Francia potenza atomica, la Russia e la Nato ma senza De Gaulle

La Francia di Macron che minaccia la Russia di intervento quasi Nato in Ucraina senza il consenso di nessuno, ad esibire i suoi muscoli nucleari. Quasi un ‘già visto’, ma alla lontana, dalla seconda guerra mondiale, ma con ben altri protagonisti. La Francia di allora che non era ancora atomica, che la guerra la stava combattendo e liberare casa, che il nemico da combattere non era la Russia, e che guidare l’orgoglio nazionale si chiamava De Gaulle.

Prologo in tempo di guerra

Alla vigilia dello sbarco in Normandia, Charles de Gaulle, che in pratica aveva assunto la presidenza del governo francese in esilio dopo la sconfitta della Francia nel giugno 1940, lanciò un proclama radiofonico in cui affermò che la lotta in corso era «per la Francia e della Francia»: indubbiamente lo era dal suo punto di vista, ma gli alleati – che oltre tutto stavano sostenendo lo sforzo principale – non furono menzionati che indirettamente e di sfuggita -l’orgoglio nazionale che si confonde con l’arroganza-, e si rischiò una seria crisi.
Insistendo con energia de Gaulle ottenne poi che il paese liberato non fosse sottoposto all’amministrazione militare alleata – come accadde invece ad esempio all’Italia – e il potere legittimo del governo francese dell’anteguerra (cioè il suo) fosse ripristinato mano a mano con l’avanzata delle forze alleate e il ritiro dei tedeschi. Infatti i ‘maquis’, i partigiani francesi controllati dal Comitato di Liberazione Nazionale, furono sempre i primi a liberare le città e ad assumerne il controllo nel nome del governo francese.
Nel corso dei festeggiamenti che si svolsero a Parigi dopo la liberazione nell’agosto 1944, quando un esponente della resistenza lo esortò a ‘proclamare’ la repubblica davanti alla folla festante, il generale rispose freddamente «c’è già»: non lo disse apertamente, ma la repubblica era lui.

Francia di fronte a Nato, Russia e UE

«Protezione si, protettorato no»

Il 7 marzo 1966 Charles de Gaulle, presidente della repubblica francese, annunciò ad uno sconcertato presidente U.S.A. Lyndon Johnson che la Francia, pur restando politicamente all’interno dell’Alleanza Atlantica, sarebbe però uscita dagli accordi ‘militari’, ossia dal sistema di ‘comando integrato’ (e americano): le forze statunitensi sul suolo francese (ventisettemila uomini, sparsi in una trentina di basi, con navi e aerei) lasciarono il paese e lo stesso alto comando fu trasferito a Bruxelles.
L’idea originaria non era però scacciare gli americani, ma una sorta di triumvirato Francia-Gran Bretagna-Stati Uniti riducendo il peso dei paesi medi e piccoli. Per sviluppare una propria forza nucleare la Francia non aveva tuttavia atteso il 1966, ma – a partire dagli anni Sessanta – aveva iniziato a sviluppare un proprio arsenale: missili terrestri a testata nucleare, ordigni da bombardamento aereo e missili di tipo Polaris, lanciabili cioè da un sottomarino nucleare.
Il risultato fu che la Francia non intervenne in quelle situazioni in cui invece la Nato si trovò invischiata a cominciare dal 1989, cioè dalla dissoluzione del Patto di Varsavia. Aumentò l’autonomia francese in altre situazioni e nel 2003 Chirac poté così criticare e condannare l’intervento in Irak. Nel 2009 la Francia tornò nella Nato, ma continuò ad assumere iniziative proprie ad esempio in Africa e strinse un accordo nucleare con la Gran Bretagna.

«Europa dall’Atlantico agli Urali»

Assai prima della rottura con la Nato, de Gaulle aveva pronunciato un’altra storica frase che aveva turbato il delicato equilibrio bipolare. Il 23 novembre 1959, in un memorabile discorso a Strasburgo, affermò che l’Europa che avrebbe deciso dei destini dl mondo si stendeva «dall’Atlantico agli Urali» e parte integrante di questa strategia di allargamento europeo fu anche il fatto che non parlò mai più nei discorsi ufficiali di ‘Unione Sovietica’, bensì solo di ‘Russia’. L’idea era insomma ridurre l’influenza americana sul continente controbilanciandola con una crescita europea che si estendesse al di là degli storici confini ad oriente.
Passò molto tempo e il concetto di Europa storica ‘estesa’ fu ripreso dal presidente Mikhail Gorbachev nel 1987 a Praga trasformandolo in ‘casa comune europea’. Purtroppo la caduta del muro non creò alcuna possibilità di unione o estensione e l’Europa orientale rimase in preda alle sue difficoltà e alla disgregazione fino a quando alcuni paesi non entrarono singolarmente a far parte della Nato o dell’Unione Europea.
Il fallito colpo di stato a Mosca nel 1991 e il decennio balcanico avevano richiamato l’attenzione sui movimenti autoritari o neo-imperialisti e allontanato definitivamente la prospettiva di una neutralizzazione con il ritiro di tutte le truppe stanziate in Europa.

Le «sedie vuote» a Bruxelles

Nel 1965 de Gaulle fu all’origine di un momento di tensione all’interno delle istituzioni europee: Il 30 giugno decise infatti di boicottare le riunioni del consiglio dei ministri della Comunità Economica Europea (non esisteva ancora l’UE) bloccandone così le attività. La Commissione aveva infatti proposto modifiche alla politica agricola comune, un rafforzamento al parlamento europeo e votazioni a maggioranza qualificata e non più all’unanimità.
Viste le difficoltà nel raggiungere un compromesso, de Gaulle decise semplicemente di non mandare più delegati francesi alle riunioni le cui sedie rimasero infatti ‘vuote’ fino al cosiddetto «compromesso del Lussemburgo» nel gennaio 1966. Nonostante il voto a maggioranza qualificata fosse stato previsto nei regolamenti, fu mantenuta la regola dell’unanimità, che divenne una sorta di diritto di veto ogni qualvolta che uno stato avesse ritenuto lesiva dei propri interessi una decisione.
Nel frattempo però il primo presidente della commissione europea, il tedesco Hallstein era stato costretto a dimettersi e non erano state prese decisioni. Solo nel 1987, con l’approvazione dell’Atto unico europeo, il consiglio dei ministri delle comunità europee reintrodusse la maggioranza qualificata anche se limitatamente ad alcune materie.

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Caccia francese Mirage 2000

Le atomiche francesi

I primi passi della Francia per dotarsi di un arsenale nucleare risalgono al 1954, iniziativa rafforzata con la presidenza di Charles de Gaulle, secondo cui, affidarsi agli Stati Uniti per la difesa nucleare della Repubblica era, oltre che rischioso, inaccettabile.
Il primo ordigno atomico francese fu fatto esplodere nel 1960 nel Sahara algerino, facendo diventare la Francia quarta potenza nucleare nel mondo di allora dopo USA, URSS e Regno Unito, ma da sempre avara di dati sul suo arsenale nucleare.
Al giorno d’oggi, Parigi ha a disposizione ben 300 testate nucleari dispiegabili sia per aria che per mare.
48 missili con testate atomiche su quattro sottomarini nucleari. 54 i missili supersonici aria-terra su Jet militari di tipo Mirage e Rafale.

 

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