
Titolo senza equivoci, tanto più impostante se lo leggi sul Washington Post. «Migliaia di estremisti di destra hanno assaltato i palazzi delle istituzioni a Brasília. Considerano illegittima la vittoria di Lula e chiedono il ritorno di Jair Bolsonaro», aggiungono subito dopo Anthony Faiola e Marina Dias, a segnalare una minaccia non ancora superata, E il loro reportage/analisi, ripreso su Internazionale, era prima della rimozione del capo delle forze armate e di altri potenziali golpisti in divisa.
Il facile parallelo con l’attacco trumpiano al Congresso Usa, e ora il Brasile già segnato dal colpo di stato militare del 1964. «La vicenda fa temere una diffusione delle rivolte di estrema destra nelle democrazie occidentali: gli estremisti, spinti dalla retorica incendiaria di alcuni politici, si rifiutano di riconoscere le sconfitte elettorali, si aggrappano ad accuse infondate di brogli e non rispettano lo stato di diritto», denuncia il prestigioso quotidiano Usa.
Parlamento, massima magistratura e presidenza della Repubblica. Nei giorni precedenti era stato registrato un forte aumento di bolsonaristi in viaggio verso Brasília, a quanto sembra incoraggiati dalle promesse circolate sui social network di provviste e trasporti gratuiti. I nuovi arrivati si sono uniti ai manifestanti accampati da mesi davanti alle caserme per chiedere all’esercito di destituire Lula.
Molti erano convinti che il 1 gennaio 2023 gli agenti avrebbero impedito al nuovo presidente d’insediarsi alla guida del paese. «Quando le loro aspettative sono state disattese, la rabbia ha raggiunto un punto critico».
Gli Stati Uniti, l’Unione europea e gli altri paesi dell’America Latina hanno subito condannato la rivolta. Decisiva la posizione Usa che in molte altre circostanze, in America latina aveva favorito posizioni molto diverse. Robert Muggah, cofondatore del centro studi Instituto Igarapé di Rio de Janeiro, ha parlato di una rivolta annunciata. «Come i loro ‘colleghi’ trumpiani, i bolsonaristi hanno consumato per anni un flusso costante di disinformazione, ispirato in gran parte dalla narrativa diffusa dagli ‘influencer’ dell’estrema destra negli Stati Uniti».
La portata dell’assalto degli estremisti a Brasília è sembrata comunque più vasta rispetto all’attacco dei sostenitori di Trump contro il Campidoglio di Washington. E Lula dovrà gestire anche il problema che nella polizia ci sono molti sostenitori di Bolsonaro. L’8 gennaio l’Estado de S.Paulo ha pubblicato una foto in cui si vede un agente in servizio che compra una bibita mentre i rivoltosi prendono d’assalto le sedi del governo brasiliano.
Nel suo primo discorso dopo il tentato golpe, il presidente Lula da Silva ha lasciato intendere che negli atti di terrorismo a Brasília sono coinvolti anche i garimpeiros (cercatori d’oro illegali) e i deforestatori dell’Amazzonia. «Quando le indagini saranno concluse, non ci sorprenderà scoprire un legame tra i protagonisti del tentato golpe e gli invasori di terre amazzoniche, che spesso vivono negli stati del centro e del sud del paese», scrive il Washington Post.
Bolsonaro ha incoraggiato e continua a incoraggiare attentati contro lo stato, l’accusa della parte democratica del Brasile che ha memoria di un non lontano passato. La «dittatura imprenditoriale-militare», come definiscono il colpo di stato del 1964 le giornaliste di ‘Sumaúma’, organizzate dalla scrittrice Eliane Brum. «Ventuno anni di stato d’emergenza durante i quali centinaia di civili furono arrestati, torturati, sequestrati e assassinati».
Il numero di vittime tra le comunità indigene fu molto più grande: più di ottomila nativi furono uccisi durante la dittatura, la maggioranza in Amazzonia.
Il golpe non è riuscito, ma ha comunque ritardato le azioni e i dibattiti urgenti del paese. Perfino l’insediamento di alcuni ministri, come quello dell’attivista ambientale Sônia Guajajara al nuovo ministero dei popoli indigeni, ha dovuto essere rinviato. «La situazione è catastrofica egli attacchi dei garimpeiros nei territori yanomani, munduruku e kayapó si aggravano ogni giorno che passa».
«Per gli estremisti sostenitori di Jair Bolsonaro l’attacco dell’8 gennaio a Brasília è stato un gioco da ragazzi. Da due mesi erano accampati davanti al quartier generale dell’esercito, chiedendo il golpe. I militari e le altre forze di sicurezza li hanno trattati con estrema gentilezza. Così si sono organizzati con calma, hanno scelto la data migliore per agire e trasformare Brasília in una vergogna internazionale».
«Tuttavia oggi l’autoritarismo fascista a base di pugni e devastazioni non basta per sovvertire l’ordine democratico. Gli imprenditori, i banchieri, la stampa e i governi stranieri si sono schierati contro il golpe. Per ora l’estremismo bolsonarista è in grado di chiamare a raccolta migliaia di golpisti, ma non un paese intero».
Non è mai stato così facile mettere a ferro e fuoco Brasília per spingere a chiedere un colpo di stato, ma è ancora difficile distruggere la democrazia