Biden rinnega Wagner ma la usa contro Putin tra timori nucleari di casa

Non poteva che essere così: ‘cogliere l’attimo’ per colpire Putin sperando di sfinirlo. Ieri la CNN titolava ‘il Presidente sta torchiando Putin, anche se gli Stati Uniti negano un ruolo nell’insurrezione russa’. Una scusa ripetitiva in ogni discorso. Dall’altro lato, però, le campane hanno altri rintocchi e suscitano apprensione.
Inoltre, chi viene dopo, potrebbe essere peggio di chi c’era prima.

Per chi stona la campana

Dopo le accuse di Putin e quelle, particolarmente pesanti, di Lavrov, rivolte a Francia e Occidente, ieri il Financial Times ha citato quelle di Viktor Zolotov. Un personaggio che ha un suo significato, perché non solo è il comandante della Guardia Nazionale russa, ma viene considerato anche uno degli uomini più fidati del leader del Cremlino. Zolotov, che riceverà in ‘dote’ le armi pesanti che dovranno essere cedute dal Gruppo Wagner, ha parlato, apertamente di «collusione tra Prigozhin e l’Occidente». La CNN, invece, ha confermato quello che abbiamo già scritto sulla ‘informativa’ elaborata dai Servizi Usa: «conoscevano tutto, per filo e per segno, molto prima che accadesse. Secondo alcuni, imbeccati da altri colleghi europei, secondo altri, invece, dettagliatamente ragguagliati da ‘quinte colonne’ piazzate, addirittura, tra le mura del Cremlino. Diventato, per l’occasione, come il castello di Macbeth dove il Re rischia la pelle».

Paradossi in versione americana

Una situazione paradossale, quasi kafkiana, perché sentite un po’ come il network televisivo Usa racconta l’approccio dell’Amministrazione Biden: «I commenti del Presidente, nel frattempo, riflettevano anche la strana dicotomia della sua strategia nei confronti di Putin. Mentre inviava a Zelensky miliardi di dollari in armi e munizioni, per lottare per la sopravvivenza del suo Paese, Biden insiste sul fatto che gli Stati Uniti non sono coinvolti in una resa dei conti con la Russia, facendo tutto il possibile per evitare uno scontro diretto tra le forze Nato e quelle di Mosca, che potrebbe comportare un’escalation in stile guerra mondiale».
Dunque, l’insistenza ad autoassolversi della Casa Bianca e pure quella di Blinken, al Dipartimento di Stato, sono figlie di una preoccupazione che ormai è sempre più palese: non esiste un vero calcolo della ‘soglia di rischio’, oltre la quale la guerra, da convenzionale, potrebbe diventare nucleare, con l’utilizzo da parte russa delle cosiddette armi atomiche ‘di teatro’.

Minaccia al suolo russo quale?

Abbiamo già ricordato che il Cremlino non ha escluso a priori di ricorrere a questi ordigni, ma l’ha subordinato a una reale minaccia contro il territorio nazionale russo. Ricapitolando: forse è per questo, o è soprattutto per questo, che la stampa americana ha dato notizia di un appello rivolto dal Pentagono agli ucraini. Ma sarebbe meglio dire di un ‘ordine’. Niente attacchi di qualsiasi tipo (manco con i droni), dentro la Russia, durante il tentato colpo di Stato. E questo per evitare che la dirigenza moscovita si facesse venire per la testa idee complottistiche, a carico dell’Occidente. Come poi si è quasi verificato. Resta il fatto che, attorno a questa storiaccia, ci sono troppi silenzi, molte omissioni e troppe scuse messe in piedi a casaccio, che arrivano anche da Washington e da Bruxelles.

La Teoria dei giochi dice che partite così complicate, come quella sanguinosa che purtroppo si sta giocando in Ucraina, vanno affrontate senza mosse azzardate. Pensare che mettere in difficoltà Putin o sostituirlo voglia dire risolvere il problema, allora significa non conoscere la Russia.

Un ‘dopo Putin’ che potrebbe essere peggio

Perché, chi viene dopo, potrebbe essere peggio di chi c’era prima. L’hanno capito in molti, anche se non tutti, alla Casa Bianca. Il New York Times ha dedicato un’acuta analisi alle ricadute geopolitiche del tentato ‘golpe’. Ebbene, ha concluso che tutti i principali amici, partner, soci o simpatizzanti della Russia all’estero non hanno battuto ciglio. Arabi, ‘non allineati’ e altri Stati hanno manifestato il loro sostegno al Cremlino. «Per Putin – scrive NyT – che ha messo assieme un elenco sorprendentemente solido di Paesi che appoggiano la sua guerra contro l’Ucraina o sono rimasti neutrali, è stata una dimostrazione di mutua rassicurazione, tanto necessaria. Il messaggio della Russia, a quanto pare, era rivolto alla politica estera, anche dopo gli eventi allarmanti dello scorso fine settimana».

L’ex ambasciatore americano in Russia, Michael McFaul: «Non è nel nostro interesse o nell’interesse di chiunque altro smuovere le cose. Ma in privato, se il tuo obiettivo è la stabilità, allora dovresti preoccuparti della capacità di Putin di fornire questa stabilità». Chiaro no?

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