
Comunque finisca l’avventura dei wagneriani, il vertice russo mostra tutte le crepe interne che cercava di nascondere. «Non aver saputo prevenire un tentativo di golpe annunciato da mesi svela la fragilità delle strutture militari e di sicurezza russe –considera Limes-. E potrebbe inaugurare una guerra civile in forme diverse dagli effetti imponderabili. Fino alla disintegrazione della Federazione Russa». Pessimista Caracciolo, speranzosi a Kiev, a Varsavia e in altre capitali atlantiche, dove forse qualche ‘manina’ aiuta. Senza che nessuno dia segnale rassicurante di un piano qualsiasi per gestirne le conseguenze, a partire dall’eventuale perdita di controllo dello Stato sull’arsenale nucleare russo, che conta seimila testate.
La marcia su Mosca di Prigozhin, sospesa in extremis, è il culmine di un piano concepito da molti mesi sostiene Lucio Caracciolo. «Piano al quale hanno dato mano ufficiali delle Forze armate e dell’intelligence, oligarchi disperati per la perdita delle loro fortune custodite in Occidente, esponenti della cerchia intima putiniana, ultrà nazionalisti». Analisi e opinioni di alto livello. Ma Putin, nei fatti certi? L’apparente atonia del capo. «Putin che sembrava davvero sorpreso, ieri mattina, dalle notizie provenienti da Rostov, centro strategico caduto in mano alle milizie wagneriane».
«Nei prossimi giorni avremo un quadro meno confuso delle forze in campo, in quella mischia che lo stesso Putin ha assimilato all’alba della guerra civile scoppiata nel 1917 a seguito del golpe bolscevico. Capiremo meglio se l’iniziativa di Prigozhin è di pura fabbricazione interna o se ha goduto di sostegni esterni, non solo ucraini».
Quanto agli americani (domani Orteca scatenato sugli Usa), se si rallegrano per il caos in campo nemico e per il sollievo che ne traggono gli ucraini, allo stesso tempo ne temono le conseguenze. La Russia in mano a un criminale comune, o contesa fra banditi vari, è un pericolo per tutti. «C’è il rischio che troppe mani si aggirino attorno al bottone nucleare teoricamente affidato a Putin». E questo non rallegra né Washington né il mondo che vorrebbe spegnere il conflitto entro l’anno. Per tacere della penetrazione della Cina nello spazio russo, già visibile. Per gli Stati Uniti è quello il Nemico vero, l’unico in grado di minacciare il vacillante primato americano.
Il piano di Prigozhin è tutto scritto nei recenti messaggi affidati a Telegram. «Siamo noi che abbiamo armato l’Ucraina scatenando il soccorso atlantico». E il fallimento russo è da attribuire –versione Wagner-, in primo luogo all’incapacità del ministro della Difesa Shoigu e del capo di Stato maggiore delle Forze armate, Gerasimov. Secondo Prigozhin, la colpa principale dei vertici militari russi è di avere mandato al macello i wagneriani nella fornace di Bakhmut per risparmiare le forze regolari. Da buon nazional-populista, Prigozhin si scagliava in quel messaggio contro i figli dei ricconi che si puliscono le unghie in spiaggia mentre decine di migliaia di giovani dei ceti bassi danno la vita per la patria: ‘Stalin non l’avrebbe permesso’.
La compagnia Wagner è definita milizia mercenaria. In realtà il gruppo nasce una dozzina di anni fa per iniziativa del Gru, il controspionaggio militare russo, fra l’altro scettico sull’invasione dell’Ucraina, sponsorizzata dai ‘fratelli coltelli’ dell’Fsb. È un reparto dello Stato profondo, un pezzo degli apparati di potere. La sua rivolta è perciò colpo di Stato, ad oggi in pausa.
La storia dell’ascesa del capo del gruppo Wagner è strettamente legata a quella di Vladimir Putin, fino alla rivolta armata. Da venerdì sera Yevgeny Prigozhin, il milionario fondatore e capo del gruppo di mercenari Wagner, è accusato dallo stato russo di «incitamento alla rivolta armata», immunità promessa ma su cui il personaggio di tanti maneggi, sarebbe ingenuo a fidarsi. La storia dell’ascesa di Prigozhin da imprenditore a oligarca a capo del più grande esercito privato russo un rivoltoso quasi ricercato, è decisamente notevole.
Yevgeny Prigozhin, in maniera simile a Vladimir Putin, ha avuto origini piuttosto umili. Nato nel 1961 a San Pietroburgo, come Putin, in gioventù fu un piccolo criminale che trascorse alcuni anni in carcere dopo essere stato arrestato per rapina. Uscito dal carcere nel 1990, in concomitanza con il crollo dell’Unione Sovietica, Prigozhin cominciò a lavorare come venditore di hot dog. Ma, mostrando un notevole spirito imprenditoriale e forse non solo, nel giro di qualche anno arrivò a gestire una serie di ristoranti di lusso a San Pietroburgo. Qui incontrò Putin, allora vicesindaco della città. Quando Putin divenne presidente della Russia, Prigozhin cominciò a organizzare le cene di gala con i dignitari invitati dal presidente a Mosca.
Ci sono foto di Prigozhin con George W. Bush, con l’allora principe Carlo del Regno Unito, con il primo ministro indiano Narendra Modi e moltissimi altri. Fu in quel periodo che Prigozhin divenne famoso come ‘il cuoco di Putin’ o ‘lo chef del Cremlino’.
Ma Prigozhin differenziò rapidamente le proprie attività. E nel 2014, ‘ispirato’ da fonti alte e occulte del potere moscovita, fondò il gruppo paramilitare Wagner, che operò in numerosi conflitti nel mondo, spesso per sostenere gli interessi nazionali russi, con pessimi e a volta atroci comportamenti di guerra. Il gruppo Wagner è oggi considerato uno dei gruppi di mercenari più efficienti del mondo, spesso accusato da organizzazioni internazionali di crimini di guerra e di utilizzo di sistemi di tortura. Nel 2018, inoltre, il governo americano ha accusato Prigozhin di aver finanziato e creato la ‘troll farm’ che avrebbe tentato di influenzare le elezioni americane vinte da Donald Trump diffondendo notizie false sui social.
Il gruppo Wagner ha cominciato a combattere in Ucraina a fianco dell’esercito russo poco dopo l’inizio dell’invasione, e dai primi mesi ha assunto un ruolo fondamentale in alcuni campi di battaglia, come per esempio quello di Bakhmut, dove di fatto i mercenari di Wagner hanno affrontato il grosso delle operazioni e subìto gran parte delle perdite. Se prima della guerra il gruppo Wagner era composto quasi esclusivamente da ex militari e poliziotti, in seguito Prigozhin ha cominciato ad andare nelle carceri per arruolare i prigionieri, promettendo che le loro pene sarebbero state cancellate se avessero trascorso un periodo di almeno sei mesi a combattere al fronte. In questo modo, i membri del gruppo Wagner sono cresciuti enormemente. In questi giorni Prigozhin ha detto più volte di avere a disposizione 25 mila uomini, forse esagerando o forse no.
Grazie al suo contributo militare, Prigozhin, secondo molti analisti, sarebbe stato sino a ieri la seconda persona più potente del paese dopo Vladimir Putin. Assieme alla sua influenza politica, Prigozhin ha aumentato le critiche anche ai vertici militari dell’esercito russo, probabilmente con l’intento di aumentare la propria autonomia e di colpire avversari interni nel sistema di potere russo. Le accuse sono aumentate via via di gravità, fino ad arrivare ai fatti drammatici noti, organizzando una rivolta aperta contro i vertici dell’esercito regolare russo.
Che il quasi golpe fosse contro Putin è la versione più immediata ma non la sola e la più certa. Salvo smentite e versioni altrettanto credibili ed opposte. Tempi di verità storica? Qualche mese almeno, sino ad una precaria ma indispensabile tregua sul fronte ucraino.