Era quella la promessa chiave di Javier Milei, il bersaglio-obiettivo del suo governo, e non certo la classe lavoratrice che –beffa della storia- alla fine lo ha in parte votato, ammette indirettamente Claudia Fanti sul Manifesto. «E la popolazione argentina, impoverita e arrabbiata, a questa inverosimile promessa aveva deciso di credere». Il risveglio era forze meritato, ma decisamente crudele: «Non solo l’odiata casta ha mantenuto salda la presa sul nuovo governo, ma le misure emanate da Milei sono andate tutte a beneficiare i potenti di sempre».
I grandi imprenditori del paese, dell’Asociación empresaria argentina, applaudono al mega-decreto sulla deregulation e le privatizzazioni della scorsa settimana: «un’occasione storica». Il settore privato liberato. Basta ingerenze statali indebite, a controlli dei prezzi, un’elevatissima pressione tributaria, a restrizioni arbitrarie in materia di commercio estero e a minacce come la legge sull’approvvigionamento che assicura quote di beni al mercato interno. Chi non ha i soldi muoia pure di game, e Amen. Persino Trump risulterebbe un moderato, o, per stare nell’America meno potente, il reietto brasiliano Bolsonaro qui rimpianto.
A esultare sono state anche le compagnie straniere, a cui Milei ha voluto regalare la revoca della già moderata ‘Ley de Tierras’, destinata ad arginare il fenomeno della «extranjerización» della terra in Argentina, cioè la cessione agli stranieri di fasce sempre più estese di territorio, con le relative risorse naturali, compresa l’acqua, come indica il caso del Lago Escondido nel Río Negro, in mano al miliardario britannico Joe Lewis.
Presentata nel 2011 da Cristina Kirchner, la legge già concedeva che gli stranieri potessero appropriarsi di ‘solo’ il 15% delle terre del paese, fissando pure un tetto massimo di 1000 ettari per le aree più produttive. Ed era vietata la vendita a stranieri di terreni che contenessero corpi idrici (fiumi, laghi, ghiacciai, acque sotterranee) e di immobili situati in zone di frontiera.
Poi, nel 2016, con l’avvento Di Mauricio Macri, i controlli previsti dalla legge erano stati allentati, consentendo così il trasferimento di azioni a persone fisiche o giuridiche straniere. Finché, ora, il «Decreto di necessità e urgenza» di Milei rischia di cancellare del tutto la normativa.
Già ora, oltre 12 milioni e mezzo di ettari (un po’ meno della metà del territorio italiano) risultano in mano a imprese straniere, in una classifica che è guidata proprio dall’italiano Gruppo Benetton (con 900mila ettari) ma che vede ben piazzati anche Joe Lewis (con 38mila ettari) e l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani, il quale, in Patagonia, possiede 28mila ettari tra Bariloche e El Bolsón, il centro sciistico Baguales e azioni della Exxon Mobile che opera a Vaca Muerta (il territorio, grande quasi come il Belgio, nella Patagonia argentina, considerato la quarta riserva al mondo di shale oil e la seconda di shale gas).
Ora ‘liberi tutti’ alle crescenti mire straniere sul litio, di cui l’Argentina – situata nel cosiddetto triangolo del litio a cui appartengono anche Bolivia e Cile – è il quarto produttore mondiale, con esportazioni cresciute nel 2022 di oltre il 230%. «Lo ha chiarito lo stesso Milei, in conversazione con la conduttrice televisiva Mirtha Legrand, tirando in ballo l’interesse per l’oro bianco manifestato da Elon Musk», scrive Claudia Fanti. Proprio quel Musk che, interpellato da un utente su Twitter nel 2019 sul ruolo degli Usa nel golpe boliviano in riferimento al litio, aveva scritto:
«Noi colpiremo chiunque vogliamo! Fattene una ragione». Un americano vero!
Lo stesso Musk che verrà subito beneficiato dalla deregulation dei servizi di internet satellitare con la ‘detegulation’, che gli consentirà l’ingresso di operatori come Starlink. E il ‘Presidente Loco’, questo già il soprannome popolare, se ne vanta pure. «Mi ha chiamato Elon Musk. È estremamente interessato al litio. Ed è molto interessato anche il governo Usa, come pure molte imprese statunitensi, ma ciò di cui c’è bisogno è un quadro giuridico che rispetti i diritti di proprietà».
A spese, ovviamente, del territorio, il commento finale di una amareggiata Claudia Fanti. Mentre le compagnie straniere e l’odiata casta fanno festa. E il neo-presidente spera in Elon Musk.
«El loco» minaccia parlamento e giudici: se bloccano la riforma sulla febbre del litio e territori svenduti, si va al giudizio popolare. Contro la privatizzazione di tutte le imprese statali che riduce il diritto di sciopero, riforma le leggi che regolano i contratti collettivi, le liquidazioni, i licenziamenti senza giusta causa, molte accuse di incostituzionalità giunte anche da prestigiosi giuristi.
Da subito anche il protocollo anti- picchetti lanciato dal governo poche ore dopo la nomina di Milei lo scorso 10 dicembre. Le nuove disposizioni stabiliscono l’arresto in fragranza per chi intralcia il traffico per protesta e impone dure sanzioni a chi organizza blocchi stradali. Per questo nella mobilitazione di ieri non c’è stato corteo. Ma monta la richiesta di uno sciopero generale.
Bessa su beffa, progetto di legge annunciato dal più stretto collaboratore di Milei, decreto che abbassa le aliquote fiscali per i grandi capitali, stabilisce un condono tributario per chi dichiara beni e depositi all’estero e reintroduce l’imposta sui salari più alti.
Tra le norme, anche l’eliminazione della doppia imposizione fiscale sugli investimenti in alcuni Paesi esteri. Esempio di scuola, il Lussemburgo, dov’è la sede della potentissima holding italo-argentino Techint. Insomma, autorizzazione di Stato a delocalizzare grandi capitali per eludere il fisco.
Forza più avanti. Il futuroi dei mai, probabilmente per il governo. E se mai intervenisse qualche magistrato eversore a bocciare l’azione limpida del Loco Milei, o lo stesso Parlamento, allora ‘linea dura’. Secondo lui diversi deputati gli si oppongono «in cerca di mazzette». E lui raddoppia la posta. Se parlamento e magistratura bloccano il mega decreto, lo sottometterà a plebiscito.
Una misura esclusivamente politica, visto che il risultato non sarebbe vincolante, ma di utile sostegno propagandistico per il governo. Che ancora una volta gioca sulla disperazione e l’apparente assenza di alternative dignitose per la popolazione. «Se va male, salta tutto per aria, ma se non facciamo niente salta tutto lo stesso».