Forse un limite europeo al prezzo del gas per meglio contrattare, se la Germania neo sovranista lo concede

Consiglio europeo, mezzo accordo sul gas, o quasi. 12 ore di vertice, ma senza nulla di certo e definito. Nelle conclusioni si parla di ‘urgenza di decisioni concrete’ con misure che includono ‘ acquisti comuni’. Cauta apertura su un possibile nuovo debito comune.
Ma il problema chiave è quello di chi vuole guadagnarci come forze economica e industriale per la sua forza rispetto alla debolezza altrui.

Draghi accolto da un caloroso applauso e il presidente del Consiglio europeo Charles su Twitter: «Grazie Mario. Ti auguriamo il meglio per il futuro. Whatever it takes».

Piccola soluzione di compromesso

Diciamo che, pur di salvare la faccia, alla fine i leader dell’Unione hanno trovato una formuletta di compromesso. Sul “price cap” per il gas, un ‘tetto’, il limite su quanto si è disposti a pagare, che gli Stati Ue si impegnano a non superare per non fare concorrenza interna agli altri Stati europei meno ricchi, diventati concorrenti sul mercato internazionale e interno Ue. Ora i Paesi europei hanno deciso di essere d’accordo… in linea di principio. Che vuol dire? In pratica niente. Il Consiglio ha manifestato solo buone intenzioni e un molto generico impegno a riparlarne presto in Commissione, con la puntuta Germania di Scholz pronta a rimettersi di traverso a ogni proposta. Il comunicato emesso a tarda notte, su una presunta magica “unità di intenti e di progetti” è una mezza toppa.

La Germania e gli ‘aiuti di Stato’

Grosse Detschland ha solo fatto la concessione di ammettere che esiste un problema pressante, che riguarda il costo del gas e che sarebbe opportuno “investigare” la possibilità di imporgli un tetto. Magari studiando forme di acquisto consortili. Questo sulla carta, perché Berlino, potete starne certi, cercherà di fare tutto da sola, alla faccia dei padri costituenti dell’Europa che fu di Carlo Magno. In precedenza, parlando al Bundestag, Scholz non aveva avuto dubbi nel rinnegare qualsiasi ipotesi di accordo sul tetto del prezzo del gas. Poi, ragioni di diplomazia, lo hanno convinto a indorare la pillola e a essere meno brutale. Anche perché in ballo c’è sempre la storia molto controversa dei 200 miliardi di euro stanziati come “soccorso energetico”, ma che per molti analisti si configurano come un vero e proprio aiuto di Stato, assolutamente vietato dalle normative comunitarie.

Nuovo debito comune molto incerto

All’orizzonte, il “ Sure”, il piano di ristori collettivo, si è solo intravisto. Tutti avevano bisogno, comunque, di uno accenno di risultato, da esibire come un feticcio a salvare i valori solidaristici dell’Unione Europea sempre più sovente traditi. Il compromesso molto al ribasso, è stato raggiunto alla fine di estenuanti discussioni, nelle quali si è sfiorata anche la rissa. Il nostro premier, ieri ancora Mario Draghi, questa volta ha fatto capire come un’Europa che funzioni grazie agli egoismi di parte non potrà avere vita lunga. Sostanzialmente, si è creato un blocco di Paesi, guidato dalla Germania e dall’Olanda, che vede nella regolamentazione del mercato del gas un pericolo “per i propri interessi nazionali”.

Interessi nazionali e sovranismo alla tedesca

Un distillato di “sovranismo” di cui eravamo abituati ad accusare l’ungherese Orban, ora nella versione più preoccupante di Herr Scholz con alla spalle la potenza economica tedesca. Fatto il comunicato, e subito trovato l’inganno. Non è vero che la Germania ha abbandonato le sue posizioni ostili al price cap. Ha solo detto “che avrebbe sostenuto la necessità di nuovi lavori per studiare un tetto che limiterebbe immediatamente gli episodi di prezzi eccessivi del gas”. Tutto questo, accompagnato da due chiare clausole: se cala il prezzo non può aumentare il consumo; occorre che sia fugato qualsiasi timore, che un intervento di questo tipo possa mettere in pericolo la sicurezza dell’approvvigionamento. Cioè, tradotto dal politichese economico, che il gas, abbassato di prezzo per la forza contrattuale della domanda europea, non venga poi venduto da altre parti. Lasciando Berlino, che pure ha i forzieri pieni per comprarlo a qualsiasi prezzo, a bocca asciutta.

Pensar male avendo purtroppo ragione

Si, perché, vedete, a pensare male qualche volta si fa peccato, ma si trova anche la verità. Il gas, in questo momento, per l’industria europea, è come se rispondesse al detto latino “mors tua vita mea”. Chi non ce l’ha chiude. Chi ce l’ha, perché lo può pagare, continua a lavorare e “ruba” quote di mercato a quelli che chiudono. Ecco perché alla Germania interessa, prioritariamente, avere la disponibilità sicura di gas e soltanto in seconda battuta si preoccupa del prezzo. Continuando di questo passo, ad esempio, molte sue manifatture finiranno col sostituire quelle italiane, francesi e spagnole. Ma il discorso è più ampio e coinvolge una strategia politica complessiva della Germania, che si distacca notevolmente da uno spirito di vera solidarietà europea.

300 miliardi all’economia tedesca col trucco

Il “bonus” astronomico stanziato per i ristori energetici (200 miliardi di euro + altri 100 in precedenza) consentirà alle imprese tedesche di mantenere un alto tasso di concorrenzialità rispetto al resto del continente. Inoltre, la quota notevole di sussidi che andrà alle famiglie, servirà a sostenere la domanda interna. Però, nessuno è infallibile. E dietro questo “aiuto di Stato” mascherato c’è il trucco. Questi 200 miliardi verranno da debiti, imputati a un fondo… per il recupero dalla pandemia. Si chiama ‘Fondo di stabilizzazione economica’ (WSF) ed è servito per le magagne di Lufthansa e ora per quelle dell’energia. Ma non per i virus.

Robert Habeck, Ministro dell’Economia, ha detto che per quanto sforzi abbia fatto finora il governo, il consumo di elettricità da parte dei privati rimane ancora troppo alto. Nessuna parola sulle industrie. Eppure lui che è un “verde” qualcosa in più avrebbe dovuto dirla, magari per spiegare come mai le centrali nucleari tedesche siano ancora aperte e quelle a carbone lavorino, inquinando, a pieno regime.

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