Le paci cinesi dopo le guerre che hanno segnato la storia

All’indomani della II Guerra mondiale – nonostante la fine dell’occupazione giapponese e la ritirata degli sconfitti – la Cina dovette affrontare una lunga guerra civile che si concluse solo nell’ottobre 1949, quando Mao Ze Dong annunciò, dall’alto della Porta della Pace Celeste (oggi conosciuta come Tien’anmen), la nascita della Repubblica Popolare Cinese.
La guerra civile e la ferita aperta Taiwan. La guerra di Corea e il 38° parallelo. 1954: il disgelo sovietico e il piano quinquennale cinese. Rivoluzione culturale, l’ultimo scossone prima dello sviluppo

La guerra civile e la ferita aperta Taiwan

In realtà in quelle giornate si combatteva ancora: le ultime sacche dell’esercito nazionalista di Chiang Kai-shek furono annientate solo nel gennaio successivo, ma gli sconfitti avevano già raggiunto l’isola di Taiwan. Definire devastata la Cina continentale è un eufemismo: dagli anni Trenta si erano combattute guerre locali cui era seguita l’occupazione giapponese e alla guerra di liberazione contro il Giappone era seguita la guerra civile. Praticamente non esisteva un’economia industriale, né commerciale e il degrado sociale, aggravato da epidemie e condizioni igieniche drammatiche, aveva raggiunto livelli inimmaginabili.
Mao si era assunto il compito di risollevare il paese, ma si trattava di un’impresa ritenuta impossibile. Per la prima volta però, da quando trent’anni prima era cominciata la dissoluzione dell’impero, esisteva un saldo potere centrale nelle mani di Mao e del partito, la cui classe dirigente sarebbe rimasta al vertice fino quasi alla metà degli anni Sessanta.
Una pace breve, in mezzo a difficoltà insormontabili, ma furono gli anni dei grandi progetti industriali e di riforme radicali nelle campagne e dell’ambiguo rapporto con l’Unione Sovietica di Stalin.

Guerra di Corea e il 38° parallelo

A rallentare i tentativi di sviluppo e le riforme intervenne il coinvolgimento nella guerra di Corea. Nel febbraio 1950 vi era stato il primo accordo sino-sovietico sottoscritto dopo settimane di laboriose trattative: secondo alcuni Stalin accolse Mao con calore ed entusiasmo, ma secondo altri le alte sfere del Cremlino trattarono con molto distacco gli ospiti, se non addirittura con una certa superiorità. Il risultato fu comunque l’alleanza difensiva tra i due paesi che poi portò alla guerra, anche se le motivazioni furono leggermente diverse: Stalin cercava una rivalsa per lo smacco subito in Europa con il fallito blocco di Berlino, mentre Mao, le cui truppe erano state appoggiate da quelle nordcoreane durante la guerra civile, doveva restituire il favore al leader coreano Kim Il-sung.
Dopo un successo iniziale nordcoreano, la controffensiva americana era arrivata molto a nord e ai cinesi non rimase altro che sostenere il regime di Pyongyang direttamente con le proprie truppe. Le perdite cinesi furono tuttavia spaventose (morì anche il primo figlio di Mao Anying) e ciò contribuì a diffondere l’immagine che i cinesi fossero degli esecutori fanatici della volontà di Mosca, contribuendo tra l’altro all’isolamento internazionale.
In realtà i dirigenti cinesi si resero conto piuttosto dell’arretratezza del loro strumento militare, ma una politica anche di blando riarmo cozzava con l’evidente sottosviluppo in cui versava la Cina. Alla fine di luglio del 1953 fu siglato un armistizio lungo la linea del 38° parallelo: una ‘pace armata’ che dura ancora oggi.

1954: il disgelo sovietico e il piano quinquennale cinese

Alla morte di Stalin si avviò un percorso diverso, anche per il semplice fatto che la nuova classe dirigente sovietica (per primo Krushev) trattò con il massimo riguardo Zhu Enlai: il quinto anniversario della Repubblica Popolare Cinese fu festeggiato insieme a Pechino con grande solennità. Nello stesso 1954 era accaduto anche un altro fatto: caduta la piazzaforte francese di Dien Bien Phu (grazie anche agli obici cinesi residuati della guerra di Corea trasferiti ad Ho Chi Min), l’Asia si era liberata dalla Francia in Indocina e Mao si era rallegrato per la sconfitta di un altro paese colonialista.
Un altro grande avvenimento si verificò l’anno dopo: la conferenza di Bandung. A parte un ulteriore rafforzamento alla decolonizzazione, che significava allontanare i paesi occidentali dall’Asia e dall’Africa, in quella sede Zhu Enlai dichiarò che la Cina avrebbe lottato con ogni mezzo ‘pacifico’ per riottenere la sovranità su Taiwan. Garbatamente insomma fu enunciato un principio che ancora oggi scuote ed inquieta.
Quanto alla collaborazione sino-sovietica, a parte qualche temporaneo idillio, da una parte i russi si resero conto di non disporre delle risorse necessarie allo sviluppo cinese e dall’altra Mao si rafforzò nella convinzione che liberazione e piena indipendenza si dovessero basare solo sulle proprie forze. Nel 1959 il vecchio ministro della difesa Peng Dehuai, veterano della Lunga Marcia, della guerra di Corea e amico dei sovietici, fu sostituito con Lin Biao che aveva fatto proprie le idee autarchiche del Grande Timoniere. Era così cominciato il Grande Balzo in avanti, che però – come è noto – si rivelò fallimentare.

Rivoluzione culturale, l’ultimo scossone

Anche il potente scossone della Rivoluzione culturale e della nascita del dissidio sino-sovietico non si rivelò un successo immediato, anzi tutt’altro. Da una parte fu l’apogeo del maoismo, ma dall’altra ne segnò la fine e soprattutto fu una guerra interna che finì con la fuga di Lin Biao e il misterioso incidente aereo in Mongolia in cui perì assieme alla famiglia il 13 settembre 1971. A sancire la fine delle turbolenze fu la progressiva liberazione dei tanti dirigenti incarcerati o semplicemente allontanati da Pechino: tra di essi, nel 1973, fece ritorno nella capitale dalla provincia di Jangxi Deng Xiaoping che, grazie all’influenza di Zhu Enlai e del gruppo dei cosiddetti ‘moderati’, fu in breve riammesso nell’Ufficio Politico e nella Commissione militare del Comitato centrale.
In realtà Deng subì un altro tentativo di allontanamento, ma nel 1977, nel corso dei lavori dell’XI congresso, salì ai vertici Hua Guofeng con le conseguenze che tutti conosciamo. Nel 1979 si verificò anche un breve episodio bellico: truppe cinesi attaccarono il Vietnam con esiti disastrosi, ma – più o meno negli stessi termini di quanto era accaduto dopo la guerra di Corea – emerse soprattutto un’inadeguata preparazione militare cinese.

Se però nel 1953 la situazione economica escludeva da sola qualsiasi velleità di riarmo, la progressiva tranquillità dello sviluppo economico delle ‘Quattro modernizzazioni’ cambiava il contesto. La pace poteva insomma consentire di prepararsi a una guerra.

Tags: Cina storia
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