In Iran la protesta si estende al settore petrolifero e diventa rivolta

In Iran l’onda di proteste si estende al mondo del lavoro e molte categorie, dagli studenti ai lavoratori dei bazar, insegnanti, avvocati, operai di fabbrica e del settore petrolifero. In alcune città ci sono stati raduni di protesta e tentativi di manifestazione. Più di 120 persone incriminate, vanta l’Autorità giudiziaria sperando di far paura.
Trama del nemico esterno, l’eterna evocazione dei vertici. Repressioni sempre più dure del regime teocratico che scatena le diverse polizie.

Sarebbero 201 i morti, tra i quali 23 minori di 18 anni, nelle 3 settimane di proteste in Iran documentate dall’Iran Human Rights

Nel nome di Mahsa Amini è quasi rivoluzione

Le proteste in corso in Iran per la morte della 22enne curda Mahsa Amini si allargano anche al vitale settore petrolifero. Gli addetti della raffineria di Abadan hanno iniziato una protesta che all’inizio pareva una vertenza puramente sindacale ma poi i video trasmessi sulla rete, nonostante i consueti tentativi di oscurare da parte delle autorità, hanno mostrato slogan politici di insofferenza contro l’attuale dirigenza iraniana. Un salto di qualità delle proteste in corso da giorni nelle strade iraniane. Arrestati 11 lavoratori nel petrochimico di Assaluyeh, quindi il fronte delle proteste estese al mondo del lavoro è ormai aperto in Iran.

Un salto di qualità

Insomma l’onda di proteste nella repubblica islamica dell’Iran fa un salto di qualità. La rivolta del bazar e del mondo economico nel 1979 contro lo shah fu uno dei momenti di svolta che portò alla vittoria dell’ayatollah Khomeini allora in esilio in Francia. In alcune città ci sono stati raduni di protesta e tentativi di manifestazione, malgrado le autorità abbiano oscurato internet in diverse zone del Paese. Per gli esperti si tratta di un importante allargamento della protesta seguita alla morte della giovane Mahsa Amini dopo l’arresto da parte della polizia morale perché non indossava correttamente il velo.

Bruxelles oltre l’Ucraina

Anche da Bruxelles ci sono novità da registrare nell’atteggiamento della Commissione europea verso le proteste in corso da giorni nel paese mediorientale: «credo sia arrivato il momento di sanzionare le persone responsabili” della repressione delle donne iraniane e della violazione dei loro diritti». Lo ha detto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, parlando alla Conferenza degli ambasciatori. «Le violenze scioccanti inflitte al popolo iraniano non possono rimanere senza risposta e dobbiamo lavorare insieme sulle sanzioni», ha evidenziato.

La risposta dell’Iran

«Ci sono due pesi e due misure in Occidente, perché il confronto con le rivolte è una buona azione nei Paesi europei, ma è considerata una repressione in Iran»: lo ha twittato il ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian, dopo la conversazione telefonica con il suo omologo francese Catherine Colonna, aggiungendo: «Non permetteremo a nessuna parte dall’interno o dall’esterno dell’Iran di prendere di mira la sicurezza nazionale del Paese».

Repressione selvaggia

Più di 120 persone sono state incriminate, vanta la stessa autorità giudiziaria, «60 persone a Teheran e di altre 65 nella provincia meridionale di Hormozgan, arrestate durante i recenti disordini», scrive Mizan Online, il sito web della magistratura iraniana. Quanto al numero dei morti secondo l’ONG Iran Human Rights, che ha sede a Oslo,dall’inizio delle proteste contro il regime iraniano sarebbero state uccise almeno 201 persone, tra i quali 23 minori di 18 anni.

Segnali di problemi interni al regime

La rivolta popolare e segnali di un crescente malumore all’interno delle forze di sicurezza. Dal fronte della opposizione interna curda la notizia di bombardamenti dei Guardiani della Rivoluzione nel Kurdistan iracheno, dove si sono rifugiati i leader dell’opposizione curdo-iraniana. Corruzione sistemica del regime a favore di affiliati e organizzazioni del potere. Anche così la Repubblica Islamica avrebbe svuotato le casse dello Stato, oltre alla sanzioni occidentali che potrebbero venir superate solo con un nuovo accordo sul nucleare civile su cui si sta trattando facendo leva, da parte iraniana, proprio sul fronte petrolifero e sulle richieste occidentali in chiave anti russa.

Tentativi di mediazione

I giornali riformisti iraniani chiedono la fine degli arresti pretestuosi di giovani e studenti e l’Ayatollah Khamenei tenta di placare i manifestanti, segnala Farian Sabahi sul Manifesto. Per calmare le acque, in occasione dell’anniversario di nascita del profeta Mohammed e di una ricorrenza sciita, il leader supremo Khamenei ha concesso la grazia, o ridotto la pena, a 1.862 persone condannate per vari crimini. «Che fine fanno i personaggi di spicco al tempo del presidente riformatore Muhammad Khatami (1997-2005). Dove sono finiti ex ministri, ex deputati, esponenti del clero sciita che, a suo tempo, osarono dire che l’Islam è compatibile con la democrazia, seppur a certe condizioni?»

«Qualcuno vive nel Regno Unito, qualcun altro negli Usa: le preferenze di quella che è stata, a lungo, la nomenclatura di Teheran vanno a quei Paesi con cui i vertici iraniani attuali non sono in buoni rapporti».

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