Parto da questo verso di Wendell Berry, cercando con ogni energia di sottrarmi dal fastidio e dalla rabbia di questi giorni, dalla retorica della “bomba d’acqua” imprevedibile, dalle farneticazioni dei politici, dalle promesse senza senso, dal dolore vissuto sulle prime pagine dei giornali e sulle tv come intrattenimento; da tutto quello che ci rende indifferenti e complici, assuefatti alle menzogne come regime culturale e quindi responsabili. Ognuno nella sua dose di accettazione dell’ingiustizia e della stupidità che regola il mondo.
Resta il dramma vissuto sulla pelle di chi ha perso tutto, vita, amici, speranze. Tutto il resto è indecenza e spettacolo.
Coloro che usano il mondo lo fanno per un interesse che niente ha a che fare con l’umanità. Hanno conoscenze minime, ignorano ogni aspetto culturale che possa ostacolare la sufficienza arrogante e di potere con la quale ci sottopongono alla distruzione. Prima che alla distruzione della natura, dell’unico pianeta che abbiamo, dell’unico paesaggio che abbiamo, a quella dell’essere umano sempre più ridotto in schiavitù. In una schiavitù dorata, volontaria, fatta di re, regine, signorie, scintillanti valori, ostentazione di ricchezze e passiva suddita felicità per le grandezze di chi, sorridente in doppiopetto, ti asfalta la montagna e anche la vita.
“La foresta viene straziata solo per vendere qualche stecco, oppure spianata dalle ruspe centro un torrente è ricoperta dalla stessa terra su cui sorgeva un giorno. Il torrente s’inquina e ammazza le creature che un giorno da esso traevano vita”.
Ancora le parole di Berry ci accompagnano nella riflessione sulle emergenze che costantemente devastano le nostre vite. Montagne che franano per il dissesto a cui sono sottoposte, fiumi che esondano per mancanza di cura, perché il progetto di consumo del suolo prevale su ogni buon senso; paesaggi privati di spiritualità e bellezza, scavati, martoriati, illuminati a giorno, resi merce.
E non siamo noi i responsabili? Certo che lo siamo. Inutile aprire le inchieste, andare a cercare il cavillo giudiziario: è una questione culturale e quindi politica. Se si accetta il rischio della distruzione in cambio di un profitto economico, si accetta di poter franare, morire, lasciare terra bruciata ai nostri figli, assistere alla scomparsa del sano e rurale principio di precauzione che per secoli ci ha guidato e che oggi è scomparso nell’agenda della modernità, sostituito dal principio di rischio che guida il glorioso e intoccabile diritto di pochi ad arricchirsi oltre ogni misura mettendo a repentaglio il bene comune dei molti, oltre al futuro e alla vita stessa.
Il fatto è che quelli che distruggono il mondo sono anche quelli che stanno lì a spiegarti che lo fanno per noi. Lo spiegano sui loro giornali, sulle loro televisioni. E noi, poveri cari, non abbiamo più alcuno spazio di riflessione, di pensiero critico che si fa comunicazione. Abbiamo abbandonato tutto, convinti dalla modernità a cedere sovranità e dignità. Siamo lì attoniti a dover scegliere tra i beceri populisti della fascisteria, che da sempre vedono la natura come un inutile orpello, e i migliori della transizione ecologica che ritengono sopravvalutato il paesaggio e sognano la distruzione delle regole costituzionali per consentire l’ultimo decisivo sacco del Paese.
E, come è evidente, non parliamo solamente di paesaggio, natura, vivibilità e clima: parliamo della nostra democrazia.
Ps
Scrivevo su Remocontro qualche tempo fa, parlando del bene comune legato a un sano principio di precauzione: “La precauzione evita efferatezze. Le efferatezze si celano nel rischio che invece rappresenta il sale della progettualità che privatizza i profitti e collettivizza i danni, emergenze comprese… nelle scelte comunitarie e politiche il principio di precauzione si dovrebbe applicare non a pericoli già identificati, ma a pericoli potenziali; si dovrebbe usare come principio filosofico per evitare di attuare scelte su cose di cui non si ha ancora una conoscenza certa e che quindi potrebbero nuocere alla salute, all’ambiente, alla vita delle persone”.