
La parola più chiara su Giorgio Napolitano l’ha detta Mario Draghi: «Assoluto protagonista della storia italiana ed europea degli ultimi 70 anni». Un gigante della coerenza e della lucidità culturale e politica. Come tutti gli uomini con limiti ed errori (e ci mancherebbe) ma con un profilo umano e politico altissimo. Il fatto che vi siano stati in questi giorni dichiarazioni avverse di alcuni, evidenti segni di rabbia e di ostilità anche se minoritari.
Ho conosciuto ed apprezzato Giorgio Napolitano, anche quando molti, persino a sinistra, non ne condividevano il pensiero o l’avversavano. Napolitano è stato allievo e sodale di Giorgio Amendola ma è andato ben oltre. Capiva che non bastava prendere le distanze dall’URSS su singole questioni ma bisognava rifiutarla come modello. Il socialismo democratico, l’unità tra le forze politiche di sinistra e non solo, la costruzione dell’Europa era per lui il modello, la strada da percorrere senza incertezze ma con pazienza e perseveranza. Per combattere meglio le diseguaglianze, le ingiustizie, lo sfruttamento.
C’è chi ha scritto che non andava fino in fondo, che non forzava la mano. È vero ma era una scelta perché lui era parte di una stessa formazione culturale e politica e non riteneva utili strappi, scissioni, frammentazioni ma considerava l’impegno a dislocare, se non tutti, tanti sulla strada giusta e che riteneva e che era obbligata. Era un costruttore e non un distruttore. Non solo della politica e dei partiti ma anche delle istituzioni, mettendo al centro il parlamento e cercando efficacia e stabilità nel Governo. La sua cifra non era il guizzo, lo scatto improvviso che si esaurisce subito, ma l’impegno incessante, di lunga lena, che lascia tracce e che influenza gli altri.
Ho partecipato a molti incontri nazionali prima e dopo la svolta di Occhetto. Allora ero Segretario regionale della Liguria del PCI e componente della direzione nazionale composta di 30/35 persone. Quegli incontri erano volti a dare un carattere, un segno a quella svolta necessaria dando vita (detto in breve) a una forte socialdemocrazia europea. Con lui Macaluso, Bufalini, Chiaromonte e tanti altri tra i quali noi, più giovani. Non era una corrente, non era una trama ma una riflessione da offrire a tutti, un pensiero da rendere concreto non solo per salvare una storia ma anche per darle una prospettiva duratura nel futuro.
Non sempre e non piena mente si è ascoltata quella voce. Da qui le incertezze, gli ondeggiamenti della nascita prima del PDS, dei DS e poi soprattutto del PD e la sua incompletezza.
Alla fine del 1988 (prima della caduta del Muro e della svolta del PCI) tenemmo l’ultimo congresso del PCI in Liguria. Venne Napolitano a concluderlo e fu, per molti versi, un grande congresso di discussione e impegno. La proposta che mi fu fatta di entrare nella Segreteria nazionale del Partito che si sarebbe formata e che io rifiutai. Tempi spregiudicati con gli ‘staff’ che sostituivano i dirigenti e i pensieri diversi, legittimi e leali.
Napolitano come Presidente della Repubblica è stato impeccabile e autorevole. Ne abbiamo apprezzato in tantissimi il suo impegno. Gli si rimprovera di aver sostituito Berlusconi con Monti? Fu un atto inevitabile e giustissimo che lo stesso Berlusconi accettò e controfirmò per non finire nel disastro la sua esperienza politica. L’Italia era al crack economico e finanziario, Berlusconi, diciamolo chiaramente, era diventato poco più di una macchietta a livello internazionale (ho letto allora, per fare un esempio, i giornali brasiliani su una sua visita di Stato in quel Paese. Parlavano di esibizioni di lap-dance nella sua suite, e di impegni ufficiali disertati).
Napolitano ha fatto ciò che doveva fare ed ha sempre detto parole chiare contro nazionalismi e populismi. E poi al secondo mandato, che non voleva, e che è stato costretto ad accettare per l’incapacità dei partiti e dei parlamentari ha sferzato senza pietà quell’assise ottenendone scroscianti applausi come segno ulteriore di una malattia molto grave.
Infine Giorgio Napolitano è il primo Presidente della Repubblica che ha voluto un funerale laico e la presenza, alla sua camera ardente, di Papa Francesco è un segno di rispetto e di amicizia. Era l’ora per celebrare l’Italia e la Repubblica come stato laico. Anche in questo è stato il primo.
Qualcuno dovrebbe scrivere un libro su di lui: «Io Presidente, laico, democratico, europeista».