Etiopia, un anno di pace senza la pace e l’ex Abissinia lacerata

Un anno fa in Sudafrica l’esercito federale etiope e i ribelli del Fronte popolare di liberazione del Tigray firmavano un ‘cessate il fuoco’ dopo due anni di feroce guerra civile. Lasciando irrisolto il problema rifugiati: 1,5 milioni gli etiopi del Tigray in emergenza umanitaria.
Poi il mancato rinnovo della Commissione internazionale sui diritti umani a rendere probabile la totale impunità per i crimini nei due anni di guerra civile.
Terza questione aperta, la ‘vivacità bellica’ delle milizie Amhara, che dopo aver sostenuto l’esercito etiope contro i ribelli del Tigray, continuano una loro guerra di preda.

Guerre dimenticate dove si muore come a Gaza o a Kiev

Oltre il dramma di Gaza e la guerra in Ucraina di ormai rare attenzioni giornalistiche. Il problema, è che ormai non si contano più i conflitti attualmente in corso nel mondo, meno strategici dei due citati, ma non meno cruenti e disumani. Caso emblematico è quello dell’Etiopia, potenza regionale e uno dei Paesi più popolosi del continente africano. L’attuale primo ministro, il 47enne Abiy Ahmed, che nel 2019 aveva ottenuto il premio Nobel per la pace rivelatosi piuttosto audace

Dagli ‘Abissini’ del Tigrè agli Amhara

Abiy Ahmed deve affrontare la rivolta armata di alcune delle numerose etnie che compongono la nazione etiopica, unita solo in teoria. Il suo esercito federale è riuscito a domare, a prezzo delle sofferenze della popolazione civile, la ribellione della provincia del Tigrè, la più settentrionale delle regioni etiopi.
Ora è la volta degli Amhara, che vivono nella parte centrale del Paese e costituiscono circa il 30% della popolazione totale. Animati da un fiero nazionalismo e da aspirazioni indipendentiste, gli Amhara stanno combattendo contro l’esercito nazionale con le loro milizie organizzate su basi etniche.

Cultura tribale sullo Stato

Da notare un fatto curioso. In precedenza gli Amhara avevano aiutato l’esercito a sconfiggere i tigrini, mentre ora le parti si sono invertite poiché esercito e formazioni tigrine combattono le milizie Amhara. In realtà l’ex impero di Hailé Selassié, eliminato durante un golpe militare nel 1975, rischia di implodere. Ogni gruppo etnico possiede un proprio esercito e le alleanze sono piuttosto variabili. Non è quindi un caso che l’attuale primo ministro si trovi in guerra sin dal suo insediamento nel 2018.

Egemonia Omoro e conflitto religioso

Tutti, comunque, non gradiscono l’egemonia degli Oromo, etnia alla quale appartiene lo stesso premier Abiy Ahmed. Il quadro è complicato dai difficili rapporti con l’Eritrea, che interviene attivamente nelle lotte etniche etiopi, nonché da fattori religiosi. Solitamente si pensa all’Etiopia come una nazione cristiano-copta. In realtà circa il 34% della popolazione è di fede musulmana, e dalla vicina Somalia si verificano spesso infiltrazioni jihadiste.

Sola eguaglianza, la povertà

Oltre alle già citate sofferenze di una popolazione civile poverissima, si deve notare che l’instabilità etiopica si ripercuote sull’intero continente. Addis Abeba gioca infatti un ruolo importante nella Organizzazione dell’Unità Africana, mentre la vicinanza della turbolenta area del Corno d’Africa rende la situazione ancora più difficile.
Tags: Etiopia Tigray
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