Ritorno alle politiche imperiali, oltre i confini rigidi degli Stati nazione

Dopo decenni di prevalenza degli Stati nazionali, stiamo assistendo a un ritorno alla grande di politiche neo-imperiali. L’esempio più evidente è la Russia, dove Vladimir Putin sta cercando di rinverdire i fasti dell’impero zarista e di quello sovietico.

Putin e la Madre Russia degli Zar

Così si spiega la negazione dell’esistenza dell’Ucraina quale nazione autonoma e indipendente. Ma questo vale anche per altri Stati che un tempo erano collocati all’interno dell’impero di Mosca. Dal suo punto di vista la Russia, più che uno Stato, è una civiltà in grado di imporre il suo volere a tutti i vicini, più o meno recalcitranti.
Questo è ovviamente più facile con popoli che parlano lingue affini a quella russa, per esempio la stessa Ucraina e la Bielorussia. Negli altri casi la lingua di Tolstoj va imposta, com’è per l’appunto avvenuto ai tempi degli zar e dell’Unione Sovietica.

Erdogan e le voglie ottomane

Quello di Putin non è però un caso isolato nell’epoca attuale. A ben vedere Erdogan sta adottando la stessa strategia, tentando di resuscitare l’impero ottomano. Il sultano di Ankara può basarsi sulla presenza di molti Stati turcofoni come l’Azerbaigian (e non solo).
Si tratta di nazioni sensibili al richiamo politico e culturale della Turchia. Erdogan, però, non si limita a questo. Vuole infatti espandersi anche in Paesi arabi come la Siria, che turcofoni non sono ma facevano parte dell’impero ottomano. Stesso discorso per la Libia, che proprio l’Italia strappò agli ottomani ai primi del ’900.

Impero persiano e mondo sciita

Dal canto suo l’Iran, nonostante la sua forte connotazione islamico-sciita, cerca in qualche modo di ridar vita al vecchio impero persiano, un sogno già coltivato dallo Scià Reza Pahlavi, poi spodestato dalla rivoluzione islamica khomeinista nel 1979.

Lo sterminato impero cinese

E non si dimentichi, infine, la Cina. Non a caso Xi Jinping viene spesso definito “nuovo imperatore”. Il suo intento è manifestamente quello di recuperare il prestigio perduto dell’antichissimo e sterminato impero cinese, umiliato dalle potenze coloniali europee nel corso degli ultimi secoli.
In questo progetto rientrano a pieno titolo la repressione di Hong Kong, i cui abitanti non volevano rinunciare alla democrazia – pur parziale – introdotta dagli inglesi. Nonché il proposito di annettere ad ogni costo la ex Formosa, oggi Taiwan, anch’essa un tempo parte dell’impero.

Partita siberiana russo-cinese

Prima o poi la Repubblica Popolare si sconterà anche con i russi che, sempre in epoca zarista, occuparono tutto l’Estremo Oriente asiatico, conservandolo in seguito anche ai tempi dell’Urss. Dal punto di vista di Pechino, quegli immensi territori rientrano nella sfera d’influenza cinese, e i russi sono soltanto degli usurpatori.
Molti sono dunque i casi di politiche neo-imperiali nel mondo contemporaneo. A differenza degli Stati-nazione, gli imperi amano i confini fluidi, e non quelli ben definiti. Si pongono inoltre come “civiltà” per definizione superiori alle nazioni sorte nell’800, e non disdegnano l’uso della forza per imporre la propria volontà.

Fine dell’ordine mondiale a guida occidentale

La probabile fine dell’ordine mondiale a guida occidentale può certamente favorire le strategie neo-imperiali, che ai confini rigidi degli Stati-nazione sostituiscono la fluidità basata sulla volontà di potenza.

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