La poesia quindi. Quando nel cuore c’è necessità. Per tenere stretto un silenzio, per tramandare. Per far risuonare come armonie celesti le parole che abbiamo dentro. Per essere meno impassibili di fronte alla vita, meno banali, più delicati e furibondi.
Cose inutili. Così viene da pensare ascoltando i politici, gli intellettuali pratici della supercazzola, seguendo i dibattiti mediatici nei salottini dei soliti noti. Cose accessorie, al massimo. Da dedicare per scopi precisi in una citazione dotta, in una banale roba da baci perugina, da soprammobili della cultura, di quella cultura plastificata che si fa declinazione artistica della mediocrità dell’epoca, dell’etica del vantaggio e del disprezzo, dell’ipocrisia che occupa ogni spazio. Senza memoria, senza dolcezza, senza sovversione, senza coraggio.
Solo le cose inutili ci salveranno. Quelle utili sono efficaci, troppo efficaci. E concorrono nel renderci peggiori di quello che siamo, assuefatti, incapaci di un’idea originale, cloni di modi di dire, di modi di fare, trasgressivi a comando, comodamente integrati nel sistema di marketing. Donne e uomini apparentemente liberi, senza catene se non quelle del desiderio ormai svelato e senza freni di adeguarsi al flusso delle cose materiali da desiderare, del successo costi quel che costi, della perdita di tutto per quell’istante di notorietà, per sentirsi a posto con il tempo in cui si vive, moderni e conformi.
Le cose utili sono efficaci e rappresentano l’ossatura del sistema in cui viviamo. Le cose inutili sono fuori dagli schemi.
Per questo è bello e giusto liberare la poesia. Perché la poesia libera il cuore, quindi il coraggio. E agisce nel pensiero come spada tagliente e non obbediente.
Poesia è sguardo, è ascolto, lentezza, profondità. Parole che sappiamo mettere una accanto all’altra per ascoltarne il suono, per realizzare armonie, per non temere il proprio tempo, non annegare nel già detto, nel già visto, nel niente che ci sembra vita e che la rende frustrante, dolorosa, assuefatta, rabbiosa. Mettersi in cammino. Passo dopo passo. Verso orizzonti sconosciuti.
Poesia è rivoluzione. Vuol dire tirar fuori dal cassetto l’emozione, la rabbia, ciò che siamo, non ciò che dobbiamo essere. Non pensate alle rime, alla donzelletta che viene dalla campagna, al verde melograno. Pensate all’impensabile, a quello che abbiamo diritto di essere: donne e uomini liberi di essere liberi, in grado ancora di spezzare il senso delle parole, farne pane quotidiano, trasformare l’esistenza in miracolo. Nel proprio miracolo.
Questo penso. E vorrei che ognuno liberasse la bellezza, schiudesse le proprie emozioni, lo sguardo e le attese in qualcosa di magnifico. Ce lo meritiamo, per ricordare, per il sacro, per restare umani.