
«Due scie che provengono da direttrici diverse, una da ovest e da una sudovest della città. Quella che fa danni è la seconda: sorvola la A-130, colpisce un palazzo di 24 piani sulla via Atlasova nel sobborgo di Nuova Mosca», racconta Roberto Zanini sul Manifesto. «Un drone ucraino, i pezzi di un drone ucraino abbattuto dalle difese elettroniche russe, i pezzi del missile russo che ha abbattuto un drone ucraino? Cambia poco. Mosca è ufficialmente a tiro». La controffensiva ucraina per la riconquista dei territori occupati, dice il presidente Zelensky, ha già la data d’inizio fissata.
Mentre Kiev sopporta il 17esimo bombardamento missilistico pesante in un mese, la notizia è che anche Mosca è stata coinvolta nella sua stessa ‘operazione speciale’. Poco, per ora poco più di un simbolo –si parla di qualche ferito leggero medicato sul posto– ma diventa la ‘notizia di guerra’ della giornata. Non è il primo attacco su Mosca, altri droni diretti sul Cremlino, ma è il primo che colpisce davvero, anche se poco, pochissimo. «E colpisce vicino al cuore del potere, nell’aera occidentale di Rublykova dove hanno le ville quelli dell’élite politico-economica – persino Putin risiede là vicino, a Novo Ogaryovo».
Di questi droni su Mosca nessuno sa ufficialmente niente, l’universo dei bugiardi. Gli Stati uniti che hanno probabilmente rifornito il costruttore ucraino Ukrjet: «Stiamo raccogliendo informazioni, in linea generale non appoggiamo attacchi sul suolo russo», fa sapere il Dipartimento di stato. Non sa nulla l’Unione europea che «raccoglie informazioni» anche lei, ed è quasi credibile. Ad esagerare come spesso accade e a dire più del prudente, il ministro degli esteri della Gran Bretagna, James Cleverly, in visita in Estonia: «gli alleati occidentali, devono riconoscere a Kiev il diritto legittimo di difendersi entro i propri confini, ovviamente, e anche di proiettare la propria forza oltre i confini, contro obiettivi militari». Il suo omologo russo, Serghey Lavrov, ha subito ribattuto: «Le rassicurazioni Nato secondo cui il regime di Kiev non avrebbe lanciato attacchi in profondità nel territorio russo, si sono rivelate del tutto ipocrite». Quindi? La parola è solo alle armi.
Il Financial Times spiega subito che è in corso un ‘modellamento’ del campo di battaglia per la controffensiva ucraina, imminente da mesi, per costringere il nemico a distrarre forze altrimenti schierate a difesa del vero obiettivo ucraino.
«La teoria delle armi difensive, concesse con riluttanza e sempre ‘a patto che’, si è sbriciolata via via che cresceva il loro calibro: dai mortai Himars ai Patriot ai carri Leopard ai caccia F-16, ogni limite è stato raggiunto e preso superato», l’amara ma incontestabile considerazione di Zanini.
In una fase in cui i vertici ucraini devono decidere con gli Stati Uniti, se e come avviare la controffensiva tanto annunciata, la strategia di Mosca sembra costretta su due coordinate, rileva Andrea Lavazza su Avvenire. La prima, strettamente militare con continui attacchi dal cielo che tengano impegnata la forza di fuoco delle batterie ucraine, distogliendole dal ruolo di supporto all’avanzata delle forze di terra. La seconda è più politica e di immagine: cercare di ribaltare su Kiev le accuse di terrorismo, sfruttando gli sporadici attacchi sul suolo russo obbligata dal fatto di avere promesso alla Nato di non usare sue armi in casa dell’invasore.
Ma nell’Alleanza, c’è divisione: la Casa Bianca non sostiene le azioni in Russia, mentre Londra afferma che sono un diritto del Paese aggredito. O più probabilmente, la recita delle diverse parti in commedia.