«anima centrista», disposta a lasciar governare i popolari. «Sono i baroni che considerano ancora leader morale il grande vecchio Felipe González, che non è un estimatore di Sánchez». Ma sono gli stessi ’Baroni’, come li chiama Cazzullo, usciti a pezzi dalle amministrative. Ma anche nel Pp esistono due anime. Quella di destra molto estrema, incarnata dalla presidente della ‘Comunità di Madrid’, la sindaca governatrice Isabel Díaz Ayuso. E c’è quella centrista, rappresentata appunto da Feijóo.
Franchismo redivivo e mal nascosto con il centralismo esasperato rispetto ad una antica vocazione delle terre spagnole all’autonomia, il negazionismo stupido sul cambio climatico, il rifiuto di riconoscere la violenza di genere. Corrida anche politica la scelta perdente dei fascisti spagnoli. Vox che esce malconcia dal voto, fuorigioco politicamente, e alla fine si è rivelata la migliore alleata dei socialisti. Ma il punto di rottura forse più divisivo è stato l’Europa. I popolari hanno un antico legame con la Cdu tedesca, e altri ricordano preoccupati che la Germania controlla buona parte del debito pubblico spagnolo. La Spagna in questi anni è cresciuta anche grazie all’Europa, e il governo socialista ha avuto 77 miliardi di euro del Pnrr a fondo perduto.
Edilizia e turismo, le due leve della crescita spagnola, hanno ripreso a funzionare. L’occupazione è al massimo storico. L’inflazione scende. Eppure dopo il crollo alle amministrative Sánchez pareva finito, ma a sorpresa ha deciso di sciogliere il Parlamento. E il partito socialista aumenta i seggi anche se non è più il primo partito. Rilanciando la palla avvelenata in casa popolare. Con il Pp deve scegliere tra linea centrista o spostarsi a destra, per assorbire i voti di Vox, come fatto con i liberali di Ciudadanos di fatto scomparso.
A sinistra Podemos, che si è sciolto in Sumar, una coalizione di tutte le forze a sinistra dei socialisti, e la sua leader, la vicepremier Yolanda Díaz, ha ottenuto 31 seggi che potrebbero rivelarsi decisivi per puntellare l’attuale maggioranza di governo. Se non sarà necessario un ritorno alle urne.
Appena 11 giorni fa, Giorgia Meloni si era collegata con Valencia per uno degli ultimi appuntamenti di Vox per dire che anche in Spagna stava arrivando «il tempo dei patrioti». E il risultato alle politiche spagnole doveva essere il primo tassello sino alle elezioni polacche e il risultato dell’amico e alleato Morawiecki per la nascita di un’eventuale alleanza di centrodestra (Ppe+Conservatori) anche in Europa. Eurovoto a giugno 2024 e sulle formazioni di estrema destra pende il veto di mezzo Ppe e dei liberali macroniani di Renew.
«Meloni, la senti questa vox?», scherza Matteo Renzi, secondo il quale il risultato spagnolo conferma che le prossime elezioni europee «si vincono al centro». Si sbilancia Angelo Bonelli, leader dei Verdi: «Il sostegno di Giorgia Meloni non ha portato bene a Vox che perde 19 seggi.