Gli Usa delusi dalle prime fasi del contrattacco ucraino, rivela la Cnn

Cnn rilanciata dall’agenzia ANSA: «La controffensiva ucraina sta avendo meno successo del previsto nelle sue prime fasi e le forze russe stanno dimostrando più competenza rispetto alle valutazioni occidentali della vigilia». Fonti militari Usa: «La controffensiva non sta soddisfacendo le aspettative su nessun fronte, ha detto uno di loro». Linee di difesa russe ben fortificate, e blindati ucraini bloccati con attacchi missilistici e mine. Problemi politici imminenti e di vasta portata in casa ucraina e occidentale.

‘La controffensiva non è Hollywood’, e non è garantito il lieto fine

Ieri il presidente Zelensky, sempre dialetticamente molto abile, ad anticipare le critiche che si affacciavano sui risultati della tanto annunciata controffensiva, ricordando che la crudele partita militare in corso non era Hollywood, non era un film. Evidentemente qualcosa sapeva o sospettava. Oggi la Cnn che svela la valutazione negativa Usa sull’operazione militare, evidentemente su imput ufficioso ma non troppo. La controffensiva ucraina – che secondo Kiev avrebbe portato la resistenza a liberare i territori occupati dal 24 febbraio 2022 – non sta avendo gli esiti sperati. E anzi, gli Stati Uniti sarebbero letteralmente delusi dei risultati che l’Ucraina sta avendo sul campo. Uno stato emotivo che, se proiettato sul lungo termine, potrebbe non rendere così fermo (come lo è invece oggi) il sostegno Usa alla causa di Kiev.

La rivelazione della Cnn e i Wagner in controcanto

«Le prime fasi della controffensiva ucraina –versione Cnn- stanno avendo meno successo del previsto, con le forze russe che stanno mostrando più capacità di quanto ipotizzato dall’alleanza atlantica». E ora per la Nato ci sono scelte difficili da compiere, non più limitate all’espetto militare –più armi-, ma essenzialmente politiche su quanto ancora spingere la partita militare se destinata a perdere. Dopo il grande successo dell’avanzata ucraina di agosto, che ha permesso a Kiev di ripristinare il controllo intorno alle aree di Kherson, le forze russe sembrano essere maggiormente preparate alla tanto ventilata seconda avanzata di Kiev. Dall’altra parte, però, il gruppo mercenario Wagner continua la sua contro narrazione della guerra rispetto alle voci del Cremlino. Secondo i militari privati, infatti, Mosca si starebbe ritirando sia a sud che ad est del Paese, concentrando le proprie forze a protezione delle aree conquistate nella regione del Donbass.

Truppa propaganda e illusioni della vigilia

Le aspettative che Stati Uniti –almeno della sua opinione pubblica-, riponevano nella prima fase della controffensiva ucraina sono state deluse. Forse un eccesso di ottimismo precedente. Nessuno in realtà pensava a un’operazione semplice che avrebbe permesso a Kiev di riappropriarsi dei territori occupati dai russi –li proclami esagerati di Zelensky-, ma nemmeno che si procedesse così a rilento. Gli ucraini rivendicano “successi parziali” nel Sud del Paese, che rimane il cuore del conflitto, ma oltre a questo niente più. «Non sta soddisfacendo su nessun fronte», hanno ammesso con la Cnn due funzionari occidentali e un alto funzionario militare americano, carichi di delusione. Uno stato d’animo che si ritrova nelle parole di Zelensky, mercoledì alla Bbc, senza aggiunte patriottiche: «Vorremmo sicuramente fare passi più grandi, per ora si procede a ritmo lento. Il motivo risiede nelle difese innalzate dai russi, che durante l’inverno hanno puntellato le linee del fronte».

Da qui al vertice Nato di Vilnius

Dunque Mosca si è dimostrata particolarmente competente in difesa, capace di limitare l’efficacia dei blindati occidentali con attacchi missilistici e mine, bloccati anche dal maltempo. A questo il Cremlino ha aggiunto una maggiore presenza aerea, che aveva fin qui centellinata. Detto ciò –prudenza militare impone- «avanzare valutazioni dopo poche settimane potrebbe essere fuorviante». Tempo di valutazione da qui al vertice Nato di Vilnius in Lituania il 12 e 13 luglio.

Non chi sta meglio ma chi sta meno peggio

Da Mosca non trapelano ovviamente dettagli sullo stato di salute del suo esercito, salvo le critiche velenose e decisamente sospette del capo della Wagner Yevgeny Prigzhin secondo cui «L’esercito russo si sta ritirando nelle aree di Zaporizhzhia e Kherson, le forze armate ucraine stanno spingendo». Lo dice lui, lo smentisce la Cnn, e sarebbe cosa buffa se non si trattasse di questione tragica con centinaia di morti su tutti i fronti. Oltrepassando le diatribe interne e soffermandoci solo sull’oggettività del campo di battaglia, -le poche notizie riscontrate da più fonti-, oltre a serrare i ranghi i russi sembrerebbero tentare pure qualche azione di rappresaglia. La vice ministra della Difesa ucraina, Hanna Maliar, ha annunciato che le sue forze «hanno respinto attacchi nelle zone di Kupiansk e Lyman, dove si sono verificate battaglie feroci».

Salvo poi rilanciare: «L’attacco principale deve ancora arrivare. Anzi, alcune delle riserve verranno attivate in seguito». All’apparenza un tentativo per rassicurare gli alleati, che si attendevano qualcosa di diverso, ai quali viene chiesta pazienza.

Dalla controffensiva passerà gran parte dell’esito del conflitto

Se dovesse avere successo, Kiev rafforzerà la sua posizione quando si siederà a un futuro tavolo negoziale di cui, al momento, non si intravvede traccia. Nel fine settimana, a Copenaghen, si riuniranno gli Stati Uniti e i Paesi del Sud per cercare di trovare soluzioni possibili al conflitto. Con l’obiettivo di convincere gli scettici a schierarsi e fare altrettanto con i due belligeranti affinché cedano entrambe qualcosa. «Il nostro ruolo è convincere Zelensky e Putin che il miglior affare è mettere fine alla guerra. Solo loro possono farlo», ha dichiarato il presidente brasiliano Inacio Lula da Silva durante la sua visita romana. «Non può essere una resa per nessuno e non può esserci spazio per un accordo in cui uno vince il 50% e l’altro il 20%. Solo ucraini e russi sanno ciò che è necessario».

Il minimo comun denominatore

Cercare quel ’minimo comun denominatore’ che resta tra Ucraina e Russia, evocato da Lula. Emmanuel Macron, ha dichiarato di «non vedere ragioni per chiamare Mosca, ma, se dovesse essere il capo del Cremlino ad alzare il telefono, risponderò. Certo che risponderò se chiama per offrire qualcosa, perché la Francia è sempre stata un Paese che fa da mediatore», ha dichiarato a France 24. Mediatore per natura, il Vaticano, l’unico che sembrerebbe ricevere timide benevolenze da una parte quanto dall’altra. Dopo essere stato a Kiev, l’inviato speciale del Papa, il cardinale Matteo Zuppi, ha ribadito l’intenzione di andare anche a Mosca, dove spera anche di confrontarsi con il Patriarca di tutte le Russie, Kirill. Importante l’apertura di Mosca che ha lodato ‘l’equilibrio’ della Santa Sede nella sua attività diplomatica.

Soluzione intermedia alla coreana

Le strade per arrivare a una soluzione definitiva sono molto poche, la valutazione generale. Ed ecco che la soluzione più percorribile rimane quella coreana, ovvero una divisione dell’Ucraina sul modello dell’accordo stipulato nel 1953 tra Pyongyang e Seul. Anche qui ci sono diversi ostacoli, a iniziare dalla volontà di Zelensky di fare marcia indietro e lasciare qualche territorio alla Russia, un’idea mai sposata da nessuno del suo governo e che avrebbe per lui costi politici interni gravissimi.

Ma questa alternativa si rafforza, Zelensky volente o nolente, in quanto potrebbe garantire una convivenza forzata, dove l’Ucraina (come la Corea del sud) godrebbe della protezione statunitense e la Russia non ne uscirebbe umiliata. Ma è solo un appiglio a cui aggrapparsi. La questione, valutazione condivisa da analisti ad oriente ed occidente, è ancora lunga.

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