Dopo che nel 2019 una coalizione di forze civili riuscì a far cadere il dittatore Bashir, al potere per trent’anni, si sperava che il Sudan potesse intraprendere un percorso democratico.
Purtroppo non è stato così, poiché due fazioni militari hanno iniziato a combattersi aspramente, e praticando entrambe stragi continue ai danni della popolazione civile. Da un lato l’esercito regolare (Saf) del generale Abdel Fattah Burhan. Dall’altro le “Rapid Support Forces” (Rsf), comandate dal generale Mohammed Dagalo, detto Hemedti, già vice di Burham.
Non vi sono motivazioni ideologiche che spiegano il conflitto, bensì solo aspirazioni di potere personale dei due generali, entrambi appoggiati da referenti stranieri. Nel frattempo il Paese è precipitato nel caos. Si calcola siano 20 milioni i sudanesi che soffrono la fame, con milioni di sfollati (soprattutto in Ciad e in Libia).
Ora le forze politiche che contribuirono alla caduta di Bashir stanno tentando una difficile opera di mediazione tra i militari in lotta tra loro, mediazione che finora non ha sortito risultati. Yasir Arman, il 62enne leader del “Sudan People’s Liberation Movement” (SPLM) è convinto che la strada della democratizzazione sia l’unica adatta per far uscire la nazione africana dal caos, ma sa bene che no è facile da percorrere.
I due generali in lotta non vogliono sentir parlare di tregua, e puntano entrambi sulla sconfitta dell’avversario. Arman nota pure che gli islamisti, molto forti ai tempi di Bashir, lo sono rimasti anche dopo ed esercitano una notevole influenza tanto nell’esercito di Burham quanto in quello di Dagalo “Hemedti”. Per questo sostiene che è necessario restituire il potere ai civili se si vuole davvero porre termine alla guerra.
A tal fine oltre 100 esponenti del mondo politico e civile sudanese si sono riuniti a Addis Abeba per selezionare una nuova leadership in grado di contrastare i militari. Verrà chiesto l’intervento dell’Onu e dell’Organizzazione per l’Unità Africana, peraltro già alle prese con una miriade di conflitti nel continente.
Arman sostiene inoltre che il sostanziale disinteresse della Ue per quanto avviene in Sudan è incomprensibile e deleterio. E’ infatti molto probabile che, in assenza di pace, milioni di profughi si riverseranno in Europa, sbarco in Italia, aggravando un problema che già ora è difficilmente gestibile.