Migranti, strage nel mare di Calabria. Razzismo arabo anti africano in Tunisia

Tragico naufragio a Crotone: si temono oltre 100 migranti morti in Calabria, sul litorale di ‘Steccato’ di Cutro. Non c’è ancora un numero attendibile delle persone che erano a bordo del caicco partito 4 giorni fa dalla Turchia. Secondo alcuni superstiti sarebbero stati circa 180. Per altri molti di più, almeno 250. Al momento sono state recuperate circa 60 persone vive e 48 per ora i cadaveri.

Un dolore terribile e muto

«Piangono senza parlare -ci raccontano i cronisti sul posto-, avvolti in un dolore terribile e muto, i circa 60 migranti superstiti portati nel centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto. Hanno tolto i vestiti bagnati e sono avvolti da coperte, riuniti, con lo sguardo fisso nel vuoto, accomunati dal dolore e dalla disperazione. Una donna, che ha il naso fratturato, grida disperata il nome del figlio che non trova più».

Iraq, Iran, Afghanistan e Siria

I migranti provenivano da Iraq, Iran, Afghanistan e Siria. Si trattava di uno dei tanti viaggi della speranza che segue la rotta turca, quella più battuta dai migranti provenienti dai Paesi dell’area. Erano su un caicco che non ha retto alla forza del mare, particolarmente mosso, e si è spaccato a pochi metri dalla costa.

Scafisti turchi

L’imbarcazione era partita quattro giorni fa dal porto di Izmir, Smirne, in Turchia, ed era stata avvistata nella serata di ieri a circa 40 miglia dalla costa crotonese da un velivolo dell’agenzia europea Frontex in pattugliamento. Scattato l’allarme, erano salpati una vedetta della sezione operativa navale di Crotone e un pattugliatore del gruppo aeronavale di Taranto. Le proibitive condizioni del mare hanno tuttavia impedito di raggiungere la zona e i mezzi sono dovuti rientrare agli ormeggi.

Naufragio e ridosso della costa

Secondo quanto è stato finora possibile ricostruire, alcuni dei sopravvissuti avrebbero raggiunto la costa con i propri mezzi. È stata una loro telefonata a fare scattare l’allarme. Un inglese poco comprensibile e l’intuizione che potesse essere successo qualcosa di grave in mare. L’allerta alle forze dell’ordine. Poco prima del cinque del mattino un pescatore nella zona ha notato l’imbarcazione già distrutta e alcuni corpi galleggiare in acqua.

Frammenti di legno e di esseri umani

Tutto quello che è rimasto dell’imbarcazione era un’enorme quantità di pezzi di legno sparsi nel mare. In una zona della spiaggia, i primi volontari hanno soccorso i sopravvissuti, mentre a poca distanza aumentava la una lunga fila di sacchi bianchi.

Dolore, rabbia, e forse pentimenti

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «È indispensabile che l’Ue assuma finalmente la responsabilità di governare il fenomeno migratorio per sottrarlo ai trafficanti di esseri umani, impegnandosi direttamente nelle politiche migratorie». Papa Francesco all’Angelus: «Ringrazio quanti hanno portato soccorso e coloro che stanno dando accoglienza». Soccorsi e accoglienza resi sempre più difficili da discutibili severirà governative.

Le Ong criminalizzate

Duro il tweet di SeaWatch, l’organizzazione tedesca no-profit che opera nel Mediterraneo centrale: «Intollerabile che l’unica via d’accesso all’Europa sia il mare. L’assenza di missione di ricerca e soccorso europea è un crimine che si ripete ogni giorno».

Razzismo dell’autoritario presidente tunisino

In Tunisia le frasi choc di Saied sui migranti africani. Il presidente tunisino evoca un «piano criminale per trasformare la Tunisia in un paese africano e non un membro del mondo arabo e islamico: è il momento di mettere fine a tutto questo». Violenze a caccia ai ‘neri’ in aumento. Ieri la risposta della piazza nella capitale, racconta Matteo Garavoglia sul Manifesto.

Autoritarismo e tentazioni neofasciste

Una folla di centinaia di persone di fronte al Sindacato dei giornalisti tunisini, nel cuore della capitale, a sostegno del suo presidente Mohamed Yassine Jelassi, incriminato per avere partecipato a una manifestazione pacifica per i diritti civili nel luglio 2022. Poi, alcune migliaia ormai, al Teatro di avenue Bourguiba, l’epicentro di ogni rivendicazione in Tunisia. A favore dei 21mila subsahariani presenti nel paese in una situazione di irregolarità. Convocata dalla rete antifascista di Tunisi, la manifestazione grida i suoi obiettivi: «Nessuna paura, nessun terrore, le strade appartengono al popolo!». O ancora: «Solidarietà ai migranti senza documenti».

Despota a colpi di decreto e di razzismo

Il 21 febbraio il presidente della Repubblica Kais Saied ha pronunciato un discorso molto duro nei confronti dei subsahariani: «Esiste un piano criminale per cambiare la composizione demografica della Tunisia, ci sono alcuni individui che hanno ricevuto grosse somme di denaro per dare la residenza ai migranti subsahariani. La loro presenza è fonte di violenza, crimini e atti inaccettabili, è il momento di mettere la parola fine a tutto questo perché c’è la volontà di fare diventare la Tunisia solamente un paese africano e non un membro del mondo arabo e islamico».

Il ‘nemico in casa’ a nascondere cosa?

Da capire perché il fenomeno migratorio interno non è mai stato un punto all’ordine del giorno nell’agenda del responsabile di Cartagine. Ignoti i motivi della dura presa di posizione governativa, ma chiare da subito le sue conseguenze. Secondo l’organizzazione Avocats sans frontières (Asf), già centinaia le aggressioni subite da cittadini di origine subsahariana.

«Basta a questo regime fascista»

Ieri la piazza della Tunisia democratica che resiste. E attorno sostenitori ed avversari. L’Unione africana: «Invitiamo la Tunisia ad astenersi da qualsiasi discorso di odio di carattere razzista e che possa nuocere alle persone. Condanniamo fermamente le dichiarazioni scioccanti fatte dalle autorità tunisine contro i compatrioti africani… ». Tenta una giustificazione il ministro degli Esteri Nabil Ammar: « l fatto di riconoscere che sia un problema non vuol dire che si tratti un discorso di odio». Dall’altra parte del Mediterraneo, l’Unione europea, solerte su alcuni fronti, ha preferito il silenzio. Applausi francesi dall’ultra fascista Eric Zemmour, candidato alle presidenziali francesi del 2022.

Razzismo, arma reazionaria, ma non solo

Abusi organizzati nei confronti della comunità subsahariana, e arresti di natura politica a raffica. Giornalisti, attivisti e politici di primo piano sono finiti nel mirino della giustizia «per avere attentato alla sicurezza dello Stato». Come hai tempi di Ben Ali. L’ultimo arresto, quello di Jahouar Ben M’Barek, uno dei leader che ha guidato gran parte delle proteste contro il presidente della Repubblica dopo l’atto di forza del 25 luglio 2021, quando ha azzerato il governo e congelato il parlamento. Il giorno prima era stato fermato il leader della sinistra storica tunisina Ezzeddine Hazgui.

In Tunisia è in corso il dibattito se le mosse di Saied siano dettate dall’esigenza di distogliere l’attenzione dai risultati deludenti delle ultime elezioni parlamentari (a partecipare è stato solo l’11% della popolazione). Quello che è certo, è che da un giorno all’altro la Tunisia ha cominciato a respirare un vento denso di paura.

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