
La strage di Natale. Si scava anche a mani nude tra le macerie nel campo profughi di Maghazi, nel centro della Striscia. L’agenzia Ap riferisce di 106 morti, ma chi sa cosa ancora si nasconde sotto quell’inferno piombato addosso nella notte della vigilia.
Il presepe di strada a Betlemme dedicato a Gaza
Si scava anche a mani nude tra le macerie nel campo profughi di Maghazi, nel centro della Striscia. L’agenzia Ap riferisce di 106 morti. Il ministero di Gaza ha affermato che l’attacco israeliano ha distrutto almeno tre case nel campo. “Ci sono ancora feriti e cadaveri sotto le macerie”, ha detto un portavoce dell’ospedale Al-Aqsa ad al Jazeera. Le immagini mostrano interi edifici sventrati e decine di cadaveri recuperati chiusi nei sacchi di plastica.
A Gaza la comunità cristiana più antica del mondo che si è formata nel I secolo, ora a rischio scomparsa. La Striscia ospitava una piccola minoranza cristiana palestinese di circa 3milapersone. Passato quasi remoto. Valutazioni attuali, ci dicono di 650 cristiani a Gaza, salvo nuovi effetti bomba. La maggior parte viveva nel quartiere Zaytun della Città Vecchia, evacuato e distrutto. Cristiani cattolici in minoranza, poi ortodossi e protestanti, ma nella situazione di Gaza, anche prima della guerra, i distinguo teologici pesavano davvero pochi.
In lingua araba i cristiani sono chiamati Naṣrānī (dal termine Nazareno) o Masīḥī (dall’arabo Masīḥ, ‘Messia’). In ebraico li chiamano invece Notzri o Notsri (‘Nazareni’, originari della cittadina di Nazareth). I palestinesi cristiani appartengono alla Chiesa greco-ortodossa di Gerusalemme, alla Chiesa greco-cattolica melchita, alla Chiesa maronita e a varie chiese evangeliche. Le più grandi comunità palestinesi cristiane sono concentrate in Galilea e in Cisgiordania.
I cristiani nell’egemone mondo musulmano sono ‘kfirs’, degli infedeli per Hamas e per la parte più integralista della comunità palestinese. Mitri Raheb, un pastore evangelico luterano e fondatore dell’Università Dar al-Kalima di Betlemme, ha dichiarato che è probabile che la guerra in corso possa segnare la fine della lunga storia della comunità cristiana in questa striscia di terra. Sopravvivere e poi emigrare.
«Sappiamo che entro questa generazione, il Cristianesimo cesserà di esistere a Gaza», ha aggiunto.
La Striscia, sostengono gli studiosi, è il luogo di nascita del Cristianesimo e il contesto di molti eventi riportati nell’Antico e nel Nuovo Testamento. Nel IV secolo, Gaza, lungo un’importante via commerciale con accesso ad un porto molto attivo e con una città cosmopolita, divenne un importante centro di missione cristiana. Dopo il 1948, quando fu istituito lo stato di Israele e 700mila palestinesi furono sfollati dalle loro case, in quella che divenne la Nakba, la catastrofe, molti cristiani palestinesi si unirono alla comunità nell’enclave costiera.
Declino a fuga quando Hamas ha preso il completo controllo della striscia, dando il via al blocco israeliano e accelerando l’emigrazione dei cristiani dalla zona, già segnata dalla povertà.
Secondo le stime delle autorità britanniche durante il loro Mandato in Palestina, la popolazione cristiana di Palestina nel 1922 era il 9,5% della popolazione complessiva, non casualmente calata al 7,9% già nel 1946. Un gran numero di cristiani arabi fuggì o fu espulso dalle aree sotto controllo ebraico della Palestina mandataria durante la guerra arabo-israeliana del 1948, e un piccolo numero lasciò la Palestina durante il periodo 1948–1967, in cui una parte della Palestina fu governata dalle autorità giordane, per ragioni essenzialmente economiche.
In Cisgiordania, la comunità cristiana conta su una base più solida, con oltre 47.000 residenti secondo il censimento del 2017. Tuttavia, anche in quel contesto, la comunità è stata colpita da violenza e persecuzione. «Gli attacchi contro il clero e le chiese sono quadruplicati quest’anno rispetto all’anno scorso», ha dichiarato Raheb, il cui istituto accademico documenta tali eventi.