Nel silenzio più totale, tutti concentrati sull’invasione russa dell’Ucraina e sui proclami a caccia di armi di Zelensky, mentre una metà del mondo, Usa e Ue in testa, che ha già armato Kiev con 43 miliardi di dollari e non è riuscito neanche lo scorso anno alle Nazioni Unite a imporre una moratoria delle esecuzioni capitali, denuncia con la forza della sua militanza cristiana il quotidiano Avvenire.
Nel 2022 si sono registrate in tutto il mondo 883 esecuzioni, il numero più alto dal 2017, denuncia Amnesty International nel suo rapporto annuale sulla pena di morte nel mondo. 883 esseri umani certi le cui vite sono state stroncate con una corda al collo, fulminate da una potente scarica elettrica, o la testa mozzata dalla mannaia. Le esecuzioni in 20 Stati, con un aumento del 53 per cento rispetto al 2021.
E mancano le migliaia di condanne a morte presumibilmente eseguite in Cina, mentre l’aumento noto sappiamo che dipende dagli stati dell’area Medio Oriente-Africa del Nord, il cui totale è salito da 520 nel 2021 a 825 nel 2022.
Gli Stati dell’area Medio Oriente-Africa del Nord, di fatto hanno violato il diritto internazionale e mostrato un profondo disprezzo per la vita umana. Alcuni casi estremi ed emblematici.
L’uso della pena di morte – prosegue Amnesty – è rimasto circondato dal segreto in diversi stati – come Cina, Corea del Nord e Vietnam – comunque noti per l’ampio uso della pena capitale: il numero reale delle esecuzioni è dunque assai più alto. Sebbene non sia chiaro quante volte sia stata applicata la pena di morte in Cina, è evidente che questa sia rimasta in testa alla lista delle esecuzioni, seguita da Iran, Arabia Saudita, Egitto e Stati Uniti d’America.
Il rapporto ci dice anche che sono riprese le esecuzioni in cinque stati: Afghanistan, Kuwait, Myanmar, Palestina e Singapore. E negli Stati Uniti il numero dell’esecuzioni è aumentato, rispetto al 2021, da 11 a 18. Inoltre, il numero delle persone messe a morte per reati di droga è più che raddoppiato rispetto al 2021. Le esecuzioni per reati di droga violano – ricorda Amnesty – le norme internazionali sui diritti umani.
Esecuzioni per reati di droga sono state registrate in Cina (sebbene non se ne conosca il numero), Arabia Saudita (57), Iran (255) e Singapore (11) e hanno costituito il 37 per cento del totale delle esecuzioni registrate da Amnesty International nel 2022. È probabile che esecuzioni del genere siano avvenute anche in Vietnam, dove però i dati sulla pena di morte rimangono un segreto di stato. «In un crudele mutamento di scenario, quasi il 40 per cento delle esecuzioni note ha riguardato reati di droga. Queste esecuzioni colpiscono in modo sproporzionato persone svantaggiate», ha commentato Callamard.
«È giunto il momento che i governi e le Nazioni Unite aumentino le pressioni nei confronti di chi si rende responsabile di queste clamorose violazioni dei diritti umani e assicurino la messa in essere di garanzie internazionali’», ha sottolineato ancora Callamard. Il numero delle condanne a morte inflitte nel 2022 è rimasto sostanzialmente invariato ma è aumentato il numero delle esecuzioni.
Un po’ di speranza arriva dai sei stati che, nel 2022, hanno abolito in tutto o in parte la pena di morte. Kazakistan, Papua Nuova Guinea, Repubblica Centrafricana e Sierra Leone hanno abolito la pena di morte per tutti i reati, Guinea Equatoriale e Zimbabwe per i reati comuni. Alla fine del 2022, 112 Stati avevano abolito la pena di morte per tutti i reati e altri nove l’avevano abolita per i reati comuni. 2023, leggi abolizioniste in corso in Liberia, Ghana e Malesia, mentre i governi delle isole Maldive e dello Sri Lanka hanno annunciato che le condanne a morte non saranno più eseguite.
«Gli atti di brutalità in Iran, Arabia Saudita, Cina, Corea del Nord e Vietnam appartengono ormai a una minoranza di stati», ci consola Amnesty. Rispetto a 125 stati membri delle Nazioni Unite in favore di una moratoria sulle esecuzioni, un numero mai così elevato che fa sperare.
«Ma i tragici dati nel 2022 ci ricordano che non rimanere indifferenti e inoperosi», la conclusione di Amnesty, «fino a quando la pena di morte non sarà abolita a livello globale».