«L’Ucraina probabilmente non vincerà questa guerra e la Russia probabilmente non la perderà. La situazione sul campo di battaglia indica chiaramente come da tempo i due avversari abbiano raggiunto un equilibrio quasi stabile, che nessuno dei due ha realmente più la forza di infrangere».
Limes salomonica, mezzo guaio per uno, con il terzo protagonista non citato, il blocco Nato a spinta Usa e baltica, costretto a sua volta a prendere atto che a forza di insistere con armamenti anche discutibili a Kiev, alla fine ci potrebbe scoppiare il mondo in mano, e se non accade, la probabilità montante per Biden di non essere rieletto.
«Con la crisi della compagnia militare privata Wagner, Mosca ha perso la sua unità migliore», rileva Giuseppe Cucchi. E cresce per Mosca la tentazione di ricordare come il suo potenziale nucleare rimanga il maggiore del mondo. «Da parte Ucraina, per fortuna dei russi, le cose non vanno meglio». L’appoggio occidentale a Kiev ha evidenziato ormai i propri limiti. Con il vertice Nato che per entrare nell’ormai dilagante club atlantico gli ucraini dovranno attendere la conclusione delle ostilità.
Difficoltà anche nel settore delle forniture di armi. Ormai chiara l’impossibilità da parte dell’Occidente di mantenere il ritmo dei primi convulsi mesi del conflitto. Ora gli stoccaggi sono terminati, i depositi quasi vuoti e l’Occidente è in grado di fornire solo quanto giornalmente le sue industrie producono. Industrie che solitamente forniscono materiale bellico a paesi in uno stato di pace e che comunque non vogliono affrontare lo sforzo oneroso di una conversione ad una produzione da tempi di guerra con tempi incerti.
Ostacoli altrettanto significativi anche sul piano qualitativo, con le richieste ucraine ad ottenere sempre di più e meglio. Ma anche in questo settore si è raggiunto il limite. Esempio, le reazioni alla decisione di Washington di concedere all’Ucraina l’uso delle bombe a grappolo, tanto da costringere Biden a una parziale ma precipitosa marcia indietro. O altri armamenti tecnologicamente complessi male usati sul campo.
«Sul piano militare vero e proprio poi anche l’Ucraina comincia a risentire del logoramento di quasi un anno e mezzo di guerra. Ne è un sintomo chiaro la fantomaticità della cosiddetta ‘controffensiva’, cento volte annunciata e in realtà mai partita, o limitata ad episodi locali che al meglio si concludono con la liberazione di un paio di villaggi», la severità di Limes e della stampa statunitense.
Esiste un equilibrio della stanchezza che potrebbe favorire una mediazione costruttiva di ‘adeguato livello’, nella difficoltà ancora irrisolta di individuare quale. A favore della trattativa ora pesa la stanchezza di un confronto che si è dimostrato molto più pericoloso e dispendioso del previsto, tutti i protagonisti internazionali spaventati dal clima di instabilità generale che ha già provocato e che ancora minaccia, in una escalation verso l’incubo nucleare.