
Basta borsa d’azzardo di Amsterdam a fissare il presso internazionale del gas, ma al suo posto un nuovo indice calcolato sulla media quotidiana dei prezzi di tre listini chiave nel mercato internazionale delle materie prime: 1) l’Henry Hub americano, con prezzi storicamente inferiori a quelli del mercato olandese, anche per il fatto che gli Stati Uniti restano un grande produttore di gas naturale liquido; 2) Il Jkm, la misura del mercato asiatico; 3) Il Brent, la borsa del petrolio di Londra storicamente condizionata dalle forniture norvegesi, con i suoi duemila miliardi al giorno di titoli scambiati. Sempre in grandi investitori di capitali a decidere, ma almeno a più chiavi di lettura, comprese diverse sensibilità politiche, che non è poco.
Sono gli elementi chiave del piano che l’Italia presenterà al Consiglio Ue dei capi di governo previsto a Praga da giovedì. L’ennesimo tentativo per convincere i Paesi restii dell’Europa per raggiungere una posizione comune sul prezzo del gas cresciuto anche di venti volte rispetto all’anno scorso.
La proposta sostenuta dall’Italia e altri 14 Paesi, tra cui Francia e Spagna, di fissare un prezzo massimo a tutte le importazioni di gas in Europa, dunque, non ha trovato consenso a Bruxelles. Tra i Paesi che si sono opposti ci sono: Belgio, Lussemburgo, Austria e soprattutto la Germania, che ha deciso di puntare su un piano da 200 miliardi per difendere le aziende e le famiglie tedesche dal caro gas e spingere il prezzo verso il basso per i consumatori tedeschi.
Ma la Germania – accusata dai partner europei di proseguire su una strada «non solidale» e di puntare su «aiuti di Stato» generalizzati (vietati dalle regole Ue) – non è sola: tra i contrari al «price cap» ci sono anche i Paesi Bassi che, come Norvegia e Stati Uniti, che hanno aumentato i propri profitti grazie alla crisi e continuano a farne nell’indecisione degli Stati europei. Mentre l’Europa baltica si considera ormai coinvolta direttamente nella guerra alla Russa, a colpi di Gas, inflazione, e anche di peggio.
Passi o non passi la proposta italiana, il prezzo del gas, di energia e di elettricità «sarà strutturalmente alto per i prossimi tre-quattro anni», valutano gli esperti. Ed ecco che l’incertezza di un fronte si somma ad un altra spasso ancora più ‘variabile’. Il meteo per l’inverno: più sarà rigido, più i consumi saliranno erodendo gli stoccaggi, ormai al 90% per l’Italia, che però rappresentano solo il 20% del nostro fabbisogno annuale di metano.
Ieri l’Agenzia internazionale dell’Energia (IEA) ha condotto un’analisi del mercato del gas dell’Ue in caso di stop dell’approvvigionamento russo a partire dal primo novembre. «Senza riduzioni della domanda e se l’offerta dei gasdotti russi s’interrompesse completamente, i livelli di stoccaggio della Ue si ridurrebbero al 20% a febbraio 2023, supponendo un livello elevato di fornitura di Gnl, e vicino al 5%, supponendo invece una fornitura di Gnl bassa».
I grandi fornitori di gas liquido potrebbero preferire gli energivori come Cina e India. Il consumo di gas in Europa è già diminuito di oltre il 10%, trainato da un calo del 15% del settore industriale poiché le fabbriche hanno ridotto la produzione. Altre potrebbero essere presto essere costrette a chiudere, innescando una autentica bomba sociale.