Le segrete armi italiane all’Ucraina, tutte da difesa, ci dicono: ma i droni kamikaze appena acquistati?

I reparti speciali delle forze armate italiane impiegheranno i droni kamikaze nelle future missioni di guerra. Letta così, su ‘Pagine Esteri’, suona davvero male. ‘Future missioni di guerra’ contro chi? Il 13 dicembre 2022 sulla ‘Tenders Electronic Daily’, la Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea. Acquisto del ‘Sistema di Munizioni a guida remota’ denominato ‘Loitering Ammunition Hero-30’pubblicato e metà luglio, governo Draghi e pessime intenzioni ora bipartisan per 3.878.000 euro più IVA. Top secret il numero delle munizioni anche se la consegna è prevista già a partire da quest’anno. Poi altre questioni su le spese per le armi lasciate fuori dal Patto di stabilità, e la ben strana ‘Relazione annuale sulle esportazioni e importazioni di materiali d’armamento’.

Micidiali sistemi di guerra e non di difesa

L’acquisto è avvenuto senza che le autorità italiane pubblicassero preventivamente un bando di gara sulla Gazzetta ufficiale in quanto essi «possono essere forniti solo da un particolare offerente per ragioni tecniche», cioè il segreto imposto dal venditore che scopriremo israeliano. A firmare il contratto con il Ministero della Difesa, RWM Italia S.p.A. con sede legale a Ghedi (Brescia), azienda produttrice di bombe e munizioni interamente controllata dal colosso industriale tedesco Rheinmetall. RWM Italia opera tuttavia per conto di UVision Air Ltd., società produttrice di droni e sistemi bellici con quartier generale e stabilimenti nel ‘Sapir Industrial Park’ di Tzur Igal, Israele.

Loro sì che di armi se ne intendono

Ma di che arma parliano? Ci affidiamo al racconto di Antonio Mazzeo, su ‘Pagine Esteri’ che sa, da pacifista militante. ‘Loitering Ammunition Hero-30’ è un tubo che all’interno contiene un drone comandato da un solo uomo”, spiega il Ministero della Difesa nella scheda tecnica predisposta per le Camere. «La versione originale ha un peso di 3 Kg circa con un ‘range operativo’ ‘ dai 5 ai 40 km, con un’autonomia di volo di 30 minuti». Per capirci meglio, ‘con quel tubo’ puoi far saltare in aria l’auto blindata di chi vuoi e da distanza di massima sicurezza per il killer. E il pensiero corre alla strage di Capaci per ammazzare Falcone senza dover sventrare l’autostrada! Arma più da terroristi che da forze armate, viene da pensare, ma noi siano certamente maliziosi oltre che impreparati militarmente.

Ed ecco che il ministero spiega che i nuovi mini-droni saranno consegnati alle forze speciali di Esercito, Marina, Aeronautica e Arma dei Carabinieri, sperando forse di rassicurarci. Ma per combattere e colpire chi?

Istruttori israeliani che, cronaca di oggi da Jenin, la armi le usano molto

«L’azienda israeliana assicurerà un pacchetto addestrativo completo per sei operatori, della durata di tre settimane, da svolgersi in Israele presso la sede di UVision, con 12 sortite con munizionamento inerte…».

Droni killer a chiamarli col vero nome

Nonostante le autorità governative italiane abbiano scelto di indicare i nuovi sistemi d’arma a guida remota con il termine meno allarmante di ‘munizioni circuitanti’, parliamo di veri e propri droni kamikaze, singoli mini velivoli carichi di esplosivo che, avvistato l’obiettivo da colpire, si lanciano in picchiata e si fanno esplodere al momento dell’impatto. «Sono letali, precisi, rapidi e sicuri come i droni armati normali perché possono centrare bersagli fissi o anche in rapido movimento senza la necessità di truppe a terra e senza bisogno di aspettare il supporto aereo di elicotteri da attacco o cacciabombardieri esposti al fuoco nemico», spiega l’Osservatorio MILEX sulle spese militari.

Export armato planetario

Secondo il sito specializzato statunitense Defense News, UVision avrebbe sottoscritto nel 2021 un accordo strategico con RWM Italia SpA per la produzione su licenza e lo sviluppo dei droni kamikaze di diverse tipologie Hero. «La partnership consente a RWM Italia di operare come prime contractor per il mercato europeo, fornendo e producendo alcune componenti delle munizioni, assemblando sistemi e gestendo il supporto logistico», riporta Defense News. Ma soprattutto, «La collaborazione con l’Italia assicura alla società israeliana l’accesso diretto al mercato europeo e i mezzi con cui promuovere le sue armi alle forze armate del continente».

Italia con l’elmetto: armi fuori dal Patto di stabilità

Altra questione critica, le spese militari fuori dal Patto di stabilità. Per il ministro alla Difesa Guido Crosetto, che ha illustrato i suoi programmati alle commissioni difesa di Camera e Sanato, si tratterebbe di una faccenda «meramente tecnica», ma non tutti sono d’accordo, anche in Europa. Come segnala Mario Di Vito sul Manifesto, rifermento gli accordi Nato di Ramstein che porteranno l’Italia ad aumentare le proprie spese militari fino al 2% del Pil entro il 2028

Ma con l’Ucraina, più soldi e meno armi

«L’aiuto che abbiamo dato in questi mesi all’Ucraina ci impone di ripristinare le scorte che servono per la difesa nazionale». Tradotto: tutte le forniture di armi inviate a Kiev negli ultimi undici mesi – siamo a cinque carichi, con il sesto in arrivo a breve – hanno un peso sull’arsenale italiano, che presto o tardi (più presto che tardi) andrà rimpinguato. Da qui l’esigenza di effettuare «una profonda evoluzione sul piano ordinativo, logistico, tecnologico e normativo», in attesa di una comprensibile traduzione nei fatti.

Arsenali vuoti

Dopo la puntata in commissione, nel pomeriggio Crosetto è andato anche al Copasir per discutere del sesto pacchetto – primo del governo Meloni – di aiuti militari da mandare in Ucraina. Il nodo principale riguarda le batterie missilistiche Samp-T di brevetto italo-francese. L’Italia ne ha in dotazione cinque, da un miliardo di euro l’una, con di questa promessa all’Ucraina e con lo stesso Crovetto che una decina di giorni fa ha annunciato che sarà spostata in Slovacchia con relativo equipaggio militare italiano. Spiegazione non pervenuta.

Segreti di comodo o soltanto pasticciati?

Inviata nei giorni scorsi ai presidenti di Camera e Senato la Relazione annuale sulle esportazioni e importazioni di materiali d’armamento. 2.423 pagine in cui viene detto che a fronte infatti di oltre 3,6 miliardi di euro di licenze all’esportazione relativi ad «autorizzazioni individuali», la relazione riporta solo poco più di 225 milioni di euro di consegne effettive. Un’assurdità considerato che negli anni scorsi le consegne ammontavano mediamente ad oltre 2,5 miliardi di euro. Ma di questo ne parliamo un’altra volta.

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AVEVAMO DETTO

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