
La scoperta del quotidiano finanziario britannico che, dall’invasione dell’Ucraina, l’import di strumenti di controllo numerico tra Pechino e Mosca è aumentato di almeno 10 volte. Si chiudevano i vecchi mercati, da Taiwan alla Corea del Sud, dal Giappone alla stessa Europa, e Pechino suppliva a suo vantaggio. Il FT che resta britannico e quindi occidentalmente schierato avanza qualche sospetto sulla qualità delle macchine cinesi per il ‘controllo di qualità’. Vero o no, di necessità virtù.
Critiche sulla qualità cinese a parte, il problema chiave da risolvere sembra quello ome la cospicua massa di strumenti cibernetici importati dalla Cina, riuscirà a essere integrata in un processo produttivo altamente sofisticato, come quello richiesto da certe armi avanzate. Il Financial Times cita come esempio, la realizzazione dei droni-kamikaze ‘Lancet’, che hanno inflitto danni notevoli alle forze ucraine. Sono realizzati da Aeroscan, la cui componentistica è fornita da un’impresa russa che importa macchine utensili informatizzate proprio dalla Cina.
Il problema-chiave è l’adeguamento nel processo produttivo di nuove macchine, che funzionano in maniera diversa da quelle occidentali precedenti. Per il settimanale britannico l’interlocutore chiave sul problema è ucraino. Secondo Olena Yurchenko, del Consiglio di sicurezza economica dell’Ucraina, «è quasi impossibile utilizzare questo tipo di macchine cinesi in uno stabilimento che ha basato i suoi processi di produzione su uno strumento con specifiche diverse». E gli esperti occidentali presenti a Kiev ritengono che i russi non abbiano ancora pienamente utilizzato le macchine cinesi importate, proprio per la necessità di avviare un periodo di rodaggio.
Nel reportage anche spunti spionistici dove vengono citate «foto disponibili di aziende russe in funzione», che mostrano l’utilizzo di sistemi di controllo numerico computerizzato occidentali. Che continuano ad arrivare a Mosca. Stati Uniti e blocco occidentale sembra abbiamo finalmente compreso che sigillare completamente il mercato, è praticamente impossibile. Allora, la strategia adottata è quella di farle alzare i costi dell’approvvigionamento, sperando di dissanguarla progressivamente, almeno da un punto di vista finanziario.
Così, uno studio della Banca di Finlandia dimostra che mentre i prezzi dell’import cinese, per gli altri Paesi, sono aumentati mediamente del 12%, nel caso di Mosca il salasso è stato ben più pesante, arrivando al 78%. Insomma, cari alleati si, ma soprattutto ‘alleati cari’.