Tre opposti estremismi e tre aspetti di geopolitica secondo Lorenzo Trombetta. La geografia polarizzata delle profanazioni del libro sacro dell’Islam. La convergenza politico-culturale tra ambienti dell’estrema destra nordeuropea e sistemi di potere autoritari islamici. Infine, la diversa reazione nei contesti popolari sunniti e in quelli sciiti.
Le provocazioni sono avvenute principalmente a Stoccolma. In un solo caso, un rogo in Olanda. Poi la capitale danese Copenaghen torna come luogo chiave in estate. Le azioni avvengono in quei paesi perché la loro legislazione non prevede il reato di blasfemia come in Italia, Germania, Austria e Finlandia. O ‘crimine d’odio’, come invece è il caso della Gran Bretagna.
I primi due ‘attivisti’ sono il danese Rasmus Paludan e l’olandese Edwin Wagensveld, entrambi esponenti politici di estrema destra nei loro rispettivi paesi. Paludan ha poi affermato che l’idea del rogo di Stoccolma sarebbe stato pagato da Chang Frick, editore del ‘Nyheter Idag’, giornale online della destra populista. Frick ha ammesso di aver pagato le spese per l’autorizzazione a svolgere la manifestazione ma ha negato di aver pagato Paludan per incendiare il Corano.
Uno dei primi effetti di questi atti provocatori è la reazione del governo turco. Ankara aveva minacciato il veto sull’ingresso della Svezia nella Nato. Contro le profanazioni arrivano condanne anche dagli Stati Uniti, che vedono in queste azioni una minaccia all’unità dell’Alleanza atlantica. Da febbraio e per tutta la primavera, le autorità svedesi hanno respinto una serie di richieste avanzate da due sedicenti attivisti iracheni in Svezia, Salwan Najm e Salwan Momika, per compiere nuove profanazioni del Corano a Stoccolma dopo che la magistratura aveva difeso la discutibile libertà di espressione.
La convergenza di interessi tra ambienti dell’ultradestra scandinava ed elementi reazionari legati all’Iran. Sia Momika che Najm sono iracheni e hanno un passato in attività criminali e nella militanza armata nello scontro politico-confessionale dell’Iraq post-Saddam. Najm, 49 anni, è anche cittadino svedese, ed è stato accusato di aver violentato una giovane rifugiata irachena in Svezia nel 2015. Momika è dovuto fuggire dall’Iraq dopo uno scontro con un capo-milizia cristiano filoiraniano, Rayan al-Kildani (il Caldeo).
Rayan al-Kildani ha un ruolo importante. È stato recentemente usato dal sistema di potere iracheno per allontanare da Baghdad il Patriarca di Babilonia, il cardinale Luis Sako. Figura molto vicina al Papa, Sako è l’architetto della recente visita del Pontefice in Iraq e del suo incontro, nella città santa sciita di Najaf con il Grand Ayatollah Ali Sistani, notoriamente ostile alla dottrina politica sciita iraniana.
‘Molto probabile’ la possibilità che Momika e Najm, visto il loro passato e la precarietà del loro status, siano stati gli elementi manipolabili da ambienti reazionari nordeuropei interessati ad alimentare un clima di conflitto sociale a loro favorevole.
Quasi tutte le cancellerie di Stati a maggioranza musulmana si sono esposte con condanne verbali e minacce di ritorsioni diplomatiche, politiche e culturali. L’altra reazione è di carattere politico-popolare. A fine luglio, a Baghdad dopo l’ennesima minaccia di bruciare il Corano da parte di Momika, la sede dell’ambasciata svedese è stata attaccata e data alle fiamme. Le contestazioni sono state animate dai seguaci del leader sciita Moqtada Sadr.
La prima iniziativa provocatrice, quella di Paludan, ha avuto origine nel cuore dell’Europa settentrionale e su iniziativa degli ambienti dell’estrema destra trans-scandinava e dei partiti estremisti in Svezia e Danimarca, di ottenere visibilità e rafforzamento in una situazione di generalizzata crisi egemonica.