«La guerra in Ucraina continua a offrire alla Turchia benefici di medio termine nel quadrante mediorientale, in particolare nella Siria nord-occidentale, dove da anni Ankara ha esteso la sua presenza e influenza. Quest’area è fuori dal controllo del governo centrale di Damasco ma è contigua con i territori sotto controllo diretto e indiretto di Mosca, non lontani dalle coste del Mediterraneo orientale», scrive Lorenzo Trombetta su Limes.
A metà ottobre e in pochi giorni, i combattenti della più potente coalizione ‘qaidista’ siriana del nord-ovest del paese, ‘Hay’at Tahrir ash-Sham’, (Ente per la liberazione della Siria, Hts), hanno superato il confine di fatto tra la regione di Idlib e il distretto dell’ex enclave curda di Afrin e hanno conquistato, quasi senza sparare, le cittadine della zona, arrivando a minacciare Azaz, principale crocevia dei traffici tra il nord della Siria e la Turchia.
Fulminea mossa militare di Hts, anche se in realtà il comandante della coalizione, Abu Muhammad al-Jawlani, l’aveva praticamente già annunciata ad agosto parlando della necessità di estendere il controllo territoriale dall’ex ala siriana di al-Qai’da, Jabhat an-Nusra. Ma altre guerre che coinvolgono le superpotenza atomiche in corso e in temuta preparazione, stanno monopolizzando l’attenzione del mondo
Hts è considerato un gruppo terroristico sia dalla Turchia sia dagli Stati Uniti. E nella zona tra Sia e Iraq che controlla da anni, gli Stati Uniti hanno colpito a morte i vertici dell’Organizzazione dello Stato islamico, l’ex Isis, ci ricorda Limes. «Ma quello stesso spazio è da tempo, con il placet russo, sotto influenza di Ankara, i cui servizi di sicurezza hanno contatti di lavoro più che cordiali proprio con gli esponenti di Hts». Nonostante sia ufficialmente nella lista turca delle organizzazioni terroristiche, Hts svolge da anni il ruolo di cliente locale per Ankara nel nord-ovest in chiave anti curda.
La Turchia si è spartita con la Russia il nord della Siria attraverso la tregua raggiunta tra il 2018 e il 2020. Ripartizione e tre. E Lorenzo Trombetta scrive di «coordinamento allargato con l’Iran che include i periodici incontri di Astana (l’ex nome della capitale del Kazakistan), dove si sono svolte, sotto l’egida di Mosca dal 2017, le prime riunioni tra esponenti russi, turchi e iraniani».
Il sistema di potere allestito nel tempo dalla Turchia nel nord della Siria si suddivide in quattro amministrazioni distinte.
1) La zona di Idlib, che non ricade sotto il controllo diretto turco ma dove Hts è egemone. Qui si trova uno dei due valichi frontalieri principali con la Turchia usati da Hts per la raccolta dei dazi doganali all’ingresso degli aiuti umanitari dell’Onu.
2) La zona di Afrin, della più tragica pulizia etnica anti-curda nel contesto del conflitto siriano e fino a metà ottobre, controllata da fazioni armate arabo-siriane cooptate dalla Turchia. Ora Hts può dettare legge anche nell’angolo frontaliero turco-siriano ricco di risorse agricole.
3) Il triangolo a nord di Aleppo stretto tra Azaz , al-Bab e Jarablos, sotto dominio diretto turco. Azaz, ‘la nuova Aleppo’, che ha visto triplicare la sua popolazione con i migranti e passaggio obbligato per l’ export di merci turche verso il nord della Siria e tutte le altre regioni siriane.
4) La fascia di territorio frontaliero a est dell’Eufrate che si insinua nel cuore dell’area semi-autonoma curda dominata dal Partito dei lavoratori curdi (Pkk) col sostegno statunitense (un po’ ma non troppo). Il controllo di questo quadrilatero è affidato a milizie arabo-siriane sostenute dall’esercito turco.
A sud della zona in mano ad Ankara, oltre ai quadri del Pkk, ci sono i militari russi e quelli governativi siriani, mentre più a est ci sono le basi militari americane a custodia dei giacimenti petroliferi di Malkiye.
«Forte di questa presenza diretta e indiretta, la Turchia riesce a influenzare in maniera decisiva gli equilibri lungo tutta la fascia del nord della Siria, negoziando alla pari – se non in posizione di superiorità – sia con la Russia e gli Stati Uniti, sia con i più potenti attori locali, tra cui Hts».
Contro i qaidisti il cosiddetto “esercito nazionale”, «una congerie di milizie filo-turche organizzate in varie “legioni”, composte al loro interno dalle ex milizie delle opposizioni armate siriane anti-regime». In questi scontri, le truppe di Ankara non sono intervenute. Si sono mosse solo a cosa fatta, salvo intessi diretti loro minacciati.
Nel nord della Siria, i militari di Mosca si coordinano con i loro colleghi turchi, con pattugliamenti congiunti a est dell’Eufrate, e bombardamenti periodici sulle postazioni di Hts e dei loro alleati a Idlib e dintorni. Ogni tanto e senza esagerare. La Russia gestisce anche le pià frequenti campagne di bombardamenti aerei e di artiglieria delle forze governative siriane sul fianco orientale e meridionale della zona controllata da Hts, tra la regione di Aleppo e quella di Hama, dove sorgono diverse basi militari russe.
Ma anche gli Stati Uniti sono rimasti a guardare l’avanzata indisturbata di Al Qaeda verso Afrin. A metà ottobre, il contingente americano nel nord-est della Siria ha ricevuto rinforzi logistici e munizioni dal Kurdistan iracheno. Sempre in questi giorni, l’inviato speciale americano Nicholas Granger incontrava a Raqqa, i vertici del Pkk in Siria forse per rassicurarli sulla pessime intenzioni dell’alleato Nato turco.
Nel nord-ovest siriano, Ankara ora si serve di Hts-Al Qaeda, dopo quattro anni da litigiose milizie locali arrivate da altre zone della Siria. E terristi o non terroristi, né Washington né Mosca sembrano avere interesse a intralciare i piani egemonici turchi. Un progetto di ‘liberazione territoriali (“libereremo Damasco”) «che si traduce con la graduale estensione a un’unica zona liberata di un progetto semi-statuale di controllo del sistema di estrazione delle risorse».
Dopo gli accordi sul grano, gli scambi dei prigionieri tra russi e ucraini e i ripetuti tentativi di mediare tra Mosca e Kiev, la Turchia si conferma così un abile attore regionale capace di muoversi, quasi senza ostacoli, in tutto l’arco di territorio che va dal Mar Nero al Mediterraneo orientale.