Le parole-chiave perdute della democrazia

Ci sono cose che non ci piace ascoltare, non ci piace leggere. Ci sono memorie, evidenze, storia che preferiamo veder scorrere su un piano obliquo, scivolare verso la dimenticanza, lasciando qua e là tracce irrilevanti, utili a tener presente dati inessenziali. Per meglio dimenticare, per meglio seppellire memoria e diritti, coscienza e dignità, in un opaco mondo di mezzo popolato da furbetti e non da sapienti, da sfruttatori eleganti, da politici capaci di meglio interpretare le necessità della modernità. Rottamatori, voltagabbana, indifferenti, salottieri di ogni salottino buono, figli di, amici di, profeti del merito il cui unico merito è stato quello di nascere nella giusta culla e di saper adeguarsi ai dettami di classe, per meglio rendere servigio a chi conta.

Camminando come sonnambuli in una simile nebbia democratica ci restano il coraggio e la passione. Il non doversi per forza piegare all’incubo dominante dell’epoca, all’ignoranza che diventa dominio, alle scelte ipocrite travestite come fossimo in un carnevale dell’etica.

Per questo metto in evidenza le bellissime parole di un giurista come Giovanni Tamburino, presidente della Fondazione Flamigni, uno che il muro di gomma posto a difesa dell’ingiustizia e dell’ipocrisia l’ha toccato con mano: “È questo un momento che esige una riflessione e un confronto su valori e disvalori. I nostri valori li ritroviamo nella Costituzione: solidarietà, primato del lavoro, funzione sociale della proprietà, riduzione delle disparità, volontà di giustizia. La nostra è una Costituzione antifascista perché consapevole del fatto che l’espressione storica di quel regime è stata la conseguenza di un contesto ideologico-politico a rischio di replica. Perciò chiede una società preparata e non-neutrale rispetto a quel rischio”.

Ecco, quando qualcuno si chiede che fine abbia fatto in questo paese la sinistra, perché ideologicamente il peggio del peggio ha preso il sopravvento, tenga a mente queste poche parole e si chieda dov’era e che cosa faceva mentre la società franava verso vecchi e nuovi egoismi, verso una deriva culturale fascistoide che storicamente e ideologicamente è funzionale all’ingiustizia espressa dal dominio delle classi agiate che ma e poi mai smettono di combattere la loro guerra di classe contro i più deboli della società.

Dimenticare i valori chiave della nostra Costituzione antifascista vuol dire spianare la strada agli imbecilli che da sempre rappresentano uno strumento utile per mantenere ingiusta e sottomessa la società. Solidarietà, non egoismo. Primato del lavoro, non del profitto. Funzione sociale della proprietà, non distruzione sociale per favorire i privati. Riduzione delle disparità, non aumento costante della forbice tra chi possiede troppo e chi sempre meno. Volontà di giustizia, che vuol dire giustizia sociale, uguaglianza di diritti e di doveri, non quella roba farneticante in cui viviamo e che sembra fatta apposta per costruire un muro di indifferenza a far finta di non capire e di non vedere l’ingiustizia palese delle scelte politiche ed economiche.

Prima di chiedersi dove è finita la sinistra e perché l’ideologia fascio-padronale, con le sue ottusità e simpatie mediatiche, prevale, chiediamoci chi siamo oggi noi. Che cosa facciamo, in che cosa crediamo, come possiamo procedere per evitare di far da figuranti in una arena mediatica delirante.

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