America e Nato sapevano cosa si preparava in Russia

L’Occidente sapeva ed ‘osservava’ con qualche preoccupazione per l’arsenale atomico russo e qualche speranza per un ‘dopo Putin’ da imporre ad una Russia nel caos. Le ammissioni governative Usa condivise con gli alleati chiave. Ma quanto e cosa realmente sapevano gli americani del ‘golpe’ di Wagner? Per la loro stampa molto di più di quello che dicono.
Blinken, sabato sulla rivolta di Wagner: «Gli Stati Uniti non c’entrano e non vogliamo fare commenti». Blinken ieri, come riporta il Washington Post: «Putin ora è più debole e l’Ucraina può trarne i suoi vantaggi».

 

La rivolta Wagner in cronaca americana

Ci sono larghe zone d’ombra nel tentato e molto anomalo ‘golpe’ in salsa moscovita. Dentro e fuori dalla Russia. Sì, perché come rivela la stampa americana, ‘l’Occidente sapeva’. E osservava. Almeno questo dice il New York Times che, in un report firmato da David Sanger e Julian Barnes, rivela che quello preparato da Prigozhin era come il …segreto di Pulcinella. Dunque, scrive il prestigioso quotidiano Usa, basandosi sulle sue riconosciute ‘entrature’ ai piani alti dell’Amministrazione Biden, la Casa Bianca sarebbe stata avvisata del complotto per tempo. Le agenzie di Intelligence americane avrebbero sostanzialmente ribadito che il Gruppo Wagner intendeva ribellarsi, marciando su Mosca.
E qui Biden ha dato il via a una specie di pantomima (dice sempre il New York Times), chiamando gli alleati europei più stretti (Francia, Germania, Regno Unito) e non calcolando gli altri, che sono stati contattati dal Dipartimento di Stato.
Perché pantomima? Perché le informazioni ricevute dagli americani sono arrivate direttamente dai Servizi europei, che a loro volta hanno un filo diretto con quelli ucraini (specie gli inglesi). Quindi Biden è andato ad ‘avvisare’ ufficialmente chi già sapeva tutto.

Strano e inquietante

Gli americani hanno subito dato la loro versione dei fatti, facendo dire a Blinken «che non c’entrano con il colpo di Stato». Però sapevano, come tutto l’Occidente, che un sanguinario ex galeotto (Prigozhin) a capo di un esercito di malavitosi avrebbe potuto mettere le mani sull’arsenale nucleare della Russia. E nessuno si è mosso. Hanno giocato a ‘risiko’ sulla pelle del mondo sperando di trarne vantaggio.
La CNN dice addirittura che i primi briefing, sul ‘possibile golpe’, risalgono a una settimana fa e hanno visto protagonisti l’Intelligence Usa e i funzionari del Pentagono. Quando la situazione è apparsa più chiara, e cioè che qualcosa di grave si sarebbe verificato in tempi brevi, giovedì, dice sempre la CNN, le informazioni sono state passate ad alcuni esponenti di punta del Congresso. In tutta questa storia, non è chiarissimo quanto (e come) il Presidente sia stato veramente avvisato.
Qualcuno avanza il sospetto che, per quasi tutto lo sviluppo della questione, sia stato volutamente quasi tenuto fuori. Prima di essere correttamente ragguagliato, in tutto e per tutto, venerdì sera, solo quando non se ne poteva fare a meno. Perché, come ribadisce la CNN, molti indizi e diverse informazioni ‘collaterali’ convergono nel fare ipotizzare una possibilità: ‘gli Usa forse sapevano anche il giorno scelto da Prigozhin per ribellarsi e marciare su Mosca’.

L’interesse occidentale rischiatutto

Blinken ha gestito lo sviluppo delle operazioni, con raccomandazioni severissime alle Rappresentanze diplomatiche di evitare qualsiasi commento. Il timore, ribadito anche dal New York Times, è che Putin possa pensare che dietro il colpo di mano di Prigozhin ci siano in qualche modo gli Stati Uniti e il loro ‘mantra’ sul cambio di regime a Mosca. Per la verità, è già un pezzo che questo obiettivo è sparito dall’agenda di Biden o, almeno, che qualcuno gli ha detto di non menzionarlo. Ma in questo caso, lo scrupolo diplomatico di Blinken oltre che eccessivo, sembra francamente un po’ sospetto. Anche perché, come abbiamo già detto all’inizio, adesso ha aggiustato il tiro, venendo fuori al naturale e sostenendo che il fallito golpe, indebolendo Putin, rafforzerà Kiev. A rendere l’analisi ancora più complessa, ci pensa il Washington Post, che nel suo articolo d’apertura sottolinea come «anche gli ucraini si aspettavano la rivolta di Prigozhin».

Proprio il quotidiano liberal sostiene che, uno dei motivi scatenanti la rabbia del capo di Wagner, è stata la riforma dell’arruolamento delle milizie private. La legge russa di qualche settimana fa, infatti, attribuiva al Ministero della Difesa di Mosca una sorta di “esclusiva”, privando Prigozhin della possibilità di contrattualizzare nuove reclute, se non con l’assenso del governo.

Sul futuro di Prigozhin e di Putin

E ora? Basterà l’esilio ‘dorato’ in Bielorussia a salvare la vita dell’ex ‘chef’ di Putin? Intanto, bisognerà aspettare un po’ per vedere se veramente la rottura con Putin è definitiva o se, paradossalmente, anche in questo caso ci sia stato una specie di gioco delle parti. Secondo l’ex direttore della Cia, il generale David Petraeus, Prigozhin rischia l’osso del collo. Citato dal Wall Street Journal, Petraeus così si è espresso: «Dovrebbe stare molto attento alle finestre aperte, nel suo nuovo ambiente, in Bielorussia, dove sta andando». Un certo numero di russi, compresi alcuni che avevano criticato la guerra in Ucraina, sono caduti dai tetti e dalle finestre dei grattacieli e sono morti.

Il legislatore russo Pavel Antov è deceduto l’anno scorso, dopo essere precipitato dal tetto di un albergo in India. Mentre Ravil Maganov, un alto dirigente della Lukoil, che aveva chiesto la fine dell’impegno bellico russo, è morto cadendo misteriosamente dalla finestra di un ospedale di Mosca. Insomma, visti i chiari di luna, quello dato da Petraeus a Prigozhin, più che un consiglio sembra un epitaffio.

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PICCOLA ITALIA TRASCURATA

Pesa mediaticamente, per Roma, il fatto che il presidente Usa Joe Biden abbia sentito il francese Macron, il tedesco Scholz e il britannico Sunak. Non Roma. Anche se, va detto, il ministro della Difesa rientra da una importante missione a Washington e poco meno di due settimane fa era negli States anche Tajani, salvo frettoloso ritorno per via della morte di Silvio Berlusconi. Insomma, non mancano le interlocuzioni con l’amministrazione statunitense ma certo essere fuori dalla ‘telefonata del giorno’ non deve aver fatto piacere a Palazzo Chigi. L’altro elemento grigio della giornata, fronte Roma e fronte governo, è poi il silenzio su Mosca dell’altro vicepremier e capo della Lega Matteo Salvini.

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