Anniversario ucraino, passerelle occidentali e i fatti dalla Cina

Gli stessi avvenimenti letti dall’altra parte geografiche e politico-culturale del mondo, e quasi non li riconosci. I fatti e i protagonisti. Ed ecco che l’ormai discusso predominio occidentale rischia di raccontarci e farci leggere un mondo irreale portandoci a prendere delle dolorose cantonate, se non peggio. L’attualità stretta della crisi ucraina verso l’anniversario della tragedia trasformato in un via vai di passarelle, oggi letto e raccontato dal fronte opposto. Stampa cinese e asiatica in particolare.
Le sanzioni hanno svuotato tutti i mercati russi, ma la Cina ha pensato a riempirli più di prima. Interscambio Mosca Pechino. Alta tecnologia triangolata.

Cose dell’altro mondo

Nella complicata scacchiera geopolitica ucraina, gli Stati Uniti hanno mosso il re, mentre la Cina cerca di dare scacco matto giocando i suoi alfieri.

A Kiev è arrivato Joe Biden mentre a Mosca, il Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, completa il suo tour europeo, per discutere con Putin i dettagli del ‘piano di pace’ elaborato da Xi Jinping. A leggere i giornali asiatici e quelli di Pechino, in particolare, il tono dei commenti è nettamente diverso da quello che si trova sullo stampa occidentale.
Non è vero che ci sia un riequilibrio, verso una posizione più neutrale, da parte della Cina. Piuttosto, Xi e il “nuovo corso” del Partito comunista uscito dal XX congresso, si preoccupano di seguire la loro linea di politica estera, senza però sacrificare le sfere di mercato precedentemente conquistate.
Tradotto in termini pratici, ciò vuol dire: sostegno alla Russia, ma senza mai ammettere (ufficialmente) export di tipo militare. E questo per non perdere, per colpa delle sanzioni economiche adottate contro Mosca, i ricchi mercati occidentali, a cominciare da quelli europei.

L’Ucraina per la Cina

In effetti, la politica di Xi, per quanto riguarda l’Ucraina, è quella di ottenere il massimo con il minimo sforzo, evitando tutti i possibili danni collaterali. Per far questo, i cinesi stanno applicando, alle loro strategie di ‘foreign policy’, una rigida analisi costi-benefici. Il motivo è semplice: esporsi ideologicamente non può portare a superare una linea rossa” che pregiudichi le priorità economiche.
Un rapporto, elaborato dal South China Morning Post di Hong Kong, spiega come il drastico cambiamento nelle catene di approvvigionamento, causato dalla guerra in Ucraina, abbia influenzato i volumi e la qualità dell’export cinese. Il taglio dei legami commerciali tra l’Occidente e la Russia, con la vera e propria ritirata di numerosi marchi commerciali e grandi imprese europee e americane, ha creato un immenso vuoto di mercato, che i cinesi hanno pensato subito di riempire.

Meno Europa, più Cina

In sostanza, le sanzioni economiche, concepite per mettere in ginocchio Putin, non hanno fatto altro che spostare il baricentro dei commerci verso l’Asia. Nel contempo, la Cina ha lottato strenuamente per tenere le sue relazioni con l’Europa al livello migliore possibile, nel tentativo di non perdere troppe quote di domanda. Si tratta di una visione strategica tutto sommato saggia, che dura ancora oggi, e che spiega anche la vera origine delle preoccupazioni ‘pacifiste’ di Xi Jinping.
Il suo obiettivo è quello di dividere gli interessi geopolitici più profondi del Vecchio continente da quelli degli Stati Uniti. Sono loro i veri antagonisti.
Di fatto, però, la resilienza dell’economia cinese alla ‘deglobalizzazione’, innestata con le sanzioni, è stata superiore a quella di quasi tutte le economie occidentali. Pechino ha giocato su due tavoli e ha sfruttato il mercato russo, che si è aperto anche ad altri Paesi asiatici, come il Vietnam. Certo, stiamo parlando soprattutto di manifatture, piccoli beni di consumo, beni durevoli, ma anche prodotti agricoli e di medio valore aggiunto.

Alta tecnologia triangolata

Secondo gli esperti, le grandi aziende cinesi ad alta tecnologia sono troppo legate all’Occidente, per esportare in modo massiccio verso la Russia. Ma lo possono fare società più piccole, meno esposte e controllabili e, quindi, più disposte a rischiare eventuali ritorsioni internazionali. Alicia Garcia-Herrero, capo economista per la regione Asia-Pacifico di Netfix, a questo proposito ha detto: La Cina è virtualmente l’unico posto in cui la Russia può acquistare materiali chiave come droni e semiconduttori”.

Interscambio Mosca Pechino

L’assoluta fiducia nella crescita esponenziale dell’interscambio Mosca-Pechino è anche testimoniato da altri segnali. Come scrive il SCMP di Hong Kong, “Ozon, il gigante dell’e-commerce, salutato come la risposta della Russia ad Amazon, ha aperto il suo primo ufficio in Cina nell’hub tecnologico meridionale di Shenzhen, con l’obiettivo di raggiungere, entro il 2024, 100 mila venditori locali, a causa della crescente domanda di prodotti cinesi”. Ma l’esplosione più significativa nello sviluppo dell’export, causata dalle sanzioni, è stata quella nel settore automobilistico [di cui ci scriverà tra poco Michele Marsonet, NdR]. In Russia, la quota di mercato occupata dai veicoli cinesi era del 10% all’inizio del 2022. Attualmente, col progressivo ritiro dei marchi occidentali, è passata a oltre il 30%. A questo punto, forse, si comincia a capire qualcosa di più.

Il gioco è grosso e i “gamblers” principali, manco a dirlo, sono Washington e Pechino. Kiev è solo il campo neutro, dove si gioca una doppia guerra, quella armata per i territori da contendere alla Russia, e quella per l’egemonia economica e finanziaria del mondo che verrà.

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