Cina, Xi Jinping, il Partito comunista e la gente che non applaude e non vedremo

Crescono i segnali d’inquietudine nella Cina di Xi, ci avverte Michele Marsonet che di Cina è antico appassionato, ma senza tifoserie distorcenti.
«In un Paese come il nostro, dove manifestazioni di protesta di ogni tipo sono in pratica quotidiane, può destare poca impressione quanto è avvenuto ieri a Pechino. Eppure si tratta di un segnale significativo, anche perché domenica 16 si aprirà il XX congresso del Partito comunista cinese».

Sfida non come piazza Tienanmen, ma sempre dissenso

Alcuni cittadini hanno infatti osato sfidare apertamente le autorità e l’apparato repressivo del regime. Sul ponte Sitong nel distretto di Haidian, nel nord-ovest della capitale, sono comparsi parecchi striscioni anti-governativi con contenuti assai espliciti. I manifestanti hanno esposto slogan quali “No ai test Covid, sì al cibo”, “No ai lockdown, sì alla libertà”, “No alle bugie, sì alla dignità”, “No alla rivoluzione culturale, sì alle riforme”, “No al grande leader, sì al voto”, “Non essere schiavo, sii un cittadino”.
Ancora più esplicito un altro striscione che invitava tutti a scioperare sul lavoro e a scuola, e a rimuovere il dittatore e “traditore nazionale” Xi Jinping. I manifestanti hanno inoltre provocato delle colonne di fumo per attirare l’attenzione dei passanti.

Striscioni rimossi, il malcontento no

Operazione riuscita anche se, com’era lecito attendersi, la polizia è intervenuta in tempi rapidissimi. Gli striscioni sono stati rimossi in un battibaleno. Cancellate subito anche le immagini relative alla manifestazione che erano state postate sui social network, immagini delle quali sono rimaste solo deboli tracce.
Sfide così aperte al potere, che nella Repubblica Popolare è incarnato dal Partito comunista, sono del tutto inusuali. Per trovare qualcosa di simile bisogna ritornare con la memoria alla sfortunata Hong Kong, ormai tranquilla e “normalizzata”, anche se pare che il fuoco continui a covare sotto le ceneri.

La Grande Muraglia culturale

Proteste come quella di Pechino non devono essere sottovalutate, soprattutto tenendo conto della pervasività dei sistemi di sorveglianza. Qualcuno ha parlato di una “Grande muraglia culturale” eretta intorno al Paese, basata anche – ma non solo – sul controllo completo di Internet, e sull’impossibilità di accedere ai social network stranieri.

Politica del ‘Covid zero’

Resta il problema di comprendere l’insistenza dell’attuale leader e del suo gruppo dirigente sulla politica del “Covid zero”, praticata mediante continui lockdown totali, pur essendo evidente che tale strategia è risultata fallimentare. Lo è, però, soltanto dal punto di vista sanitario. Sul piano puramente politico è invece uno strumento – assai efficace – mediante il quale il gruppo dirigente mantiene il controllo sociale della popolazione.

Inquietudini e Presidente a vita

Manifestazioni come queste non sono certo in grado di scalfire il potere di Xi, che con ogni probabilità otterrà dall’imminente Congresso il terzo mandato diventando, de facto, presidente a vita. Tuttavia l’inquietudine diffusa nella Repubblica Popolare è reale, anche a causa del rallentamento dell’economia di cui i continui lockdown sono una delle cause principali.

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