Pechino accoglie la ministra di Biden e lascia fuori dalla porta l’Europa gregaria

Biden, dopo avere minacciato fulmini e saette contro Xi Jinping, spedisce la ministra del Tesoro Yellen a Pechino, accolta con mille riguardi. All’Unione Europea che cerca di fare lo stesso con Josep Borrell, porte in faccia. I cinesi hanno rifiutato di riceverlo stracciando un appuntamento al vertice col potentissimo Qin Gang, braccio destro di Xi e Ministro degli Esteri del colosso asiatico.

Politica estera Ue, ‘copia incolla’ di quella Usa

Due pesi e due misure? Peggio. Solo il peso che conta veramente. Foreign policy di Bruxelles, ormai ridotta a una burocratica di ‘copia e incolla’, a seconda degli input che arrivano da Washington la valutazione cinese di fatto, con sgarbo inconsueto a sottolineare. Così, mentre Joe Biden pensa a cominciare la campagna per le Presidenziali, salvando almeno il registratore di cassa con Pechino, l’Europa gira in tondo e recita obbediente la parte assegnatale in copione, scagliandosi (a comando) contro l’espansionismo cinese. E guastando, senza alcun senso geopolitico, rapporti che tutti dovrebbero avere, invece, la preoccupazione di normalizzare.

Ue arruolata nella Nato

L’inciampo diplomatico europeo è ancora più grave, perché la visita di Borrell era stata annunciata, con grande spolvero, dallo stesso ambasciatore UE a Pechino, Jorge Toledo. In sostanza, il meeting con Qin Gang avrebbe potuto addirittura segnare una svolta nelle relazioni politiche e, soprattutto, commerciali tra Cina ed Europa. Ma quello che colpisce di più, in questa storia a sghimbescio, e che mostra una certa ‘improvvisazione’ della classe dirigente europea, è la sorpresa con cui è stata accolta la reazione di Pechino. A Bruxelles, non se l’aspettavano. Dimostrazione che nell’Unione le mosse, in politica estera, obbediscono a fini più tattici che strategici. Di breve periodo, per capirci.

La pezza esalta il buco

«Sfortunatamente, siamo stati informati dalle controparti cinesi – ha detto la portavoce UE, Nabila Massrali – che le date previste per la prossima settimana non sono più possibili. E ora dobbiamo cercare alternative». Chiaramente, alla Commissione (di cui Borrell è pure vicepresidente) non potevano certo dire che, il rifiuto cinese, è solo ed esclusivamente una rappresaglia.

Dove sbagliano gli europei?

Beh, pensano con la testa degli americani: i valori di fondo sono senz’altro condivisi, ma questo non significa che gli interessi debbano sempre essere simili o convergenti. Esistono delle situazioni, in cui l’Europa dovrebbe avere la libertà assoluta di sviluppare le sue relazioni, senza ‘interferenze’. Soprattutto se, per giustificare un tale stato di coartazione geopolitica, s’invocano sempre e comunque ragioni di ‘sicurezza nazionale’. Tutte da dimostrare. Il paradosso è che, in questa fase, Xi Jinping cerca maggiori legami col Vecchio continente, ma non riesce ad avere un’interfaccia credibile. Pensava di averla trovata in Macron, che però ha i suoi grossi problemi. Mentre, all’insaputa di tutti (e come al solito) quelli che fanno i fatti sono i tedeschi. La Germania, in questo momento e per molti motivi, può essere il vero punto di riferimento per la Cina in Europa.

Ma, detto questo, dall’analisi si evince come la costruzione di rapporti privilegiati sia quasi sempre bilaterale. L’Unione, insomma, intesa come ‘blocco’, è ferma o si muove come un pachiderma, lacerata da veti incrociati.

Pachiderma imbizzarrito

Venerdì scorso, il Consiglio europeo (manco a farlo apposta) ha approvato un documento che delinea alcune linee strategiche, da seguire nelle relazioni col colosso asiatico: «La Cina dev’essere considerata, contemporaneamente, un partner, un concorrente, e un rivale sistemico». Tutto e il contrario di tutto, insomma, a seconda di chi si trovi a fare ‘business’ dall’altro lato. Questa ‘diplomazia a geometria variabile’, in cui i buoni e i cattivi dipendono da chi paga e da quanto offre, non è nobile. Ma funziona. Se sai usarla, avendo gli ‘attributi’ per gestirla, nel bene e nel male. E qui, torniamo a Janet Yellen, per dire che la più preparata degli amministratori del governo Usa è, probabilmente, quella che più di altri ha le ‘chiavi’ giuste per entrare nel cuore dei cinesi. Ha capito che con il ‘disaccoppiamento’ (dall’economia di Pechino) non si va da nessuna parte, perché crollerebbe la catena globale di approvvigionamento produttivo. E costruirne un’altra sarebbe un mezzo suicidio.

Per cui, Yellen può riuscire a creare quei ponti indistruttibili, tra Washington e Shanghai, che Blinken, il Segretario di Stato, può solo disegnare sulla carta. E Lloyd Austin, il capo del Pentagono, vorrebbe solo bombardare.

La lite sempre per la coperta

Sapete qual è la differenza tra l’America e l’Europa nei confronti della Cina? Nessuna. Biden ‘disaccoppia’, noi (per fargli un favore) facciamo la stessa cosa, ma la chiamiamo ‘de-risking’. Solo che lui manda la Yellen e la accolgono con la musica noi spediamo Borrell e lo lasciano in mezzo a una strada.

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