
La prima settimana dell’invasione di terra della Striscia di Gaza da parte dell’esercito israeliano ha già dimostrato che le operazioni militari rischiano di essere molto più dure e pericolose di quanto siano state in tutte le guerre precedenti nell’area. La ragione principale è che Hamas, rispetto all’ultima invasione nel 2014, è più preparata e soprattutto molto meglio armata. Con un numero di militari israeliani uccisi più che doppio rispetto alla guerra precedente, e questo -rileva il Wall Street Juornal-, quando l’esercito non ha ancora affrontato la vera battaglia urbana.
Nel 2014, in poche settimane Israele entrò in profondità nella Striscia di Gaza, distrusse buona parte del sistema di tunnel di Hamas e due terzi dei razzi a disposizione del gruppo. Ma ora le cose sono cambiate. Armi più temibili e tattiche di guerriglia più sofisticate. Tra le altre cose, Hamas ha già usato due tipi di droni: sia quelli kamikaze, sia droni capaci di trasportare cariche esplosive che vengono sganciate su un obiettivo. Poi i missili anticarro portatili che sulla spalla di un solo uomo possono colpire corazzati a carri armati, come accaduto in Ucraina contro l’esercito russo.
Ma, anche se Hamas ha armi e tattiche migliori di un tempo, l’esercito israeliano rimane eccezionalmente più avanzato e meglio armato, sottolinea il Post. Ha il controllo dello spazio aereo, cosa che gli ha permesso in un mese di colpire ben 11 mila obiettivi -dicono militari-, ed è probabilmente uno degli eserciti più preparati al mondo nelle operazioni contro la guerriglia urbana. Per questo la maggior parte degli esperti non mette in dubbio l’estrema superiorità dell’esercito israeliano, ma sostiene che la guerra contro Hamas rischia di essere sanguinosa e probabilmente di lunga durata.
Secondo il ministero della Salute della Striscia di Gaza, sono stati uccisi finora più di 9.000 palestinesi: sono in gran parte civili, anche se Hamas non distingue nell’elenco dei morti tra civili e miliziani.
Come potrà evolvere l’offensiva di terra dell’esercizio israeliano a Gaza. Sei gli scenari possibili proposti su Avvenire da Francesco Palmas.
Due alternative, entrambe rischiosissime: assedio o assalto. Assediare il quadrilatero urbano di Gaza City, Beit Lahia, Beit Anoun e Jaballia o combatterci casa per casa. Una guerra d’assedio impone tempi lunghi che Israele non ha. Il sistema economico nazionale sull’orlo del crack con la mobilitazione dei riservisti, mentre monta la pressione internazionale. «Ecco perché si prospetta una guerra nelle città», avverte Palmas.
Israele come i russi a Grozny in Cecenia o iracheni e americani a Mosul. Città ridotte in macerie con i bombardamenti, e poi combattimento urbano. «Durante l’operazione ‘Margine di protezione’ (2014) l’esercito israeliano entrò brevemente a Gaza City e vi perse molti uomini, perché il terreno favorisce i difensori».
Gli americani sembrano convinti che la battaglia di Gaza City assomiglierà a quella di Falluja (2004): uno scontro, in Iraq, «fra sciami di insorti e falangi di marine». Ma Gaza City è più angusta, problematica per i blindati pesanti, e un paradiso per cecchini e imboscate.
Ancora Falluja, dicembre 2004. «L’esercito Usa ha dovuto usare metodi draconiani per aver ragione di un quadrato di 5 chilometri per 5, tenuto da pochi insorti, senza armi moderne, ma abilissimi nel piegare a proprio vantaggio lo spazio urbano». Fallita la strategia di manovra folgorante.
Come a Falluja, a Gaza City i difensori resisteranno accanitamente. «Il successo di Israele dipenderà dalla resistenza alle perdite contro un nemico bravissimo a guerreggiare in 3 dimensioni: sotterranea, di superficie e sopraelevata». E serviranno commandos, genieri, carri e mortai appoggiati da droni, jet ed elicotteri. Verso un’autentica ecatombe.
Ipotesi evacuazione Gaza. Hamas, Jihad Islamica e sigle minori con un salvacondotto verso paesi che già ospitano milizie ostili a Israele, come Iran e Siria. Un’operazione simile a quella effettuata con l’Olp di Arafat (1982). All’epoca, il leader e i miliziani ripararono a Tunisi, transitando da Beirut con la mediazione statunitense. Ma oggi appare l’ipotesi più improbabile.
Mentre le bombe continuano ad arare Gaza, cimitero diffuso con le fosse comuni già predisposte tra le macerie.