Tornano a riunirsi oggi a Abuja, Nigeria, i leader della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao), dopo la scadenza dell’ultimatum imposto ai militari che hanno preso il potere in Niger ormai più di due settimane fa. «Ma sono tempi duri per la ‘coalizione dei volenterosi’, avverte Marinella Correggia sul manifesto. E usare la terminologia di George W. Bush e Tony Blair per la guerra del 2003 all’Iraq sui ’volonterosi’, non è segnale promettente.
Quattro i governi nominalmente pronti a fornire soldati per un intervento armato contro i golpisti nigerini: Nigeria, Costa d’Avorio, Senegal e Benin. Pronti a parole sino al giorno prima delle decisioni a muovere gli eserciti. Altri governi dell’area tacciono – è il caso del Ghana –, o hanno già fatto sapere che non interverranno e sostengono invece una azione diplomatica di mediazione – come il confinante Ciad –, oppure mettono in guardia contro la possibile escalation – l’Algeria. Ma anche al i quattro Stati più interventisti hanno grossi problemi in casa.
Nigeria
In Nigeria, primi i senatori delle regioni settentrionali confinanti col Niger e poi l’insieme del Senato hanno chiesto la via negoziale anziché un’azione che farebbe vittime innocenti fra la popolazione nigerina e fra i soldati nigeriani, aiutando di fatto i terroristi di Boko Haram.
Senegal
Appello del Social forum del Senegal, che pur condannando il golpe, denuncia le «sanzioni illegali e inumane che colpiscono prima di tutto la popolazione» e si oppone «a ogni intervento militare che peggiorerebbe la situazione in Niger e nella sub-regione, indebolirebbe la lotta al terrorismo e servirebbe solo agli interessi di potenze straniere». La Cedeao potrebbe cadere a pezzi. «L’uso delle armi – denuncia ancora il Social forum del Senegal- rappresenterebbe un colpo duro agli sforzi di integrazione in Africa occidentale e a livello di tutto il continente». Si chiede dunque ai leader della Cedeao una «via d’uscita pacifica e solidale».
Costa d’Avorio
In Costa d’Avorio l’ex presidente Laurent Gbagbo, leader dell’opposizione, ha dichiarato che «l’intervento militare della Cedeao è una pratica riprovevole che comprometterebbe la stabilità politica e la democrazia». Chiedendo una soluzione diplomatica per il Niger, Gbagbo ha anche condannato con forza le misure di ritorsione adottate dalla Cedeao contro il popolo nigerino, ritenendole «senza precedenti, inaccettabili e suscettibili di esacerbare la precaria situazione nel paese fratello». Ha infine invitato la Cedeao a condurre un’indagine approfondita sui fattori che contribuiscono alla diffusione degli atti di terrorismo in Africa occidentale.
Benin
In Benin è nato il Comitato di solidarietà Benin-Niger, del quale fanno parte sindacati, associazioni per i diritti dei popoli, gruppi politici di opposizione. Il Comitato ripudia ogni intervento armato e chiede anche di aprire le frontiere perché «le sanzioni illegali e disumane imposte dalla Cedeao il 30 luglio contro il Niger hanno già avuto effetti gravi non solo sull’economia nazionale, ma anche sulla vita dei cittadini e dei lavoratori. Aprite le frontiere! Basta con le minacce di aggressione».
La minaccia stessa dell’uso della forza è illegale per il diritto internazionale, visto che il Niger non ha attaccato nessuno Stato, ricorda l’associazione italiana Peacelink in una lettera aperta inviata alle ambasciate in Italia dei paesi della Cedeao per chiedere di respingere ogni idea di intervento militare, il quale oltretutto sarebbe una manna per i gruppi terroristici, frutto avvelenato della guerra Nato in Libia.
La giunta militare al potere a Niamey replica alle accuse soprattutto occidentali attaccando, l’ex potenza colonizzatrice francese. Ieri hanno accusato la Francia, che nel Niger ha 1.500 soldati, di aver violato la chiusura dello spazio aereo decretato dai golpisti e di «aver liberato terroristi jihadisti, nel contesto di un piano di destabilizzazione del nostro Paese». Un aereo militare francese è in effetti decollato da N’Djamena, nel Ciad, e ha sorvolato una parte del territorio del Niger, ma da Parigi hanno ribattuto che quel volo era previsto ed era stato segnalato alla giunta. Da Niamey ribadita l’accusa di alcuni jihadisti liberati dai francesi per pianificare un’offensiva nella zona delle ‘tre frontiere’ di Niger, Burkina Faso e Mali, dove i militari nigerini hanno denunciato l’attacco a una propria guarnigione.
A ‘Base Aerienne 101’, dove dal 2018 opera la missione militare italiana in Niger, c’è calma apparente ma tensione resta è alta. Ormai cinque giorni fa era partito dal Niger un volo con 65 militari italiani. Allora il ministro Crosetto: «Restano per ora nel Paese altre 254 unità del nostro contingente. La prossima settimana sono pianificati ulteriori voli». Ma lo spazio aereo del Niger ora è chiuso e forzarlo diventerebbe una quasi azione di guerra.
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