
Il ministro della giustizia Carlo Nordio ha ringraziato più volte gli Emirati e il collega emiratino Abdallah al Nouaimi. Ma tra il racconto ministeriale dei fatti, tra un grazie e un moto di orgoglio dell’uomo di legge, la versione dei fatti si fa confusa e pasticciata. «Carbone, che manteneva rapporti diretti con i narcos colombiani, avrebbe trascorso gran parte della latitanza a Dubai dove peraltro nel 2021 era già stato arrestato il suo socio e boss Raffaele Imperiale».
Ma l’accaduto non sembra così chiaro come vorrebbero farlo apparire le autorità emiratine, con qualche dubbio su quelle italiane. Qualcosa che non torna con la fortunata e improvvisa ‘cattura all’aeroporto di Dubai’.
«Sui media arabi continuano a riferire, con nuovi particolari, un’altra versione dei fatti», riferisce l’attento Michele Giorgio. Ed ecco spuntare Ha’ayat Tahrir al Sham, ossia l’ex Fronte al Nusra, il bracco siriano di Al Qaeda negli elenchi internazionali delle organizzazioni terroristiche, responsabile negli anni della guerra in Siria di atrocità a danno di civili, soldati dell’esercito regolare di Damasco e anche di militanti di organizzazioni politiche e militari legate alle varie espressioni dell’opposizione siriana.
Nei mesi scorsi Hts ha tentato di fare piazza pulita del cosiddetto Esercito siriano libero, la milizia finanziata dalla Turchia-Nato, nella provincia siriana di Idlib, la porzione di territorio siriano che, nel silenzio di Usa ed Europa, il gruppo legato ad Al Qaeda, tiene in gran parte sotto il suo controllo «amministrativo». Se la versione non ufficiale della cattura di Carbone fosse confermata si tratterebbe della prima estradizione nota avvenuta tra un gruppo terroristico e uno Stato occidentale.
Poco dopo l’annuncio delle autorità italiane di qualche giorno fa, sul suo account Telegram la sicurezza di Hts ha comunicato di aver arrestato «uno dei più grandi narcotrafficanti del mondo». L’organizzazione jihadista spiega che Carbone avrebbe lasciato l’Europa per la Turchia fingendosi cittadino russo, quindi è entrato nella Siria nordoccidentale dove sarebbe stato arrestato lo scorso marzo a Kaftin.
E il pessimo ma sfortunato narcotrafficante camorrista sarebbe stato «interrogato per mesi dagli uomini del ministero dell’interno del governo di salvezza messo in piedi da Hts a Idlib, prima di essere consegnato alle autorità del suo paese, con la mediazione turca». Facile immaginare il paradiso delle ritrovate galere italiane per lo sfortunato Carbone dopo la rieducazione jihadista.
Carbone, scrive il libanese L’Orient Le Jour si sarebbe presentato ai miliziani siriani come un messicano in fuga dal suo paese per aver gestito un traffico di orologi di lusso. A sostegno della sua versione, Hts ha diffuso una foto del ministro dell’interno del ‘governo di salvezza’, Mohammad Abdel Rahman, mentre legge il comunicato stampa con accanto la foto di Carbone che indossa la maglia da galeotto a righe. E il resoconto di Hts non è affatto inverosimile, sottolinea Pagine Esteri.
Tenendo conto degli accordi tra Roma e Dubai, Carbone deve aver pensato di trasferirsi in territorio siriano, luogo giusto dove far perdere le sue tracce per un po’ ed evitare l’arresto. Poco credibile invece la versione dei media arabi sull’interesse di Carbone per il Tramadol e Captagon, i farmaci antidolorifici largamente usati come stupefacenti in diversi paesi del Medio oriente. Un narcotrafficante di alto livello come il camorrista di Giugliano difficilmente può provare interesse per traffici poco redditizi rispetto a quello della cocaina.
Quello che è certo è che il leader di Hts, Abu Mohammad al Jolani, sta provando in tutti i modi ad avviare rapporti amichevoli con l’Occidente. L’anno scorso è apparso più volte accanto al giornalista americano Martin Smith. E se fosse vera la sua versione dell’estradizione di Carbone, vorrebbe dire che al Qaeda comincia ad essere ‘normalizzata’, versione istituzionale, almeno nel suo ramo siriano.