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L’organizzazione, gestita dall’agenzia di consulenze McKinsey, quest’anno ha portato a Monaco una quarantina di capi di stato e di governo, un centinaio di ministri e una miriade di consulenti e esperti del settore al forum ‘globale della diplomazia e della difesa, che si sta concentrando sull’occidente e sulla relazione transatlantica’. Contano le presenze quanto almeno le assenze, come rimarca Anna Maria Merlo sul Manifesto. C’è la Cina con Wang Yi, ministro degli esteri dal 2013 allo scorso dicembre e oggi ‘top diplomatico del partito comunista’, mentre l’India è rappresentata a un livello di secondo piano. L’Iran non è stato invitato, così come la Russia, anche se ci sono importanti presenze africane, mediorientali e latinoamericane). L’Occidente degli amici degli americani, e non va affatto bene.
Il tema è la guerra tornata in Europa, «in un mondo che sta diventando un posto sempre più pericoloso», come dice il testo di presentazione: E l’analisi di fondo proposta è di una guerra in corso tra democrazia e autocrazie, ‘una competizione sistemica dove i regimi autoritari cercano di riscrivere le regole internazionali’, in tutti i campi, non solo sulla sicurezza (anche sull’energia, per esempio). Va anche detto che tra i Paese invitati, non tutti brillano per forma di democrazia in casa.
Qui a Monaco, nel 2007 Putin aveva espresso la sua teoria delle zone di influenza, e aveva attaccato «il mondo unipolare sotto egemonia Usa e un anno dopo aveva aggredito la Georgia». Il Forum di Monaco getta le basi, anticipa il vertice Nato a Vilnius l’11 e 12 luglio prossimi nella corsa che ormai sempre inarrestabile, a un aumento sostanziale della spesa militare, già avviato dal 2014, dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia.
Zelensky, in collegamento video, ha invitato a «accelerare»: «Abbiamo bisogno di velocità, velocità per concludere accordi, velocità delle forniture per rafforzare il nostro combattimento, velocità delle decisioni per limitare il potenziale russo».
«Adesso dobbiamo essere credibili nella capacità di durare nello sforzo, dobbiamo «intensificare il sostegno» a Kyiv. I paesi europei occidentali per ora parlano poco del dopo, dell’uscita dalla crisi e del nuovo scenario per stabilizzare l’Europa, Russia compresa, mentre prevale in questi mesi di guerra la visione dell’est (ma anche di Scandinavia e Finlandia), che non vuole ‘un’altra Monaco’, quella che 85 anni fa, con Chamberlain e Daladier, cedette i Sudeti alla Germania nazista».
Il segretario uscente della Nato ma sempre lì, Jens Stoltenberg, ha denunciato i ritardi nella produzione di armi, a Bruxelles. Ancquisti comuni di sul modello dei vaccini per il Covid. La proposta è dell’Estonia, che propone di utilizzare 4 miliardi dell’European Peace Facility, per comprare (anche in Corea del Sud o addirittura c’è chi pensa alla Cina) un miliardo di proiettili.
Il commissario alla giustizia Ue, Didier Reynders, annuncia che sarà operativo all’Aja dal prossimo luglio un tribunale sui crimini di guerra russi. Problema irrisolto, la non adesione alla Corte di giustizia internazionale degli Stati Uniti. Giustizia di mercato.
Ieri c’è stato un «formato Weimar» con Macron, Scholz e il presidente polacco Duda, l’ala dura della Nato baltica in guerra storixca con la Russia. Oggi Rishi Sunak, il premir britannico, discuterà con la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, sul Protocollo irlandese degli accordi Brexit. Gli Usa sono presenti con una grossa delegazione che comprende la vicepresidente Kamala Harris e il segretario di stato Blinken. Presenza di assaggio prima di decisioni difficili che attendono Casa Bianca e Pentagono.