
La delibera è accompagnata da una relazione analitica per riferire alle Camere sull’andamento delle missioni internazionali delle Forze armate e delle Forze di Polizia, «sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione effettuati nel 2022», recita la comunicazione molto sintetica e decisionista.
Per la prosecuzione delle missioni in corso, l’Italia, «in considerazione del complesso quadro geo-strategico, contraddistinto da persistenti e duraturi fattori di instabilità e aggravato dal conflitto russo-ucraino, continua a operare nella zona del cosiddetto Mediterraneo allargato. All’esterno del Mediterraneo allargato, permane l’esigenza di mantenere una presenza navale nell’area indo- pacifica».
Coma formula di garanzia, il governo scrive che «La strategia di impiego dello strumento militare continua a basarsi sulla tradizionale adesione alle iniziative delle Organizzazioni Internazionali di riferimento per il nostro Paese (ONU, NATO, UE)». Ma dove non decidono gli altri, la possibilità di ‘coalizioni ad hoc’, «con Paesi e attori con i quali condividiamo rapporti di collaborazione o alleanze». Che vuol dire tutto per non dire niente.
Le nuove missioni 2023 di supporto, consulenza e addestramento alle forze locali (L’esempio citato nel pezzo precedente in Sudan, sperando con risultati più tranquillizzanti).
Maggiori dettagli da sperare nell’occasione del dibattito parlamentare, con un impegno di trasparenza sfuggito nella comunicazione scritta che di fatto dice poco e spiega quasi niente.