
Il responsabile della Difesa starebbe seguendo la stessa traiettoria percorsa dall’ex Ministro degli Esteri, Qin Gang, defenestrato all’improvviso, dopo una lunga assenza dalla scena pubblica. Ma cos’è successo realmente? Secondo il WSJ, «la settimana scorsa il Ministro è stato portato via dalle autorità per essere interrogato. Funzionari Usa hanno poi citato informazioni non specificate, per affermare che Li sarebbe stato sollevato dal suo incarico». Insomma, al di là del gergo diplomatico, il potente personaggio potrebbe essere addirittura finito in carcere. Vani i ripetuti tentativi da parte della stampa occidentale di ottenere chiarimenti sullo scottante argomento. Il Ministero della Difesa e quello degli Esteri si sono rifiutati di rispondere. Nessun commento anche da parte dell’Ufficio informazioni del Consiglio di Stato. La nuova vicenda contribuisce a rendere ancora più confusa la squadra di potere intorno a Xi Jinping, come sottolinea l’Asia Society Politicy Institute, rilanciato dalla BBC.
Parlavamo di ‘purghe’, ripetutamente scatenate dal leader per ripulire o scuotere i vertici del Partito e dello Stato. Nel caso specifico, sempre secondo fonti di Washington, il problema sarebbe sempre il solito: la corruzione. Un cancro strutturale di tutti i sistemi economici pianificati, dove la spesa pubblica deve superare numerosi ostacoli burocratici e di verifica, che spesso vengono ‘oliati’. Ma il problema che hai cacciato dalla porta, ti ritorna, molto semplicemente, dalla finestra. In pratica, ‘chi controlla i controllori’? Se il sistema non viene ‘resettato’ nei suoi meccanismi di piano, il risultato finale sarà solo uno: spingere la corruzione dal basso verso l’alto, fino a coinvolgere pure i vertici del potere, che rimarranno invischiati nella logica dell’interesse di gruppo, come nella carta moschicida. È proprio questo background che rende ingovernabili i sistemi pianificati, dove le purghe sono solo la certificazione di una storica impotenza alla soluzione del problema.
Nel caso dell’Esercito popolare di liberazione cinese (PLA), il Wall Street Journal riporta il parere degli esperti americani, su una crisi di fiducia che è antica. «Alcuni dei problemi persistenti del PLA potrebbero essere troppo grandi e hanno un impatto reale sulle capacità dell’esercito di ottenere ciò che si vuole. Sappiamo che la corruzione nelle forze armate cinesi è così profonda da costituire un elemento importante. E sappiamo che ha avuto un profondo effetto su ciò che sono in grado di fare e su come lo fanno». Dunque, Xi Jinping si è lanciato in una crociata senza speranza? Vista la velocità con cui cambia le cose, per poi doverle rimettere precipitosamente al loro posto, sembrerebbe proprio di sì.
Prima di Li Shangfu, il leader del colosso asiatico si era dovuto interessare, quasi alla chetichella, del siluramento di un altro importante militare: Li Yuchao, comandante in capo delle forze missilistiche nucleari. Quella rimozione, abbastanza clamorosa, ha avuto un impatto operativo molto significativo. E, probabilmente, ha fornito ulteriori elementi di riflessione a tutta l’Intelligence occidentale. Yuchao ha avuto una breve carriera al vertice (un anno e mezzo) ed è stato spodestato subito dopo il Ministro degli Esteri, Qin Gang. Gli articoli pubblicati in contemporanea dal ‘PLA Daily’ hanno calcato la mano sulla fedeltà a Xi Jinping e sul tema della corruzione.
La svolta è arrivata con la nomina di un doppio comandante. Uno con funzioni strettamente militari (Wang Houbin) e l’altro col compito di commissario politico (Xu Xisheng), riesumando una diarchia tipica dei regimi comunisti del ’900. Gli specialisti americani ricordano che Xi Jinping ha cominciato la sua dura battaglia anticorruzione nell’esercito cinese, fin dal 2012. L’apogeo della spinta moralizzatrice voluta dal leader si è raggiunto nel 2019, quando l’ex capo del Dipartimento di Stato maggiore congiunto, Fang Fenghui, è stato condannato all’ergastolo. Ma, da allora, la battaglia per la trasparenza si è un po’ infiacchita. O, almeno, così sembrava. Perché ora Xi sembra tornato alla carica. Craig Singleton (Foundation for Defense of Democracies) sostiene che la recente rivolta armata del Gruppo Wagner, in Russia, potrebbe avere sparigliato le carte. Nel senso che il Partito-Stato comunista cinese vuole un assoluto controllo sopra la sfera militare.
Per questo Xi avrebbe rivalorizzato il ruolo dei commissari politici. E per questo starebbe dilagando dentro il Politburo, a macchia d’olio, la ‘sindrome dei nemico della porta accanto’. La corruzione? Se c’è serve ad arricchire il quadro accusatorio e se non c’è, fa lo stesso. Perché il Partito ha sempre ragione.