Sarà tra Luisa González, vicina all’ex presidente di sinistra Rafael Correa, e un imprenditore millennial, Daniel Noboa, il ballottaggio delle elezioni presidenziali in Ecuador previsto per il prossimo 15 ottobre. Con la maggior parte delle schede scrutinate, González – del movimento Revolución Ciudadana, – unica candidata donna alla presidenza -, ha conquistato circa il 33% delle preferenze ieri, non abbastanza per vincere al primo turno di una consultazione segnata dall’omicidio del candidato Fernando Villavicencio. Secondo, dopo González, il 35enne Daniel Noboa – ex parlamentare e figlio di un noto imprenditore, il magnate delle banane Álvaro Noboa – che stando ai risultati non ancora definitivi ha ottenuto il 24% dei voti. Terzo posto per il giornalista Christian Zurita, scelto per sostituire Villavicencio, assassinato il 9 agosto scorso durante un comizio a Quito.
Sorpresa confermata in Guatemala: il candidato di centro-sinistra Bernardo Arevalo ha vinto il secondo turno delle elezioni presidenziali, secondo i risultati ufficiali del Tribunale Supremo Elettorale ha ottenuto il 59% dei voti contro il 36% della sua rivale, Sandra Torres. I due candidati, Bernardo Arevalo, 64 anni, e Sandra Torres, 67 anni, si dichiarano entrambi di centro-sinistra, ma il primo incarna le speranze di cambiamento, in particolare tra i giovani, che costituiscono il 16% dei 9,4 milioni di elettori, mentre la sua rivale è vista come rappresentante dell’establishment. Arevalo, figlio del primo presidente democraticamente eletto del Paese, si considera il simbolo di un nuovo inizio in un Paese profondamente diseguale. “Votare significa chiarire che è il popolo guatemalteco a governare questo Paese, non i corrotti”, ha detto mentre i sondaggi davano la sua vittoria sempre più certa.
Sandra Torres, leader del partito Unità Nazionale della Speranza, aveva cercato e ottenuto il sostegno della destra e degli evangelici. L’ex moglie dell’ex presidente di sinistra Alvaro Colom (2008-2012) ha goduto anche del sostegno del presidente uscente Alejandro Giammattei, il cui mandato è stato caratterizzato da una repressione di giudici e giornalisti che hanno denunciato la corruzione dilagante.
La spettacolare affermazione di Bernardo Arevalo ha destato preoccupazione tra le élite economiche e politiche del Paese. Il 12 luglio un giudice aveva ordinato la sospensione del suo partito ‘Semilla‘ per presunte irregolarità nella sua formazione nel 2017. La Corte costituzionale ha sospeso questa decisione, che è stata ribaltata venerdì scorso dalla Corte suprema. Il giorno prima, il procuratore Rafael Curruchiche, sanzionato da Washington per ‘corruzione’, aveva annunciato il possibile arresto di dirigenti del partito di Arevalo.
Democrazia americana versione latina.
Per il gran finale della campagna per il primo turno di domenica, molti dei 7 aspiranti alla presidenza ecuadoriana hanno tenuto i comizi con il giubbotto antiproiettile. E chi non lo ha fatto, come la progressista e più votata Luisa González, delfina di Rafael Correa, si è presentata all’ultimo evento di giovedì, a Guayaquil, epicentro della violenza, con una doppia scorta. Il giorno prima, uno dei candidati, Daniel Noboa, aveva dovuto interrompere il discorso a Durán per una sparatoria. In 9 agosto, con l’assassinio di Fernando Villavicencio, la criminalità organizzata ha voluto esibire un potere che ormai esercita da anni.
Dal 2020, la maggior parte della cocaina diretta in Europa parte dall’Ecuador, nonostante questo non sia un Paese produttore, a differenza dei vicini Colombia, Perù e Bolivia. A gestire il flusso dai porti sono i due più potenti cartelli messicani della droga, Sinaloa e Jalisco. Come la storia latinoamericana recente insegna, il controllo delle rotte della coca si accompagna alla cooptazione di pezzi di istituzioni e al radicamento sul territorio, in cui è stata trasferita anche parte della lavorazione. Gli esperti lo denunciano ma le politiche adottate dalle ultime amministrazioni sono andate in direzione opposta.
I programmi sociali di Rafael Correa e l’aumento della polizia, all’inizio degli anni Duemila, hanno ridotto povertà e delinquenza. La stretta sulla carcerazione preventiva, però, ha quadruplicato il numero dei detenuti. Con i tagli alla giustizia decisi dal successore, Lenín Moreno, le prigioni sono diventate bacino di reclutamento per i narcos messicani. Il conservatore Guillermo Lasso – l’attuale presidente che a maggio ha sciolto il Parlamento per evitare l’impeachment per uno scandalo di mazzette – ha proseguito sulla stessa linea di austerità.
In Guatemala dove l’outsider progressista Bernando Arévalo, ex diplomatico e accademico. aveva passato a sorpresa il primo turno del 25 giugno, ancora più a sorpresa ha vinto ed è presidente al primo turno, vincendo su Sandra Torres, esponente dell’establishment tradizionale contro la cui «corruzione» – denunciata da più parti – si era scagliato, fin dalla sua entrata in politica, Arévalo, tra i fondatori del movimento di rinnovamento Semillas. A fargli guadagnare punti, anche la feroce campagna scatenata dal giudice Fredy Orellana per escludere Semillas dal ballottaggio sulla base di presunte irregolarità nella raccolta delle firme per la sua fondazione, nel 2018.
Il magistrato, sotto sanzioni da parte del Dipartimento di Stato Usa, è considerato parte del meccanismo di persecuzione legale che negli ultimi tempi ha costretto un centinaio di attivisti, giornalisti e giudici indipendenti a fuggire all’estero, impedendo loro di presentarsi al voto. Altre decine sono finite in cella. Nel caso di Arévalo, lo scandalo internazionale ha costretto la Corte Suprema a intervenire perché potesse proseguire la corsa verso la presidenza.
La sua elezione diventa così una rivincita anche per chi ha guardato il voto da dentro una cella o fuori dal Paese dell’America Centrale.