Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha definito i militari del 3° battaglione Bozen “una banda musicale di pensionati” il che, al di là di ogni valenza politica, non è storicamente corretto. Forse però viene, prima di questo, un altro scivolone: la seconda carica dello Stato, ha fatto una dichiarazione altamente divisiva, oltre che imprecisa, in un’atmosfera già tesa, a pochi giorni dal 25 aprile, dopo che le polemiche suscitate dalla presidente del Consiglio stavano lentamente rientrando. Ci si può chiedere se il presidente La Russa sia solo imprudente o se non l’abbia spinto la sicurezza dell’impunità (intellettuale e politica, intendo) esternando un pensiero che covava da tempo e che finalmente si è sentito autorizzato ad esprimere.
In un caso e nell’altro è certo che il presidente del Senato ha detto parole che la sua carica non gli consentiva. Alcuni esponenti di questo governo sembrano non aver compreso che giurando fedeltà alla Costituzione nelle mani del Capo dello Stato hanno assunto un ruolo che li rende rappresentanti e responsabili di tutti gli italiani. Altro brutto spettacolo, per esempio, è vedere ministri con il distintivo del partito all’occhiello. Quella che esibiscono come segno di fiera appartenenza è solo oltraggiosa ignoranza repubblicana.
La polemica sulla rappresaglia nazista e sull’attentato che l’ha provocata, dura da decenni. Secondo Alessandro Portelli autore di un bel libro sull’evento (L’ordine è già stato eseguito) questa vicenda rimane: «la sola vicenda nella quale le posizioni della destra più estrema si siano fuse con il senso comune moderato». È probabilmente questo, continua Portelli, il vero successo a lungo termine della rappresaglia nazista. Dalle polemiche sulla natura dell’attacco e sulle sue conseguenze sono emerse due credenze piuttosto diffuse.
La prima è che gli uomini del 3° battaglione del reggimento “Bozen” fossero degli anziani e innocui “territoriali” — anche se nessuno era mai arrivato a definirli ‘pensionati di una banda musicale’; la seconda che a Roma fossero stati affissi dei manifesti che invitavano gli attentatori a costituirsi e che per viltà costoro avevano preferito mandare al macello 335 innocenti. Nessuno può dire se, invitati a costituirsi, i partigiani si sarebbero consegnati. Certo però che i membri del ‘Gap’ appresero, come tutti, la notizia dell’eccidio solo dai giornali del 25 marzo.
I nazisti erano consapevoli di commettere un crimine, compirono la loro vendetta in gran fretta facendo saltare con la dinamite l’entrata delle cave dopo il delitto. Fecero di più, scaricarono due camion di immondizie nei pressi perché il lezzo dei rifiuti coprisse quello della putrefazione.
Il reggimento “Bolzano” era un reparto militare di polizia (Polizeiregiment “Bozen”) creato in Alto Adige; la truppa era composta di residenti di età compresa tra i 25 e i 41 anni, sottufficiali e ufficiali erano tedeschi. La qualità propriamente militare di questi coscritti non raggiungeva probabilmente il più alto livello. Il 3° reggimento, come gli altri due, era comunque impegnato in attività antipartigiane (Achtung banditen!).
Dal punto di vista giuridico, elemento forse ignoto al presidente del Senato, ha posto fine alle polemiche sulla natura dell’attacco una sentenza della Cassazione (febbraio 1999). Confermando la Resistenza come istituzione della Repubblica, la Corte ha considerato l’attacco come “legittimo atto di guerra”.
L’Italia libera aveva dichiarato guerra alla Germania il 13 ottobre 1943; dopo lo sbarco ad Anzio gli Alleati avevano esortato via radio i partigiani: «a lottare con ogni mezzo possibile e con tutte le forze … bisogna sabotare il nemico … colpirlo ovunque si mostri».
Uno dei problemi per i nazisti fu di trovare un numero sufficiente di “totenkanditaten” da sopprimere. Quel giorno si trovava a Roma per le celebrazioni del 25° anniversario di San Sepolcro, il ministro degli Interni di Salò Guido Buffarini-Guidi. Pietro Caruso, questore di Roma, si recò di persona all’hotel Excelsior di via Veneto chiedendo di conferire. Erano le 8 del mattino, “Sua Eccellenza” dormiva. Solo dopo molte insistenze il questore venne ricevuto da un assonnato ministro in pigiama.
Caruso espose il problema: la richiesta tedesca di ulteriori 50 uomini da fucilare, concluse dicendo: “Mi rimetto a voi, Eccellenza”. Buffarini-Guidi si limitò a rispondere: «Che posso fare? Sei costretto a darglieli. Altrimenti chissà che potrebbe succedere. Sì, sì, daglieli».
Così, nel dopoguerra, Caruso testimoniò al processo nel quale venne condannato a morte. Quella frase, disse, era stata per lui un ordine. Anche Adolf Eichmann, processato a Gerusalemme, disse le stesse parole. Nel 2023 il presidente del Senato della Repubblica le ha sostanzialmente ripetute.
Il 20 agosto del 1944 una banda musicale di poveri pensionati arrivò a suonare la sua musica in valle del Biois, in provincia di Belluno, dopo aver percorso sentieri di montagna al suono dei violini. Qui arrivata, sfoderò pure i tromboni e allegramente trucidò 44 civili, dando poi alle fiamme i paesi. La banda aveva un nome stravagante, SS-Polizeiregiment Bozen, che, come si capisce bene, era un nome folcloristico. Nel giro di un paio di giorni arrestarono, torturarono e uccisero, su indicazione un paio di compari locali, il cui unico pregio era quello di essere degli apprezzati fascisti (altra innocente banda musicale di colleghi), tutti quelli che trovarono fra i piedi.
I musicanti erano reduci da Roma dove erano stati attaccati in via Rasella con una bomba da quelli che non gradivano la loro musica.
I partigiani della brigata Pisacane, stanziata nei luoghi, erano quasi tutti partiti in azione altrove, solo 12 erano rimasti e cercarono di difendere i paesi. Parecchi di loro restarono sul terreno. La provincia di Belluno, come quelle di Bolzano e Trento, erano state vendute dal patriota Mussolini al Terzo Reich di Hitler. Però Mussolini aveva fatto anche cose buone…
Il capo della innocua banda musicale, composta da spensierati tedeschi sudtirolesi i quali, aggiungo io, giustamente ce l’avevano con i fascisti italiani che li avevano perseguitati per vent’anni, era, secondo mie ricerche d’archivio, il maggiore Thyrolf, capo della Gestapo di Bolzano, che negli scontri rimase ferito all’inguine e fu ricoverato all’ospedale di Mirano rimanendo fuori gioco per alcuni mesi durante i quali fu sostituito nel ruolo dal maggiore Schiffer, altro musicante iscritto alla banda dal 1933 e reduce dall’operazione Reinhard in Polonia e Ucraina, e in particolare da Kiev, dove aveva suonato la sua musica agli ebrei, agli oppositori del nazismo e ai commissari dell’Armata Rossa.
Passati ormai 80 anni, tale La Russa, al quale in tutta evidenza piace ancora quella musica, è diventato presidente del Senato, seconda carica dello Stato. Destinato, secondo Costituzione, a sostituire Mattarella in caso di suo impedimento. Dio ce ne scampi e liberi, per Mattarella e per l’Italia.