«La Polonia e gli Stati Uniti attraversano un momento di allineamento strategico, in cui molti dei rispettivi obiettivi geopolitici possono essere soddisfatti grazie al reciproco benché asimmetrico aiuto». Provando a tradurre in linguaggio corrente, gli Stati Uniti vogliono appaltare la difesa del Vecchio Continente che loro insistono a ritenere il proprio impero europeo, per concentrarsi sulla competizione per loro più importante, che è quella con la Cina.
«Serve una Nato in cui i membri più predisposti ad abbracciare le disposizioni del Numero Uno, volte in questo quadrante al contenimento della Russia, abbiano maggior peso», scrive Limes. E i paesi del fianco orientale dell’Alleanza Atlantica, anti russi per storia e posizione, sono di fatto elevati a partner privilegiati dagli Stati Uniti. Varsavia avanguardia e capiclasse del fronte antirusso con l’investimento di oltre il 4% del pil nella difesa e con il sostegno a oltranza all’Ucraina invasa.
La guerra in Ucraina ha favorito nella Polonia e negli altri baltici e centro-orientali ex sovietici il predominio della dimensione atlantica su quella europea. La protezione offerta da Washington si è tradotta in un rafforzamento della presenza militare dell’Alleanza nei paesi della linea di contenimento della Russia. E come mostra la carta di copertina, sono ormai fatti e non teorie. La Polonia detiene il primato con 12.600 truppe Nato, cui si aggiungono i 122.500 delle Forze armate nazionali, con Varsavia sulla strada di diventare prima potenza militare continentale.
In generale, il settore baltico è privilegiato in termini di supporto Natyp-americano rispetto agli alleati meridionali, più lontani dai confini della Russia e pertanto ritenuti meno esposti al rischio di attacco.
A conferma di ciò, in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia sono schierati già dal 2017 quattro gruppi di battaglia a conduzione euroatlantica guidati rispettivamente da Regno Unito, Canada, Germania e Stati Uniti. Forze di presenza avanzata della Nato (Enhanced Forward Presence), dispiegate nei paesi ritenuti più a rischio di aggressione in seguito all’annessione russa della Crimea, è stata decisa la formazione di altri quattro gruppi in Slovacchia, Bulgaria, Ungheria e Romania, sul fianco orientale dell’Alleanza.
Gli otto paesi da cui è composto il fronte antirusso, formano lo scheletro della Nato desiderata da Washington, che –a voler esagerare-, dovrebbe arrivare a lambire mar Baltico, Me Nero e Adriatico, «come prescritto dal progetto storico-strategico polacco dei Tre Mari», di cui nessuno in casa occidentale a somnp ad oggi ritenuto importante segnalarci, almeno tra le ipotesi.
Con l’abbandono delle neutralità finlandese e svedese, il Baltico è ormai Lago Atlantico a tutti gli effetti. «Così come l’Adriatico , su cui l’Italia non esercita un’influenza decisiva e che rimane a diposizione degli altri soci euroatlantici», denuncia netto Agnese Rossi, lasciando ai nostri incubi immaginare Trieste e Venezia sulla linea del fronte. Con il Mar Nero, oggi di dominio turco e russo, domani agganciabile al fianco orientale dell’Alleanza via Romania.
La carta evidenzia lo spostamento a nord-est del baricentro strategico del Vecchio Continente. Con il rafforzamento del fronte orientale della Nato promosso dagli americani che eleva la ‘Nuova Europa’ mentre declassa gli ‘europei occidentali’, noi italiani assieme e molti altri, che forse avremmo qualcosa da dire, salvo diversi ordini ricevuti. Con Varsavia che da subito ne trae vantaggio soprattutto in chiave antitedesca.