Bozza di colpo di stato del ministro di Bolsonaro. Brasile lacerato con frange pronte a tutto

l colpo di stato in Brasile in una bozza di decreto trovata a casa dell’ex ministro bolsonarista Torres, dichiarato latitante e anche lui, come il suo presidente mentore e complice, ora negli Stati Uniti. Doveva fermare il tribunale elettorale e invertire l’esito del voto. «Connivenze con polizia e esercito»: il governo chiede di procedere contro l’ex presidente

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Bozze di golpe, Bolsonaro nei guai

A casa dell’ex ministro della giustizia Anderson Torres, ora latitante, le minute di un decreto per rovesciare le elezioni. Ed ecco che le ferie per Bolsonaro negli Stati Uniti, nonostante qualche guaio di salute, potrebbero finire presto, a male. Il visto Usa, privilegio presidenziale scaduto assieme alla sua carica, e la sua presenza che diventa di giorno in giorno sempre più imbarazzante per l’amministrazione Biden. Se non, addirittura, un mandato di cattura internazionale dal Brasile che lo vuole processare. E come annota la sempre ben informata Claudia Fanti sul Manifesto, «non c’è nemmeno più a proteggerlo il ‘foro privilegiato’», il diritto delle alte cariche dello Stato di non essere giudicate penalmente dai tribunali comuni.

Il ministro e la bozza di golpe

A far precipitare ulteriormente la sua situazione è stato Anderson Torres, il suo ministro della Giustizia, poi segretario di Sicurezza pubblica del Distretto federale. Inquisito per i disordini e per l’assalto al parlamento federale di Brasilia, una perquisizione in casa sua ha fatto scoprire la bozza di un documento in cui il braccio destro di Bolsonaro programmava le azioni per ribaltare il risultato delle elezioni di ottobre. Una bozza di decreto il cui obiettivo era portare Bolsonaro ad assumere il controllo del Tribunale superiore elettorale, in maniera che si auto dichiarasse vincitore. Golpisti sfacciatamente arroganti.

Bolsonaristi tutti negli Usa?

L’ex ministro Torres dagli Stati Uniti –anche lui lì- ha annunciato la sua intenzione di tornare in Brasile per costituirsi –difficile che accada realmente-, e ha provato a giustificarsi affermando che il documento avrebbe dovuto essere «triturato». Non l’averlo scritto, ma non averlo distrutto, la colpa ammessa. La classica pezza peggiore del buco, col documento che «è stato estrapolato dal ‘contesto’ per danneggiarlo». Quale ‘contesto’ rispetto ad un documento ministeriale una volta tanto chiarissimo? Poi il tentativo di farla passare come una delle ‘ipotesi di lavoro’ fra molte altre.

Documento esplicito

Ma la bozza di decreto trovata dalla polizia federale in un armadio di casa sua non si può certo far passare come una proposta tra le tante. Nel documento era prevista la dichiarazione dello «stato di difesa» per la sede del Tribunale superiore elettorale -un meccanismo a cui il presidente può ricorrere in caso di instabilità costituzionale – «regolamentando l’accesso agli uffici (e naturalmente al trattamento dei dati telematici relativi alle urne elettroniche) e costituendo una ‘commissione di regolarità elettorale’, con l’obiettivo di garantire la preservazione o l’immediato ripristino della correttezza del processo elettorale del 2022».

Bolsonaro come mandante

«Un piano golpista a tutti gli effetti che rimanda dritto dritto a Bolsonaro, contro cui non a caso il capogruppo della maggioranza al Senato Randolfe Rodrigues ha subito presentato alla Corte suprema la richiesta di aprire una nuova indagine». La quale si aggiunge a quella inviata da 80 pubblici ministeri alla Procura generale della Repubblica affinché Bolsonaro sia indagato per ‘istigazione a delinquere’ in relazione agli atti golpisti dell’8 gennaio. Ma per l’ex presidente le cose non si mettono bene neppure negli Stati uniti –aggiunge Claudia Fanti-, dove 46 deputati del Partito democratico hanno sollecitato Biden a revocargli  il diplomatico, sollecitando un’indagine dell’Fbi sul ruolo da lui giocato in territorio statunitense nell’assalto ai palazzi delle istituzioni.

Bufera anche sulle forze armate

Continua la bufera anche sulle forze armate, mentre affiorano nuove prove sulla loro complicità con i golpisti. «C’è stata molta gente connivente tra la polizia militare, tra le forze armate», ha dichiarato Lula durante un incontro tenuto giovedì con la stampa. «Sono convinto che la porta del Planalto sia stata aperta per far entrare queste persone, perché non è stata sfondata, qualcuno ha facilitato il loro ingresso».

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