Troppo ‘Zero Covid’ fa male alla Cina che protesta, e Xi forse ci ripensa

Il 30 novembre, è morto a 96 anni l’ex presidente della Repubblica Popolare Cinese Jiang Zemin, uno dei leader più importanti della storia di questo paese. La sua scomparsa, giorni dopo lo scoppio di accese proteste in diverse città della Cina contro la tattica zero-Covid. In alcuni casi, i manifestanti hanno chiesto le dimissioni dello stesso presidente Xi Jinping, che poco più di un mese fa il XX Congresso del Partito comunista aveva confermato per la terza volta al comando.

Xi Jinping stringe la morsa sul Partito, Covid permettendo

La scomparsa di Jiang Zemin (96 anni), segretario del Partito Comunista Cinese dal 1993 al 2003, avviene in un periodo difficile per Xi Jinping, appena reduce dal trionfo del XX congresso che gli ha consentito di ottenere un inedito terzo mandato. La morte di Jiang ha seguito di poco l’episodio della cacciata dal congresso del suo successore Hu Jintao, segretario dal 2003 al 2013, anno in cui Xi entrò in carica.
Non sembrino, queste, vicende di poco conto. Nella Repubblica Popolare gli ex capi del Partito vengono rispettati e spesso si chiede il loro parere su questioni cruciali, anche se non fanno più parte del “Politburo”. Si tratta, in fondo, della messa in pratica dei precetti confuciani, banditi da Mao Zedong perché a suo avviso simboli di una filosofia reazionaria e retrograda, e poi riabilitati alla grande da Deng Xiaoping in avanti poiché ritenuti, invece, compatibili con il marxismo.

Precetti confuciani addio

Tra i precetti anzidetti vanno nominati l’enfasi sui legami familiari, l’importanza attribuita all’armonia sociale e, per l’appunto, il rispetto per gli anziani, portatori di un’esperienza indispensabile alle nuove generazioni. Ecco perché i vecchi leader continuavano a dispensare consigli anche dopo il loro pensionamento.
Xi Jinping ha stravolto questo quadro, basato in sostanza sulla gestione collegiale in cui il segretario è un “primus inter pares”. Xi vuole tornare al modello maoista basato sul principio “un uomo solo al comando”, al quale spetta gestire il rapporto diretto con le masse. Personaggi come Hu Jintao e Jiang Zemin, cresciuti all’ombra di Deng, non potevano condividere la visione “imperiale” di Xi e avevano più volte espresso riserve al riguardo, pur attenti a non infrangere la disciplina del Partito.

Jiang Zemin, in particolare, è considerato l’artefice principale della trasformazione della Cina in “fabbrica del mondo”. Aveva favorito in ogni modo la politica di Deng allentando i controlli sul mondo economico e finanziario, e promuovendo le esportazioni che sono alla base della globalizzazione.

Riformisti dopo Deng Xiao Ping

Ovviamente, per ragioni d’età, Jiang non era più in grado di infastidire Xi. Tuttavia la sua scomparsa, unita all’umiliazione di Hu Jintao, indebolisce ulteriormente i cosiddetti “riformisti”, ancora fedeli al modello di Deng, e rafforza il segretario appena rieletto, favorevole a un nuovo statalismo e alla redistribuzione del reddito. E contrario, invece, agli imprenditori di successo che hanno dato un contributo fondamentale alla crescita del Pil cinese. Significativo il fatto che l’attuale premier Li Keqiang, esponente dei riformisti, venga ora mandato in pensioni per “limiti di età”. Si noti tuttavia che ha 67 anni mentre Xi ne ha 69. Eppure per lui di “limiti di età” non si parla affatto.

Rischi del troppo ‘Covid zero’

L’attenzione degli analisti è ora concentrata sulle prossime mosse di Xi dopo i pesanti scontri tra manifestanti e polizia in molte città della Repubblica Popolare. Per la prima volta sono stati scanditi in pubblico slogan contro lo stesso Xi e la politica del “Covid zero” che ha sigillato nelle loro case milioni di cittadini. E, sempre per la prima volta, i manifestanti hanno chiesto il rispetto dei diritti civili e dello Stato di diritto (finora era avvenuto solo a Hong Kong e, nel 1989, anche a Pechino causando la strage di Piazza Tienanmen).

‘Yes-men’ comodi ma non utili

Chissà se a Jinping verrà in mente, ora, che anziani esperti come Hu Jintao e Jiang Zemin dovrebbero essere ascoltati sempre e comunque, anteponendo la loro opinione a quella degli “Yes-men” di cui ha riempito il nuovo “Politburo”. Ci sono già segnali che intenda allentare le restrizioni anti-Covid, ma potrebbe anche essere troppo tardi. La storia cinese dimostra che, quando le masse si muovono, è difficile fermarle.

Detto questo, chi scrive è sempre convinto che una grave crisi politica e sociale nella Repubblica Popolare non convenga a nessuno, visto l’alto grado di interconnessione tra l’economia cinese e quelle occidentali.

Condividi:
Altri Articoli
Remocontro