
Un Mao del Terzo millennio, in giacca e cravatta. Che mette al primo posto del suo programma il “ringiovanimento”, a tappe forzate, del Paese. Xi Jinping, Presidente della Cina e Segretario generale del Partito comunista, ha aperto il XX Congresso del PCC con un discorso di un’ora e 45 minuti. È stato “sintetico” rispetto alla volta scorsa, quando aveva parlato per tre ore e mezza: ma in questa occasione si è sentito molto più forte e si è potuto permettere di andare subito al sodo. La sua parola d’ordine è “metodo e merito”. Cioè, prima sistemerà i rapporti di forza dentro il partito, con un significativo rimescolamento di cariche. Poi, farà delineare meglio, nei dettagli, ai suoi “adviser”, i programmi e le vedute strategiche appena abbozzate nel suo discorso inaugurale.
Un intervento, per la verità, molto “d’ordinanza”, ma con diversi spunti che vanno letti tra le righe. Innanzitutto, il “non detto”. La guerra in Ucraina, lo scontro con l’America, i travagliati rapporti con l’Occidente e la partnership con la Russia di Putin sono stati ignorati. Certo, il confronto con Washington è stato richiamato, indirettamente, quando Xi ha parlato di Taiwan. L’isola separata è stata senz’altro uno degli hot spot toccati dal leader cinese con parole che vanno decrittate. Anche se il suo intervento è stato condito da minacce e professioni di patriottismo, Xi ha chiarito che una soluzione buona per tutti, sarebbe “hongkongizzare” Taiwan (come Macao), con la formula “un Paese due sistemi”. Naturalmente, accordando ampi margini di autonomia e di selfgovernance ai taiwanesi.
In fondo, quello che interessa Pechino sono i microchip e tutti i semilavorati ad alto valore aggiunto, indispensabili all’industria 4.0, prodotti a Taipei. Una posizione che non ha niente a che vedere con i piani bellicistici spesso attribuiti ai cinesi.
Ma l’obiettivo reale di Xi è ricostruire, sul campo e, attraverso la forza dell’economia, il grande passato della Cina imperiale. Lui è convinto che il suo Paese possa essere il polo di riferimento del pianeta, solo col lavoro e con la ricerca. E il Partito dev’essere garante e supervisore di questo “grande balzo”, che farà della Cina la prima potenza mondiale, portandola a scavalcare irrimediabilmente gli Stati Uniti.
È solo questione di tempo, ma tutto il sistema-Paese sarà trasformato entro una data fatidica: il 2049, centenario della “gloriosa rivoluzione comunista”. Ci vuole tempo, dunque, e una guida sicura con polso fermo. Così torniamo alla priorità del “metodo, per poter attuare il merito”. Bisogna cambiare in corsa la disciplina congressuale e anche quella costituzionale, perché Xi Jinping dev’essere riconfermato (e non potrebbe) per la terza volta, nell’ordine, Segretario generale del Partito comunista, Presidente della Repubblica, Presidente della Commissione militare. Insomma, un leader senza rivali. Però, come insegna la storia di tutti i sistemi marxisti, le sorprese sono sempre dietro l’angolo. E Xi, che ha letto pure Confucio e Lao-Tee, ha programmato un “megarimpasto” di alti funzionari e capi-partito. Non si sa mai.
Dunque, la “rivoluzione” cinese (contemporanea), funziona come certe elezioni “aggiustate”. Circa 2300 delegati, scelti, politicamente parlando, ai raggi X, eleggono il nuovo Comitato Centrale (375 membri). Che a sua volta sceglie il Politburo (25 componenti). Ma chi comanda è il “Comitato ristretto” del Politburo (7 membri). Anzi, per essere più pratici, comanda il Segretario generale, mentre gli altri battono le mani, E devono stare attenti a come si muovono, perché ci vuole poco a perdere la poltrona. Se non di più. Come riporta l’informatissimo South China Morning Post di Hong Kong, secondo cui, in questa fase, non è importante quello che dice Xi. Ciò che conta è vedere come cambieranno i rapporti di forza all’interno del Partito.
Verrà rinnovata almeno la metà del Comitato centrale e, probabilmente, Xi avrà accanto a lui, nel Comitato ristretto del Politburo, sei fedelissimi. D’altro canto, era già cominciata da tempo una campagna “anticorruzione”, che aveva portato all’arresto di importanti personaggi della nomenklatura. Nemici di Xi? Forse. Una verità, però, è sotto gli occhi di tutti. Il leader cinese ha detto che il futuro della Cina è rappresentato dai giovani, ma lui ha messo le leve del potere, simbolicamente, in mano a un gruppo di vegliardi. Al Congresso ha avuto un posto d’onore gente come Hu Jintao (79 anni) e Song Ping (105 anni). Sostanzialmente, Xi si è preoccupato di mettere le cose in ordine dentro il partito. Non era questo il momento di fare grandi e approfonditi discorsi di politica estera.
A parte, poi, i soliti refrain sulla sicurezza nazionale, la cosa sulla quale Xi è sembrato battere di più è stato lo sviluppo tecnologico e scientifico della Cina. Entro il 2035 si aspetta risultati strabilianti. Vedremo.
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