
«Attorno a questa gloriosa istituzione che negli anni ha salvato migliaia di vite umane, si addensa oggi un’impenetrabile coltre di nebbia. Alle domande che si sollevano ciclicamente dopo l’ennesima strage di migranti, si contrappone infatti un silenzio totale su responsabilità, catene di comando, origine degli ordini». Svelare questi intrighi di palazzo è solo il punto di partenza di una complessa inchiesta che coinvolge mafie mediterranee, oligarchi russi, trafficanti di uomini e contrabbandieri di petrolio, per un giro di affari di miliardi di euro.
Il Mediterraneo divenuto il palcoscenico della più vasta ‘operazione di distrazione di massa mai conosciuta negli ultimi decenni’, denuncia Scavo. «Attingendo ai pregiudizi sullo ‘straniero’ e manipolando le informazioni, nonostante le ripetute condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo e i reiterati appelli delle Nazioni unite, si è arrivati a istituzionalizzare la deportazione di massa, la tortura, l’eliminazione fisica di decine di migliaia di esseri umani». Non con il silenzio, ma con la complicità della politica e delle opinioni pubbliche.
Come avrebbe detto Camus: «Davanti a quella notte carica di segni e di stelle, mi aprivo per la prima volta alla dolce indifferenza del mondo».
Una guerra mondiale non dichiarata tra le principali potenze politiche, militari ed economiche che stanno cercando di egemonizzare il ‘Mare Nostrum’ divenuto bordello: «Turchia, Russia, Egitto, Arabia Saudita, Qatar, l’intera Nato con l’ambiguità degli Usa, l’incertezza dell’Italia, il cinismo della Francia e le ripercussioni della guerra in Ucraina. Per arrivare in fondo a questa indagine giornalistica abbiamo dovuto scontrarci con il muro di gomma messo a protezione dei segreti».
Uno Stato che mente davanti alle inchieste dei giornalisti è uno Stato che legittima chi li minaccia e intimidisce. Uno Stato che favorisce e stimola il discredito, l’emarginazione, fino a legittimarne con i suoi complici silenzi l’eliminazione fisica. Come è accaduto a Malta dove nel 2017 venne uccisa con un’autobomba la giornalista investigativa maltese Daphne Caruana Galizia, la cui morte ha molto a che fare con gli affari sporchi lungo le rotte del Mediterraneo (…). Per venirne a capo, bisogna ficcare il naso a La Valletta.
Il catalogo dei tentativi di dirottare il lavoro serio di ricerca con il tempo si è fatto quasi monotono. Lo stratagemma più adoperato è quello dei messaggi attraverso social network inviati da sedicenti migranti su navi delle Ong dalle parti delle coste libiche, così da scappare dai campi di prigionia imbarcandosi sui gommoni: forse un raggiro ideato nella speranza di dimostrare collusioni dello stesso cronista con i trafficanti di uomini. Un flusso di informazioni false e depistaggi per far deragliare le inchieste che puntano al bersaglio vero.
Nel corso dell’indagine sulla strage di Pasquetta a Malta nel 2020, il New York Times ammetteva di aver usato le inchieste di Avvenire: applausi e maggior rischio, ma utile collaborazione ad evitare ciò che è capitato a Daphne Caruana Galizia, che è morta perché lasciata sola.
La più grande organizzazione politico-criminale che si sia mai vista in Europa e nel Mediterraneo che ammazza ma non può fare strage di tutti i ficcanaso, mentre il 25 gennaio 2023 il ministro Nordio rispondendo a interrogazioni parlamentari parla per la prima volta di «mafia libica». Mafia transmediterranea, Libia via Malta, con meschini attracchi politici di casa nostra.