
Nessuno può vincere da solo. Il partito del leader nazionalista Kaczynski è in testa ma la sua popolarità è in calo. Per batterlo, il principale rivale, l’europeista Tusk ha necessità del sostegno di Holownia e di Terza via.. La posta in gioco, sintesi della sintesi, «Salvare il nostro posto in Europa». Al potere del 2015, la formazione «Diritto e giustizia» è accusata di censura sui media e ingerenze sui giudici e tento altro, come già detto in sommario, mentre gli sfidanti denunciano il rischio di un «golpe strisciante».
Una campagna elettorale che non ha risparmiato scontri e colpi di scena, con il partito di governo ancora in testa nei sondaggi, anche se in calo di circa 10 punti rispetto al 2019, col rischio di perdere la maggioranza assoluta al Sejm, la Camera bassa. Il principale cartello di opposizione, Coalizione civica (KO) si attesterebbe al 27%, confermando il dato del 2019. E nessuna delle due formazioni dovrebbe riuscire a governare da sola, rendendo decisive le alleanze post-voto, complicate dallo sbarramento per l’ingresso in Parlamento al 5 per cento per i singoli partiti e dell’8 per cento per le coalizioni.
Negli ultimi sei mesi è andato in scena, con toni esasperati, il confronto finale di una ventennale rivalità tra Jaroslaw Kaczynski, 74 anni, leader indiscusso dei nazionalisti di Diritto e giustizia e Donald Tusk, 66 anni, ex presidente del Consiglio europeo, l’opposizione liberale ed europeista di Coalizione civica. «Jarek, dove sei? Dove ti stai nascondendo?», ha gridato dal palco di un comizio Tusk dopo che nel decisivo faccia a faccia televisivo di lunedì sera Diritto e giustizia aveva mandato il premier Mateusz Morawiecki. «Tusk è la personificazione del diavolo in Polonia», aveva dichiarato durante un comizio Kaczynski ad agosto.
Da quando nel 2015 il Pis ha preso il potere, riporta Luca Geronico su Avvenire, la coppia Kaczynski- Morawiecki, civica vi è stata una sistematica occupazione di tutti gli spazi di potere: prima l’attacco all’indipendenza dei tribunali meritando la penalità per infrazione di Bruxelles, poi di tutte le amministrazioni locali e il ferreo controllo dei media. Peggio, il temuto uso dell’esercito per ‘garantire l’ordine pubblico’ nel caso di una sconfitta del Pis. Timori di ‘golpe strisciante’, forse disinformazione, ma i fatti delle dimissioni del capo di Stato maggiore dell’esercito Rajmund Andrzejczak e di una decina di alti ufficiali a soli cinque giorni dal voto preoccupano.
«Il modello è Meloni»
L’ago della bilancia, per il Partito di Jeroslaw Kaczynski, sola alleanza a destra, ‘Konfederacja’, partito che merita qualche attenzione internazionale. Il suo fondatore quattro anni fa, Slawomir Mentzen, così aveva presentato la sua Polonia ideale. «Sogno un paese senza ebrei, omosessuali, aborto, tasse ed Eu». Nel frattempo Konfederacja, è diventato il più plausibile alleato di Pis. Una sorta di ‘Tea party nero’ che oscilla intorno al 10% nei sondaggi e che, secondo la sua vice, Anna Brylka, guarda molto a un modello: «Ammiro tanto Giorgia Meloni», dichiara a Tonia Mastrubuoni, di Repubblica.
E l’ultradestra si assume meriti impegnativi, quasi tutti da paura. «Il governo Morawiecki ha cambiato idea sull’Ucraina grazie a noi. I polacchi sono stanchi di aiutare Kiev. Gli scontri sul grano e sull’invio di armi, il nervosismo di Morawiecki, fino a ieri il più sostenitore dell’Ucraina, sono frutto delle pressioni di Konfederacja». E se andranno al governo, Brylka, promette di peggio: «Non si torna indietro sul bando dell’aborto, gli assegni ai rifugiati ucraini saranno tagliati, e usciremo dal Green deal europeo e chiederemo indietro la sovranità ceduta a Bruxelles».
Sulla sua dichiarata alleata ideale, Giorgia Meloni, e la solidarietà chiesta da Roma accogliendo i profughi dal Mediterraneo, taglia corto: «Ma no. Quelli non sono profughi, sono migranti».
Un Paese spaccato in due con la contrapposizione, sui media governativi, tra i ‘veri polacchi’ che sostengono il governo e i ‘traditori’.
Una Polonia, cuore della Nato e frontiera d’Europa, che preoccupa Bruxelles. Un Paese alle prese con una inflazione devastante -la ‘Putinflacja’ -la chiamano-, passata dal 2,6 per cento a gennaio del 2021 al 18,8 per cento all’inizio dell’anno e ora calata a un sempre iperbolico 8,2%.