Italia ufficialmente nel Mar Rosso tra guerra ed ecodisastro

Il Parlamento ratifica cosa già fatta. Missione Mar Rosso. Grande preoccupazione per la libertà dei commerci occidentali che passano dal Mar Rosso, ma nessuno sembra particolarmente interessato al rischio di disastro ecologico che incombe sull’area, denuncia il Manifesto. Prima la parte politica col Parlamento che insegue i fatti decisi dal governo, mentre in quei mari i pericoli si moltiplicano e si fanno diversi.

Il Parlamento approva a cose fatte

Ieri Camera e Senato hanno approvato a larghissima maggioranza, il documento del governo per la partecipazione dell’Italia alla missione militare navale Aspides, e lo ha fatto dopo la relazione del ministro degli esteri Tajani, «una sintesi di gravi non-detti e ambiguità pesanti», denuncia Tommaso Di Francesco. La prima cosa che il ministro non ha detto è che la nave militare Caio Duilio si è già trovata in una azione di guerra ben prima del voto in Parlamento. Siamo al fatto compiuto.

Sul perché ‘partono le cannoniere’

«Sul libero commercio c’è da dire che è ormai in corso da anni un conflitto protezionistico, fatto di dazi e prebende capitalistico-finanziarie di carattere ipernazionalista, che vede come attori non gli Houthi ma i competitor internazionali, non solo Cina contro Usa e viceversa, ma anche Usa vs Ue».

L’ecodisastro ignorato o nascosto

Altro tema ancora forse più scottante perché nascosto, ciò che sta accadendo nelle acque si quei mari, tra quello Rosso e il Golfo Persico. E Giansandro Merli parte de un dettaglio da brivido.

«Il 2 marzo, 13 giorni dopo essere stata colpita dai missili degli Houti, è affondata la nave Rubymar. In una prima comunicazione del 24 febbraio, il comando centrale statunitense ha dichiarato che il cargo, battente bandiera del Belize ma di proprietà britannica, trasportava oltre 41mila tonnellate di fertilizzante. In un secondo tweet del 3 marzo le stesse autorità Usa hanno fatto riferimento a 21mila tonnellate di fertilizzante a base di solfato fosfato di ammonio».

Allarme Greenpeace

Se l’acqua facesse breccia nello scafo entrando in contatto con una simile quantità di prodotti chimici si sconvolgerebbe «l’equilibrio degli ecosistemi marini, innescando effetti a cascata lungo tutta la catena alimentare» con conseguenze su specie animali e comunità costiere, denuncia Greenpeace. Servono misure urgenti per scongiurare un’imminente crisi ambientale».

Comando Usa: la nave è affondata

Il Comando centrale dell’esercito Usa ha diffuso l’immagine della Rubymar inclinata su un fianco mentre affonda mettendo a rischio l’ecosistema delle acque territoriali dello Yemen e di tutto il Mar Rosso. Wadah Al-Madhaji, direttore del Dipartimento della Pesca della provincia di Taiz, ha dichiarato che le conseguenze dell’inquinamento ricadranno su l’intera regione: «Sarà una catastrofe. Tutte le specie saranno colpite in varia misura. La contaminazione chimica continuerà per anni. Riprendersi dalla contaminazione chimica sarà molto difficile, soprattutto per lo Yemen e i Paesi vicini con scarse capacità scientifiche e tecnologiche».

Cosa fare, e chi?

La questione, ovviamente, è quale autorità dovrebbe farlo. Nell’area del Mar Rosso mancano unità navali antinquinamento specializzate e mezzi in grado di contenere e neutralizzare gli inquinamenti marini. E torniamo all’inizio, all’Italia, che ieri ha votato la missione Aspides. Dal ministero della Difesa fanno sapere che il fronte anti disastro ambientale non rientra tra i suoi compiti e da quello degli Esteri che «non cisono discussioni in corso». Insomma, neppure se ne parla.

Tra ignavia e incoscienza

«Eppure il nostro paese disporrebbe delle capacità tecniche e logistiche necessarie ad allestire prontamente una task force di pronto intervento antinquinamento, che andrebbe schierata in un porto ospitante quanto più possibile prossimo allo Stretto di Bab el-Manteb», dice una fonte di alto livello che preferisce restare anonima. «Bisognerebbe insistere a livello Ue per accelerare i tempi, ma la questione sembra fuori da qualsiasi orizzonte», ammette il cronista.

Nell’attesa altre cose in fondo al mare

La Rubymar è stata la prima nave affondata dagli Houti, ma rischia di non essere l’ultima. Nonostante le missioni militari occidentali. Soprattutto se il governo israeliano di Netanyahu non darà qualche segnale sulla carneficina di Gaza da qui a domenica, inizio della festività religiosa musulmana del Ramadan.

 

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