Ucraina, i rischi della vittoria americana

«Il XXI secolo è stato una lunga catastrofe per la politica estera degli Stati Uniti. Una serie di interventi militari falliti ha dilapidato la reputazione del Paese». Gli analisti di Foreign Policy ripresi dal Corriere della Sera sono piuttosto brutali, ma basterà ricordare gli interventi in Afghanistan e Irak (e la favola delle armi di distruzioni di massa che non c’erano) per concludere che il giudizio non sia dettato da anti americanismo ideologico, sottolinea Massimo Nava.

Ma questa volta – segnala Foreign Policy – qualcun altro fa la parte dell’invasore straniero sconsiderato, mentre gli Stati Uniti permettono alla vittima di resistere.

Stati Uniti della parte dei buoni, se i buoni non esagerano


«Washington sta scegliendo i suoi alleati in modo intelligente e sta lavorando a stretto contatto con loro. Invece di ripetere errori strategici, l’amministrazione Biden li sta evitando, perseguendo un approccio diverso. Senza l’aiuto sostanziale dei suoi amici, l’Ucraina non avrebbe potuto raggiungere i risultati ottenuti».

Gli errori russi favoriti

Il contrasto con la situazione in Russia è sorprendente. La leadership del presidente Putin è indebolita, il morale delle forze è basso e le sanzioni stanno colpendo anche la macchina militare russa. La chiamata dei riservisti è impopolare. Il Donbas è ora il campo in cui le democrazie occidentali e le autocrazie orientali si scontrano sul futuro della politica mondiale, con altri Paesi che aspettano in disparte di vedere chi vince.

Successo Usa, ma a quale prezzo ?

«Un successo – secondo la rivista americana – consentirebbe di voltare pagina su uno dei periodi più deprimenti della storia della politica estera degli Stati Uniti».

Ma siamo sicuri che la strategia sarà davvero vincente? E quanto potrebbe costare la vittoria? Per ora, dobbiamo constare la distruzione dell’Ucraina e i costi enormi (fino a mille miliardi) per la ricostruzione, le perdite militari e le migliaia di vittime civili, la ricaduta delle sanzioni sulle economie mondiali, il rischio di ripercussioni politiche e sociali (sopratutto in Europa) e non ultimo il rischio che Putin decida per l’opzione più distruttiva, l’uso del nucleare. Occorre inoltre considerare che – dopo i referendum farsa – qualsiasi tipo di attacco sul Donbass sarebbe considerato dal Cremlino un attacco diretto al territorio della Russia.

Le tre opzioni di Putin

Putin ha tre opzioni. Potrebbe uscire dal conflitto, facendo arrabbiare i falchi russi. Potrebbe mobilitare tutte le risorse nazionali, facendo arrabbiare la maggioranza silenziosa. Potrebbe spezzare la determinazione dell’Ucraina con armi nucleari, facendo arrabbiare il mondo. Tutte opzioni pessime, quindi sta cercando di prendere tempo fino a quando il sostegno occidentale a Kiev non vacillerà: chi dice “non sto bluffando” sta bluffando.

Lezioni della storia

Sarà utile tuttavia che gli Stati Uniti – notano ancora gli analisti di Foreign Policy – facciano tesoro delle lezioni della Storia, recente e sopratutto passata, anche nel caso di una netta vittoria. Se è vero che Putin è in un vicolo cieco, c’è il rischio che ci si trovi in compagnia, tanto più che una politica più lungimirante da parte dell’Occidente, come ammonivano Henry Kissinger e molti altri analisi non sospettabili di giudizi filo russi, avrebbe potuto evitare la guerra, risparmiando all’Ucraina le vaste distruzioni subite per mano russa. A proposito di allargamento della Nato, una vasta gamma di esperti di politica estera aveva ripetutamente avvertito che questa politica avrebbe prodotto problemi.

«Ottenere una vittoria in una guerra che si sarebbe potuta evitare non è un buon argomento per ripetere lo stesso errore. E’ rischioso ignorare ciò che altre grandi potenze, a torto o a ragione, considerano interessi vitali».

Vittoria in una guerra che si poteva evitare

Quali sono i passi da evitare per evitare che i frutti della vittoria vengano sprecati? Dopo tutto, l’ultima volta che gli Stati Uniti hanno ottenuto una grande vittoria geostrategica – il crollo pacifico dell’impero sovietico – hanno ceduto al tipo di arroganza contro cui Pericle aveva messo in guardia gli ateniesi e «hanno sprecato l’opportunità di costruire un mondo più duraturo e pacifico».

Il complesso militare industriale Usa

«Avendo tratto profitto dalla guerra, il complesso militare-industriale avrà molti altri milioni da spendere per convincere gli americani che si può essere al sicuro solo presidiando il mondo. Con la Russia fortemente ridimensionata e una recessione economica incombente, le attuali promesse di aumentare le capacità di difesa europee perderanno vigore e gli alleati americani della NATO torneranno a fare affidamento sullo Zio Sam per la protezione».

Dopo l’Ucraina non il resto del mondo

«Una vittoria in Ucraina non metterà gli Stati Uniti nella posizione di rimodellare l’ordine globale a loro piacimento. Questo obiettivo era fuori dalla loro portata all’apice del momento unipolare, e le condizioni generali sono meno favorevoli ora, data l’ascesa della Cina, la fragilità economica dell’Europa e l’atteggiamento ambivalente di molti Paesi in via di sviluppo nei confronti degli Stati Uniti. Se i politici americani vedono nella vittoria in Ucraina una nuova opportunità per una crociata liberale globale, sono destinati a fallire ancora una volta».

Superpotenza non per tutto

«Il potere militare degli Stati Uniti è stato uno strumento efficace quando gli Stati Uniti si sono opposti a un’aggressione illegittima, come nella Guerra del Golfo del 1991 o in Ucraina oggi. Ha fallito quando è stato usato per rovesciare governi stranieri e imporre la democrazia a colpi di pistola, e soprattutto quando sono mancati partner locali affidabili. La politica estera degli Stati Uniti ottiene maggiori risultati quando mette al primo posto la diplomazia. Al contrario, fallisce quando Washington negozia sulla base del “prendere o lasciare”, lanciando ultimatum, inasprendo le sanzioni e rifiutando compromessi reciprocamente vantaggiosi».

Le cose veramente importanti da fare

Comunque finisca la guerra, resta in vigore, secondo Stephen Walt, docente di relazioni internazionali all’Università di Harvard, la lista prioritaria di cose da fare: 1) evitare un cambiamento climatico catastrofico; 2) bilanciare e coinvolgere la Cina; 3) impedire all’Iran di ottenere la bomba; 4) preparare il mondo alla prossima pandemia. Per raggiungere questi obiettivi vitali sarà necessario «evitare crociate donchisciottesche.

Nessuno potrà impedire ai falchi ucraini di fare la festa della vittoria, ma è essenziale impedire loro di portare l’Occidente a ripetere gli errori del passato»

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