Israele della ‘supremazia ebraica’ e di Netanyahu in piazza. ‘Stato di apartheid’

Circa 200mila israeliani simpatizzanti e attivisti della destra ieri sera in piazza a Gerusalemme a sostegno della riforma giudiziaria per mettere sotto controllo del governo la Corte Suprema e salvare da una probabile condanna per corruzione il discusso e immarcescibile premier.
Il paese, dice Netanyahu, è con me.
Peter Beinart, docente alla Scuola di giornalismo della City University of New York, su «la convivenza tra le varie anime della società ebraica. E il docente statunitense di origine ebraica denuncia come ‘Stato di apartheid’ che –terribile previsione-, «nel prossimo futuro potrebbe effettuare una nuova espulsione di massa dei palestinesi».
Stati liberal democratico o Stato ebraico?

La ‘marcia del Milione’, con lo sconto

La piazza filo governativa di Gerusalemme contro quelle di opposizione nella più laica Tel Aviv che tra gennaio e marzo hanno riempito le strade anche della stessa Gerusalemme. Ieri in piazza l’espressione dell’ebraismo più integralista, famiglie religiose con tanti bambini, uomini rigorosamente con la kippah, donne con i capelli coperti come richiede la tradizione, e coloni giunti in massa dalla Cisgiordania palestinese occupata, molti di loro armati, racconta Michele Giorgio sul Manifesto.

Netanyahu dietro le quinte

Oltre mille bus messi a disposizione dai partiti governativi, dal Likud a Sionismo Religioso, e associazioni di destra dietro la Marcia del Milione. Alla fine in piazza forse 200 mila. Per Netanyahu, questa partecipazione comunque sostenuta basta per proclamare che il paese è con lui anche se i sondaggi dicono che la riforma della giustizia, nella sua forma attuale, non convince la maggior parte degli israeliani. Dall’opposizione -trattativa sulla correzione della legge liberticida di fatto arenata-, la promessa di sempre ampie manifestazioni di protesta.

Che Israele vedono gli ebrei della diaspora?

«Le tribù di Israele» citate dall’ex presidente Rivlin

Peter Beinart, docente alla Scuola di giornalismo della City University of New York, parla con Limes della crisi di identità che sta vivendo Israele, o meglio, «sulla convivenza tra le varie anime della società ebraica». Palestinesi esclusi persino dall’elenco problemi, mentre si esaltano le differenze tutte ebraiche tra religiosi e laici, tra ashkenaziti e mizrahim. E il docente e analista statunitense di origine ebraica denuncia Israele come ‘Stato di apartheid’ che –terribile previsione-, «nel prossimo futuro potrebbe effettuare una nuova espulsione di massa dei palestinesi».

Stati liberal democratico o Stato ebraico?

In Israele esiste la contraddizione tra il principio dello Stato liberal-democratico e il principio dello Stato ebraico. Uguaglianza di tutti davanti alla legge o supremazia di un gruppo etno-religioso?. «Questi due princìpi stridono in particolare tra Gaza e Cisgiordania, dove la stragrande maggioranza dei palestinesi che vivono sotto il controllo israeliano non gode dei diritti di cittadinanza. Ma anche gli arabi israeliani sono cittadini di serie B, perché non hanno libero accesso alla terra e sono costretti a vivere in piccole enclave».

Corte Suprema e i privilegi religiosi

Gli ortodossi non la amano la Corte Suprema perché ha detto che i religiosi non sono esentati dalla leva militare, anche se continuano a non servire sotto le armi. Loro immaginano la Corte come un’istituzione progressista, «ma gli accademici che l’hanno studiata dicono che è estremamente deferente verso i servizi di sicurezza israeliani», denuncia Beinart.

Le comunità ebraiche americane che ne pensano?

«Un 20% ha opinioni simili alla mia, cioè che Israele è uno Stato d’apartheid, e preferirebbe uguaglianza per tutti. Un 40% supporta Israele qualunque cosa esso faccia. E un altro 40% è per la soluzione dei due Stati. Rispettivamente, sono antisionisti, sionisti tradizionali e sionisti liberali».

La diaspora americana comunque a destra

Le società economicamente sviluppate hanno conosciuto scarsissime migrazioni verso Israele, Stati Uniti compresi. Smentendo il sionismo originale sulla diaspora, gli ebrei statunitensi erano e sono convinti di poter vivere una vita più libera e sicura in America. «Sicuramente a destra. Perché i sionisti tradizionali sono affiancati agli evangelici repubblicani, che, se anche non ci fossero ebrei, sarebbero comunque pro-Israele».

Americani bianchi

Molti americani bianchi, non solo gli evangelici ma pure i cattolici, si identificano profondamente con Israele. Il sionismo cristiano ha radici profonde, ed essere cristiani implica facilitare il ritorno degli ebrei nella storica Terra promessa. Inoltre, anche l’America è un posto in cui la gente è venuta da lontano e ha creato una nuova società. In molti vedono nella fondazione degli Stati Uniti un’equivalenza biblica.

Attuali tensioni Usa-Israele

Washington-Tel Avivv, o Gerusalemme se volete. I due governi di certo hanno agende diverse. Biden vuole tranquillità in Palestina e Medio Oriente per concentrarsi su Ucraina e Cina. Netanyahu intende invece cambiare lo status quo, liberarsi dell’Autorità palestinese e annettere la Cisgiordania. Gli americani temono che ciò scateni un’altra Intifada e il mondo arabo attorno.

Le tribù ebraiche nella diaspora americana e il razzismo

«La vera differenza tra Stati Uniti e Israele è che in quest’ultimo i giovani sono molto più a destra dei giovani americani». A Israele tutta la terra tra il mare e il Giordano? «La vera differenza è che se sei di destra vuoi anche espellere i palestinesi». Ma se ti liberi di tutti gli arabi, chi farà i lavori ‘sporchi’? Badanti dalla Filippine, manodopera dagli emirati arabi.

Politica estera Usa?

«Storicamente, quando l’America bolla un paese come nemico, fa lo stesso con le persone associate a quel paese. È successo con i giapponesi internati in campi di concentramento durante la guerra mondiale. Ora lo si comincia a vedere verso i cittadini di origine cinese o asiatica. Andrà sempre peggio».

L’antidemocrazia multipolare Usa

Pechino rappresenta una minaccia esistenziale non per l’America, ma per l’unipolarismo americano. Forse non è la cosa peggiore del mondo per gli Stati Uniti vivere in un sistema più multipolare. Il terrore della Cina è connesso al terrore dell’America bianca e cristiana di perdere potere.

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